Sono innumerevoli i pregiudizi di cui è vittima la cosiddetta comicità demenziale, considerata come un espediente semplicistico, indice di pigrizia e di scarsa arguzia, per molti sinonimo di incapacità se non di vera e propria stupidità da parte di chi crea demenzialità. Bisogna ammettere che esistono molte prove a favore di questi pregiudizi, basterebbe dare un rapido sguardo alla categoria “Peggior Film” dei Razzie Awards, il premio per il peggio del peggio delle uscite cinematografiche che, da ormai 40 anni, rinfresca le vigilie degli Oscar. Scorrendo la “hall of shame” del sopracitato “premio” vedremo un tripudio di film(acci) creati da comici statunitensi che, nonostante un innegabile talento comico (vedi Adam Sandler o Tyler Perry), attirati da ingaggi da milioni di dollari si limitano a impersonificare personaggi finti obesi, macchiettistici, demenziali appunto, il tutto condito da gestacci, flatulenze e roba posticcia.

Tuttavia la gestione consapevole dello slapstick, della trivialità, di associazioni apparentemente insensate e dell’inconcludenza della trama, possono essere gli ingredienti di un piatto delizioso, come quelli cucinati dal trio Z-A-Z ovvero Jim Abrahms e i fratelli Jerry e David Zucker, trio di cineasti che ci ha regalato film come L’Aereo Più Pazzo del Mondo (Airplane!, 1980) e Una Pallottola Spuntata (The Naked Gun: From the Files of Police Squad!, 1984, tratto dalla serie tv Police Squad)  entrambi con protagonista uno dei migliori attori comici americani di tutti i tempi, Leslie Nielsen. Restare indifferenti davanti alle disavventure del tenente Frank Drebin è semplicemente impossibile. Partendo, nel caso di Airplane, dal genere disaster movie e, nel caso di Naked Gun, dal poliziesco, gli Z-A-Z provocano risate incontenibili, generando però un filone di film la cui qualità sarà in parabola discendente, come la serie di Scary Movie. Film gestiti da scrittori inesperti, incapaci di maneggiare il mezzo cinematografico, attori completamente fuori da ogni canone, “parodizzando” (Mel Brooks ci perdoni) opere che non si conoscono nemmeno. Non a caso però, quando intervengono geni come David Zucker e Leslie Nielsen (vedi Scary Movie 3), vengono fuori momenti comici memorabili. 

In questo sottobosco di cinema comico all’americana troviamo un film che ha certamente fatto parlare di sé negli anni, ovvero Zoolander, uscito nel 2001 per la regia di Ben Stiller, si tratta di una commedia demenziale fuori dalle briglie pronta a deridere il mondo della moda. Costituisce una satira irriverente? No. Fa ridere? Sì, e non poco.

Il perfido stilista Jacobim Mugatu (Will Ferrell) vuole uccidere il Primo Ministro della Malesia per impedirgli di emanare leggi contro lo sfruttamento dei lavoratori nell’industria tessile. Per portare a termine questo piano deve manipolare una persona dalla mente sufficientemente semplice, e chi meglio di un modello? Derek Zoolander (Ben Stiller) super modello in fase calante, geloso dell’astro nascente Hansel (Owen Wilson) è la persona adatta.

Ora non serve specificare quanto la storia sia sopra le righe, così come il cast estremamente popolare. I tre protagonisti sono in assoluta sintonia, grazie probabilmente anche alle numerose collaborazioni come membri del Frat Pack (gruppo di cui fanno parte anche Jack Black, Vince Vaughn, Luke Wilson e Steve Carrell). I numerosi cameo di famose star, i riferimenti al reale mondo della moda e numerosi passaggi televisivi hanno consolidato la fama del film facendolo diventare un cult del genere.

Tuttavia non bisogna esaltarne troppo le qualità: Zoolander non è una commedia brillante, ed è, anzi, in parte noioso. La regia è claudicante (anche se Stiller da questo punto di vista farà molti progressi in Tropic Thunder) e trama e recitazione possono non convincere in quanto non presentano picchi di oggettiva qualità. Alcuni aspetti veramente divertenti non vengono valorizzati al massimo, vedi la presenza di David Bowie nella scena madre della “sfilata a due”, troppo limitata. Qualsiasi tentativo di realizzare una satira sullo sfruttamento dei lavoratori e sull’industria della moda rasenta il ridicolo. Dunque, pur non valendo nemmeno una ruota dell’Aereo più Pazzo, cos’è che rende questa pellicola migliore di un Epic Movie o di Un weekend da Bamboccioni? Può sembrare banale, ma semplicemente fa ridere. Nei momenti in cui non è soffocata dalle ruffianate per il pubblico basso americano Zoolander riesce davvero ad essere un ottimo generatore di risate spontanee e non forzate, entrando nell’immaginario collettivo e riuscendo ad essere anche un qualcosa di più di un semplice guilty pleasure. E il pubblico col tempo ha imparato ad amare Derek e Hansel, o almeno finché sequel non ci separi.

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Nicolò Cretaro, Redattore