Se c’è un autore che ha fatto dell’elemento sonoro il perno del suo cinema, quell’autore è sicuramente David Lynch. Eraserhead – La Mente che Cancella (1977), suo film d’esordio, poneva già le basi di quella che sarebbe stata la poetica definita – non a caso – “Lynchiana”, aggettivo divenuto ormai di uso comune per intendere rarefazione narrativa, personaggi dai caratteri alienanti ed estranianti e, soprattutto, “effetti sonori usati come ‘sostanza acustica’ di un’ambientazione talvolta dalle caratteristiche astratte, non più riconducibili per associazione a oggetti reali” (Corbella, 2007, «Il Club Silencio». Alcuni aspetti dell’uso del sonoro nel cinema di David Lynch).

Eraserhead, infatti, frantumava quel labile confine tra muto e sonoro mediante l’utilizzo innovativo dei rumori naturali (come quello battente e assillante dell’ascensore), che andavano ad affiancare – e talvolta – a piegare la figura umana a loro mero lacchè: affermare che Lynch sia stato uno dei grandi rivoluzionari del sonoro nell’industria hollywoodiana – e non solo – sarebbe un eufemismo; è lo stesso Luca Malavasi a dirci che:

Lynch, a partire dagli anni ’70, ha contribuito, con coerenza e originalità, a valorizzare il “rumore delle cose” (Michel Chion), ovvero a fare del rumore un elemento autonomo slegandolo dalla sua funzione puramente descrittiva o informativa, caricandolo di sorprendenti ruoli espressivi, poetici e simbolici. Analizzarlo significa studiare come si può sfruttare la permeabilità delle frontiere tra in, off e over (Luca Malavasi, 2019, Il linguaggio del cinema).

Da sempre Lynch narra tramite i suoi peculiari soundscape ed è per questo che si può considerare il suo quarto film, Velluto Blu (1986), come pellicola principe dello stretto legame fra il piano uditivo e quello visivo.

Andiamo ora a indagare le metodologie narrative sfruttate da Lynch nella sequenza d’apertura del “film manifesto” del sonoro, soprattutto attraverso i suoi abili giochi col suono di frontiera, nonché “quello più misterioso, dove si possono verificare gli scambi più sconcertanti che minano profondamente l’ancoraggio del film a un terreno spazio-temporale” (Chion).

Prima di addentrarci e discernere le singole inquadrature della sequenza iniziale di Velluto Blu, è doveroso un breve incipit riguardo alla nascita delle canzoni del film e del loro utilizzo, per rimarcare quanto la musica e il sonoro siano stati fondamentali anche nella sua produzione. Innanzitutto, la pellicola del 1986 segna la prima collaborazione di David Lynch con Angelo Badalamenti, dando origine a uno dei sodalizi regista-compositore più celebri della storia del cinema. Lynch chiese inizialmente a Badalamenti se potesse scrivere qualcosa di simile all’atmosfera creata dalla Sinfonia n.15 in A maggiore di Dmitri Shostakovich, brano strumentale toccante ma al contempo oscuro e misterioso. Il regista ha dichiarato di aver spesso ascoltato la sinfonia durante la stesura della sceneggiatura, arrivando persino a tenerla come sottofondo durante le riprese, per far sì che anche la troupe e il cast l’ascoltassero e si calassero nell’atmosfera che sarebbe stata riflessa nel film.

Badalamenti era anche supervisore musicale, ovvero doveva prendersi cura delle canzoni presenti nel film: il brano originale, Blue velvet, è del 1950 ed era cantato dai The Closers, per poi essere rifatto da Bobby Vinton in una cover nel 1963. È proprio quest’ultima versione ad aver assai ispirato la lavorazione di tutto il lungometraggio: Lynch chiese a Badalamenti di riarrangiarla in versione vintage, chiedendo proprio Bobby Vinton come cantante. L’unico (grande) problema era il profondo cambio di voce del cantautore dopo vent’anni, che ha portato al diretto mantenimento del suo rifacimento del ‘63, mentre una nuova cover venne realizzata dal personaggio della femme fatale, Isabella Rossellini.

SCENA D’APERTURA [00:00:25 – 00:03:55]

MINUTAGGIO SEQUENZA: 00:00:25 – 00:01:47

IMMAGINE: Un sipario blu ondula mollemente, facendo da sfondo ai titoli di testa, che la sceneggiatura descrive come “folds of blue velvet undulate ever so slowly”.

SONORO: Risuona “Blue Velvet: Main Title Theme” (extradiegetica) di Angelo Badalamenti.

MINUTAGGIO SEQUENZA: 00:01:48 – 00:02:03

IMMAGINE: Il blu del sipario sfuma in quello di un cielo terso. L’inquadratura si abbassa lentamente per inquadrare un recinto d’un bianco candido assieme a rose rosso sgargianti.

SONORO: “Blue Velvet” di Bobby Vinton (extradiegetica) accompagnata dal cinguettio allegro di pettirossi (voice off).

MINUTAGGIO SEQUENZA: 00:02:04 – 00:02:12

IMMAGINE: Un camion dei pompieri si muove molto lentamente in fondo alla strada, e il pompiere a bordo saluta in camera sfondando la quarta parete. 

SONORO: “”

MINUTAGGIO SEQUENZA: 00:02:13 – 00:02:17

IMMAGINE: Dei tulipani gialli “ondeggiano nella calda brezza pomeridiana”.

SONORO: “”

MINUTAGGIO SEQUENZA: 00:02:18 – 00:02:24

IMMAGINE: Dissolvenza su un poliziotto che permette a dei bambini di “attraversare la strada sicuri”.

SONORO: “”

MINUTAGGIO SEQUENZA: 00:02:25 – 00:02:33

IMMAGINE: Ci viene mostrata la casa di Mr.Beaumont. Stacco sul padrone di casa intento a innaffiare il prato.

SONORO: “Blue Velvet” continua ma si abbassa leggermente di volume per far sentire il rumore dell’acqua spruzzata (voice on).

MINUTAGGIO SEQUENZA: 00:02:34 – 00:02:41

IMMAGINE: Stacco sulla moglie che sta guardando un film noir in cui sta per essere commesso un omicidio (primo piano su una pistola). Lei guarda incuriosita.

SONORO: Il rumore dell’acqua scompare ma continua “Blue Velvet” di Bobby Vinton.

MINUTAGGIO SEQUENZA: 00:02:42 – 00:02:58

IMMAGINE: Stacco di nuovo su Mr.Beaumont, inquadratura più vicina di quella precedente. La pompa comincia a perdere acqua, il filo è attorcigliato a un ramo d’un cespuglio.

SONORO: Continua “Blue Velvet”, ma il rumore dell’acqua è decisamente più intenso. Non appena la pompa comincia ad attorcigliarsi, il rumore diventa un “loud hissing noise”, unito a quello ticchettante della base della pompa che sbatte incessantemente.

MINUTAGGIO SEQUENZA: 00:02:59 – 00:03:11

IMMAGINE: L’uomo è colpito da un malore e si accascia a terra. Primo piano sulle gocce della pompa che vengono spruzzate in alto. La sceneggiatura specifica che le goccioline “are somewhat abstracted as they dance in the light”.

SONORO: Si sovrappongono “Blue Velvet” (extradiegetica), il sibilo dell’acqua (voice on), il ticchettio della pompa (voice off) e i versi di dolore di Mr.Beaumont (voice on). Questi ultimi cessano nel momento in cui vengono inquadrate le gocce danzanti.


MINUTAGGIO SEQUENZA:
00:03:12 – 00:03:17

IMMAGINE: Campo lungo sull’uomo a terra e ingresso di Gregg, un neonato con indosso un pannolino e in mano un grande ghiacciolo rosso. Un cane si diverte con l’acqua appoggiandosi al ventre di Mr.Beaumont.

SONORO: “Blue Velvet” si mescola nuovamente al sibilo dell’acqua, al ticchettio della pompa e all’abbaiare del piccolo cane divertito (voice on).

MINUTAGGIO SEQUENZA: 00:03:18 – 00:03:20

IMMAGINE: Inquadratura stretta e in slow motion sul cane che continua a divertirsi con l’acqua, noncurante dell’uomo a terra.

SONORO: Il sonoro resta invariato, se non per l’abbaiare del cane che è di tono deformato e più basso perché in slow motion, ma è l’unico a cambiare.

MINUTAGGIO SEQUENZA: 00:03:21 – 00:03:55

IMMAGINE: Piano sequenza che ci immerge nelle viscere del prato “as if in a dark forest”. Il nero brulicante del terriccio scopriamo essere insetti neri. Taglio secco su un cartello che cita “Welcome to Lumberton”.

SONORO: La musica di “Blue Velvet” diventa pian piano più flebile fino a svanire. Nel mentre il ticchettio della pompa si intensifica e assume un carattere più meccanico fino a svanire anch’esso, per lasciare spazio agli insetti che “crawling and scratching in the darkness”, uniti a altri suoni oscuri non ben identificabili (infatti definiti “ominous”).

I TITOLI DI TESTA

La scena d’apertura di Velluto Blu funge, in pratica, da sunto delle caratteristiche portanti dell’intera opera: da un punto di vista uditivo la melodia che avvertiamo durante i titoli di testa ricorda quelle dei classici noir hollywoodiani, mentre per quanto concerne il visivo abbiamo la sinuosità del sipario (che “undulate ever so slowly”) riflessa nei caratteri corsivi ed eleganti dei titoli. Tutto ciò contribuisce a creare un’atmosfera di sensuale e sognante mistero, frantumata in una frazione di secondo dal cinguettio dei pettirossi e da Blue Velvet, contemporaneamente alla sfumatura del blu del sipario in quello del cielo terso.

L’INTERVENTO DI BLUE VELVET 

La voce e le sonorità della canzone di Bobby Vinton stimolano una sensazione di leggerezza e spensieratezza, oltre ad andare a coprire in voice off i rumori della cittadina, inudibili a noi spettatori. Leggendo la sceneggiatura notiamo che la prima parte di tutte le immagini che seguono è descritta mediante i termini di un paesaggio idilliaco: aggettivi come “beautiful”, “warm”, immagini incantevoli di un cielo blu con rose rosse, l’uniforme del poliziotto è “clean” e lui è “smiling”, i bambini sono “happy” e attraversano la strada “safely”. Il camion dei pompieri è “bright red gorgeous” e si muove “very slowly down the street” (“slowly” ripetuto già per la seconda volta). Ecco un altro volto, questa volta quello del pompiere, che è “happy” anch’esso e guarda direttamente in camera. Tutta questa prima sequenza è esplicitamente indicata da Lynch come “slow motion and dreamy”.

Grazie a tutti questi stratagemmi narrativi, Lynch ci proietta in un passato dalle connotazioni astratte e sognanti, senz’alcuna indicazione cronologica: dagli abiti e dalle immagini capiamo essere collocati all’incirca tra metà anni ‘50 e inizio ‘60, all’interno di quella che gli americani chiamerebbero un’apple pie America. Eppure, già da ora capiamo esserci qualcosa di prettamente lynchiano nella sequenza: la diegesi in cui il regista ci catapulta è un idillio troppo puro, dove – almeno inizialmente – non esistono nemmeno i suoni ambientali ma soltanto la voce limpida e chiara di Bobby Vinton. Un idillio talmente perfetto da essere portato al parossismo e sfociare nel suo opposto, nonché una sensazione di forte straniamento suggerita anche dallo sfondamento della quarta parete da parte del pompiere a rallentatore; sappiamo che nella realtà di tutti i giorni non potremmo mai trovare niente del genere, in nessuna parte del mondo.

IL SOUNDSCAPE LYNCHIANO SCOPRE LE CARTE

Quest’atmosfera di dicotomia e ambivalenza è infatti prima riflessa – e poi svelata – nella seconda parte della sequenza in oggetto: una pistola appare nel televisore della moglie – che sta guardando probabilmente un film noir -, e subito dopo cambiano radicalmente i termini utilizzati da Lynch per descrivere le immagini e i suoni: il malore dell’uomo è “tremendous”, il rumore della pompa è un “loud hissing noise” che si sovrappone fortemente alla canzone di Bobby Vinton, tant’è che non appena è inquadrato il cane tramite lo zoom in slow motion, abbiamo una mescolanza di voice on (abbaiare del cane), off (sibilo dell’acqua e ticchettio della pompa) e over (Blue Velvet) che generano un suono dal forte effetto dissonante e disarmonico. La disarmonia si accentua sempre più e diventa sempre più tenebrosa, una volta che cominciamo ad addentrarci nell’erba del prato. Quest’ultima è descritta come “dark forest” e l’immagine diventa sempre più oscura (“getting darker”); contemporaneamente Blue Velvetbecomes fainter” per lasciare spazio al “crawling and scratching in the darkness” degli insetti, che producono un “suono infausto” (“ominous sounds”). Notare come il suono appena descritto, sia generato dal tramutarsi del ticchettio della pompa (prima voice off) in un effetto di continuità (che lo farà diventare voice on).

Appare limpido, ora, cosa vuole dirci il regista con questa sequenza: siamo immersi in una realtà metafisica, immateriale, sognante (l’atmosfera “dreamyè esplicitamente ricercata nella sceneggiatura del regista) dov’è costante la giustapposizione di amore e tenebre, normale e anormale, placido e orrorifico. Tutto ciò è suggerito tramite l’originale e innovativa unione di visivo e sonoro, e tramite la giustapposizione della canzone di Bobby Vinton a quelli che vengono definiti i “rumori d’accompagnamento”: toni gravi, bassi, profondi, neri (come rimarcato dal termine “dark” ripetuto più volte nella seconda parte della sequenza), che richiamano una commistione di vibrazioni e rimbombi (come l’assillante ticchettio della pompa d’acqua) che vanno a sostituire il sonoro ambientale e la canzone, dando vita a veri e propri soundscape martellanti e minacciosi. L’atmosfera è perciò prima parossisticamente idilliaca, e un secondo dopo connotata da tinte enigmatiche con sonorità inconsuete per le nostre orecchie, laddove le “partiture rumorose” lynchiane servono per significare non il visibile, ma l’invisibile – contro ogni qualsivoglia logica naturalistica – esattamente come accade in questo caso per gli insetti, i quali – senza lo “scratching” in voice on – non emergerebbero ma rimarrebbero soltanto un convulso magma di figure nere in movimento, ora rese appunto “visibili” dall’utilizzo di Lynch del sonoro.

IL RIDICOLO SUBLIME

Trovo calzante la funzione osservata da Slavoj Žižek in merito all’utilizzo operato da Lynch sulle musiche: la rimarcazione e creazione del ridicolo sublime(Žižek, 2000, Lynch: il ridicolo sublime), ovvero la disgregazione dell’unità psicologica dell’ascoltatore/spettatore tramite la resa patetica e piena di cliché delle scene che – contrariamente a quello che avverrebbe nel cinema classico – vanno prese con estrema serietà (noi dobbiamo credere e prendere seriamente l’idillio della cittadina presentata), creando così un forte effetto di straniamento nello spettatore.

Velluto Blu è infatti un costante e subliminale flusso sonoro di giustapposizione del banale e del placido all’orrorifico, soprattutto per via delle melodie scelte da Lynch; come abbiamo visto, la canzone prettamente pop, Blue Velvet (ma anche quella più rockabilly che apparirà solo a metà film, In Dreams) risale alla decade che va da metà anni ‘50 a metà ‘60, periodo (ideale) in cui sono ambientate le vicende. La tradizione musicale richiamata dalla voce di Bobby Vinton è quella dall’impianto testuale pieno zeppo di cliché e perlopiù cantata da voci pulite e limpide (banale), ma accostate a folli scene tenebrose e misteriose (orrorifico: come gli insetti di inizio film). Già allo scadere dei titoli di testa e con il passaggio di sfumatura dal blu del sipario a quello del cielo terso, Lynch aveva già preannunciato la facilità del passaggio dalle atmosfere noir a quelle più placide della cittadina di fine anni ‘50: sotto l’apparente quiete di questa pacifica e idilliaca cittadina, e forse del mondo, giace una terrificante corrente sotterranea di puro male.

Velluto Blu è un sogno uditivo, paranoico, ossessionato e ossessivo, dove l’orecchio dello spettatore assieme alle canzoni di Badalamenti e Bobby Vinton (ma anche di Julee Cruise con “Mysteries of Love, o di Roy Orbison con “In Dreams), divengono i veri protagonisti.

L’autore abbatte lo statuto dell’immagine per innalzare l’altare delle potenzialità del sonoro: Velluto Blu potrebbe essere fruito anche a occhi chiusi. Deve essere ascoltato, più che visto.

Nel cinema, dopo Lynch, l’utilizzo del sonoro non è stato più lo stesso.

Questo articolo è stato scritto da:

Alberto Faggiotto, Redattore