Venti lungometraggi, venti animazioni, venti cortometraggi, dieci racconti, dieci sceneggiature, quattro incontri letterari tra bizzarro e fantastico, tra analisi della realtà e fuga dalla medesima, cinquanta paesi coinvolti. Sono questi i numeri della Ventunesima edizione del TOHorror Fantastic Film Fest, manifestazione indipendente dedicata al cinema e alla cultura del fantastico, dal 19 al 24 Ottobre a Torino, tema: “le cose strane”. “Dopo un anno difficile il TOHorror torna più determinato e indipendente che mai, con una visione non scontata del Cinema fantastico e un programma senza compromessi. Basta sfogliare le pagine del catalogo di questa ventunesima edizione per vedere quanto straordinari siano i film in cartellone, così come gli incontri che arricchiscono e fanno da contorno al comparto cinematografico. E mai come quest’anno sento la necessità di ringraziare l’infaticabile squadra che, continuando senza tentennamenti a lavorare, ha permesso di superare questo periodo complicato e di consegnare a voi un evento cinematografico incredibile e rutilante, in presenza, pensato e realizzato in piena indipendenza e autonomia, come nel nostro ventennale spirito” dichiara il direttore artistico Massimiliano Supporta.

Un Festival organizzato da persone che amano profondamente il cinema di genere e il cinema in generale, una manifestazione da supportare il più possibile.

Noi di Framescinema.com vi proporremo diverse minirecensioni dei film in programma, iniziando con due lungometraggi del concorso principale.

THE SADNESS – CONCORSO LUNGOMETRAGGI

“Taipei diventa una bolgia di sangue quando un virus trasforma gran parte degli abitanti in inarrestabili assassini sadomasochisti, spinti a compiere le violenze più perverse. Una giovane coppia tenta di sopravvivere.” (fonte www.tohorrorfilmfest.it).

Rob Jabbaz, regista canadese trapiantato a Taiwan sforna a tutti gli effetti uno degli horror più violenti e sfrontati degli ultimi anni. Sfruttando immagini e situazioni a noi ben note a causa del Covid, Jabbaz riesce a declinare una versione dello zombie movie in chiave sadica, in cui i mostri voraci di carne umana per sopravvivenza diventano degli efferati assassini che provano piacere nell’uccidere, torturare e stuprare gli altri. Il film si apre con una carrellata di concetti che abbiamo sentito e risentito in questi ultimi anni di pandemia tra medici, virologi, guru, complottisti del web e interessi politici, per poi accantonare tutti questi discorsi a favore di una violenza che deflagra per il resto del minutaggio del film. Nonostante sia un film stracolmo di villain (letteralmente tutte le persone che circondano i protagonisti), uno di essi risulta essere particolarmente memorabile, un signore rappresentante della vecchia Taiwan, rancoroso verso il mondo moderno ed espressione maggiore dell’ambiguità che caratterizza la pellicola su fino a che punto gli infetti si comportino in quel modo a causa della malattia o se tutto sommato ci sia una componente consapevole in quando l’uomo è un essere malvagio. In The Sadness il confine tra uomo e mostro è estremamente labile e questi pseudo-zombie sono estremamente felici durante gli efferati atti che compiono e trasmettono un’inquietudine viscerale allo spettatore. C’è lucidità nella violenza messa in scena e questo aspetto rende ancora più terrificante ciò che ci viene mostrato. Da brividi il discorso di uno dei personaggi infetti, che dichiara il proprio amore verso una donna, per poi elencare le violenze che vorrebbe perpetrare su di lei, discorso non troppo lontano da quelli di uomini responsabili di femminicidi la cui causa viene indicata nel “troppo amore” provato verso la partner. Gli effetti speciali artigianali sono realizzati in maniera sopraffina, con litrate di sangue che sgorgano e cambiano il paesaggio di Taiwan.  Il film, per quanto eccessivo, ha il merito di capire dove si può fermare, spingendo sull’acceleratore sulla violenza, ma lasciando fuori campo i momenti in cui le efferatezza avrebbero rischiato di essere eccessive e insostenibili, mentre la tensione creata ricorda quella del cugino coreano Train to Busan che viene anche citato in una sequenza del film.

Per gli amanti dell’horror estremo, un film imperdibile.

TEDDY – CONCORSO LUNGOMETRAGGI

In un piccolo villaggio sui Pirenei il diciannovenne Teddy vive alla giornata, fra lo zio adottivo, il lavoro in un salone di bellezza e la fidanzata che sogna altre vite. Una notte di luna piena viene aggredito da una bestia e comincia a sviluppare pulsioni animalesche…

La nuova opera di Ludovic e Zoran Boukherma è una riuscita commedia horror, che si ispira al grande film di John Landis Un lupo mannaro americano a Londra e sposta la vicenda nella provincia francese, dove bigottismo e mediocrità sono le caratteristiche principali della  comunità. All’orrore della vicenda viene accostata la tenerezza dei suoi personaggi, in un mix inusuale che convince. Il film ha il pregio di provocare più volte una sincera risata ispirandosi, nella costruzione della famiglia di Teddy, al cinema di Bruno Dumont, in particolare nel meraviglioso personaggio dello zio Pepin. Il film è un coming of age, dove alle pulsioni dell’adolescenza si aggiungono gli impulsi animaleschi dovuti alla trasformazione di Teddy in un lupo mannaro. Consci della mancanza di budget, nelle le poche scene in cui avviene la trasformazione i due registi sapientemente optano per un’ambientazione scura e mantengono il mostro nella penombra, riuscendo in questo modo a creare scene credibili. L’unico difetto tecnico del film è una fotografia troppo televisiva, che sul grande schermo risulta un po’ posticcia.

Il comparto attoriale fornisce una prova complessiva di assoluto livello e il finale riesce a emozionare non poco, a dimostrazione del cuore con cui è stata scritta e diretta questa pellicola.

FRANK AND ZED – SEZIONE FREAKSHOW

Gli abitanti di un villaggio sono perseguitati da una maledizione. Ben presto dovranno fare i conti con il terribile mostro chiamato Drac Macat che, leggenda narra, vive nel castello diroccato in cima alla collina. 

Una faticosa lavorazione di 7 anni ha portato alla realizzazione di questo film completamente folle di Jesse Blanchard che non è altro che l’incontro tra il Muppet Show e l’horror e il fantasy, come se Sam Raimi e il primo Peter Jackson dirigessero pupazzi di stoffa e gomma piuma. Se già il concetto di base rende l’opera memorabile ancor prima della visione, il film non delude assolutamente le aspettative, costruendo una narrazione cinica e scorretta, ma allo stesso tempo attenta ai suoi personaggi, che dopo poche battute o azioni entrano nei nostri cuori. Frank and Zed, i due mostri protagonisti del film, sono una copia perfetta e complementare e, nonostante tutti gli omicidi che effettuano durante il film, non possiamo che fare il tifo per loro nel confronto con i politici corrotti del villaggio. Anche il popolo del paese, al contrario dei loro capi, è composto da personaggi riuscitissimi, in particolare il gruppo di quattro poveracci che si ritrova coinvolto nella battaglia senza sapere esattamente cosa fare e dando vita a una serie di siparietti uno più divertente dell’altro. Il film non si prende minimamente sul serio e decostruisce la solennità tipica del genere fantasy, sia attraverso il fatto di realizzare un’opera del genere con dei pupazzi sia attraverso piccoli elementi della sceneggiatura (la serietà del nome Drac Macat con cui è soprannominato il mostro viene sostituito da un banale Frank). Inoltre ha l’intuizione notevole di riuscire a far ridere più volte attraverso l’utilizzo dello splatter puro durante il lunghissimo combattimento finale, con teste che si spaccano e budella che escono fuori, ma il tutto posta in maniera comica e slapstick.

Un’opera realizzata con grande passione, a cui forse 15 minuti in meno avrebbero giovato, ma che permette allo spettatore di uscire dalla comfort zone e di godere di un prodotto estremamente originale.

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Luca Orusa, Redattore