In un mondo globalizzato dove qualsiasi angolo del pianeta è a portata di mano (o di scroll sui social), il genere d’avventura non ha più ragione di esistere. In questo mondo iperconnesso abbiamo perso il desiderio di scoprire l’ignoto attraverso il cinema. Non è dunque un caso che Steven Spielberg, colui che il genere avventuroso degli anni ‘80 l’ha plasmato, per realizzare film d’avventura in epoca recente si sia rifugiato nel virtuale, con due gioielli del suo tempo: Le avventure di Tintin – Il segreto dell’Unicorno e Ready Player One

Entrambi questi film diventano, nel loro ipertesto di citazioni pop, escapismo puro dalla realtà, nel mondo fittizio di OASIS in un caso e nello spazio ibrido della motion capture nell’altro. Se il film videoludico del 2018 ha già ricevuto analisi e indagini di ogni tipo, l’avventura animata del 2011 è sempre stata ingiustamente sottovalutata pur essendo un’autentica chicca, forse l’ultima grande avventura, in senso tradizionale, del cinema hollywoodiano.

Una sorgente problematica 

Le avventure di Tintin è una serie a fumetti belga incentrata sul reporter Tintin (del quale non conosciamo ulteriori nomi o note biografiche), creata da Hergé, al secolo Georges Remi, e pubblicata tra il 1929 e il 1983. Tintin è il prototipo dell’eroe d’avventura quasi quanto Indiana Jones: nelle sue avventure cartacee ha viaggiato il mondo, scoperto inestimabili tesori e sgominato intere bande di criminali, sempre affiancato da una variegata serie di comprimari estremamente caratterizzati. 

Anche se in Italia Tintin non è mai stato particolarmente popolare, in Belgio è giustamente considerato uno dei simboli nazionali, modello di riferimento per il fumetto franco-belga (che comprende i più famosi Puffi e Asterix), nonché soggetto di partenza per film d’animazione e live action, cartoni animati e radiodrammi. Vista l’altalenante qualità di questi tentativi, l’unica persona cui la vedova di Hergé concesse i diritti di sfruttamento per un film hollywoodiano fu Steven Spielberg negli anni ‘80. Non trovando una sceneggiatura convincente, non se ne fece nulla.

Nonostante la popolarità di cui può godere in patria, oggi in Belgio non esiste iscrizione dedicata a Tintin che non denunci il razzismo di fondo che permea l’intera opera. Il Belgio del ‘900 non era esattamente il paese più culturalmente avanzato d’Europa per diritti civili, e lo stesso Hergé ne fu influenzato riportando numerosi caratteri caricaturali che oggi sono considerati inaccettabili dalle stesse edizioni che curano l’eredità del personaggio. Ciononostante, riconoscere e venire a patti con questo ineludibile limite dell’opera ha consentito al Belgio contemporaneo di passare oltre senza dover censurare il suo personaggio.

Le avventure di Tintin

Il reporter Tintin è stato protagonista di 24 albi (l’ultimo rimasto incompiuto dopo la morte dell’autore) che sanno coniugare avventura, giallo e commedia attorno alla storia e alla geografia del XX secolo. Si va dalla vecchia Europa agli Stati Uniti di Al Capone, dalle profondità oceaniche a due avventure consecutive ambientate persino sulla Luna, con 15 anni di anticipo rispetto alla missione Apollo 11. Assieme a lui nelle avventure il suo fedele cagnolino Milou, il Capitano alcolizzato Haddock, i poliziotti gemelli Dupond e Dupont e molti altri.

In Le avventure di Tintin – Il segreto dell’Unicorno gli sceneggiatori Steven Moffatt, Edgar Wright e Joe Cornish hanno riunito in maniera estremamente riuscita tre albi della serie di Tintin: Il granchio d’oro (che fornisce la maggior parte del plot cinematografico) e le due avventure consecutive Il segreto del Liocorno e Il tesoro di Rakam il Rosso, cui si aggiunge una sola scena tratta da Il paese dell’oro nero. Sono tutte storie di pura avventura, che Hergé scrisse con il vincolo esterno dell’occupazione tedesca del Belgio, rifugiandosi perciò nell’esplorazione di modi altri. 

Benché il film di Spielberg sia basato solamente su poche avventure di Tintin, diverse altre storie trovano spazio nei meravigliosi titoli di testa in animazione 2D, e lo fanno tramite una quantità incredibile di easter egg che può benissimo essere accostata a quella cumulativa di Ready Player One. Non solo: in apertura è addirittura presente un tributo a La donna che visse due volte di Hitchcock, forse un riferimento a Hergé che per una sua storia si ispirò a Il club dei 39. La clip, come tutto il film del resto, è accompagnata dalla colonna sonora squillante e giocosa di John Williams, qui alla sua 46esima nomination all’Oscar.

L’avventura diventa virtuale 

L’adattamento non è fedelissimo, spesso con scene anche inventate di sana pianta, ma sa alternare numerose sequenze spettacolari tratte da diversi immaginari avventurosi. Basti pensare al grandioso inseguimento in sidecar nella città del deserto, che molti hanno accostato a Indiana Jones e l’ultima crociata e ad altri ha fatto persino parlare di Tintin come il vero quarto episodio di Indiana Jones. O ancora la scena del combattimento fra le gru, citazione della storia Paperino e la scavatrice di Carl Barks, così come la famosa scena della pietra de I predatori dell’arca perduta che fu ispirata da Paperino e il tesoro delle sette città di Cibola.

Ciò che colpisce in Le avventure di Tintin sono le straordinarie scene d’azione, quasi tutte assenti o molto meno pirotecniche nella versione cartacea. L’inseguimento del furgone da parte di Milou, le visioni nel deserto del Capitano Haddock, la battaglia delle gru e soprattutto l’inseguimento in sidecar sono azione allo stato puro, in una forma che risulterebbe impossibile per attori in carne e ossa e sarebbe poco credibile se riguardasse personaggi animati creati da zero. Come fare? Già nel 2001 Spielberg opziona nuovamente i diritti per le avventure di Tintin decidendo di utilizzare la tecnica della motion capture per garantire “integrità creativa” al personaggio: l’armonia del tratto essenziale delle vignette, che crea per i personaggi uno spazio di manovra a metà tra il realistico e lo slapstick cartoonesco, può essere preservata solo usando un ambiente ibrido e virtuale come lo è la motion capture.

In questo modo nel 2011 Le avventure di Tintin –  Il segreto dell’Unicorno diventa una summa di tutto il lavoro di Steven Spielberg, nonché un anello di congiunzione tra il suo passato e il suo futuro, tra il passato e il futuro del cinema d’avventura: guardando indietro si ha Indiana Jones, mito del cinema avventuroso ormai pensionato con il quinto capitolo; guardando in avanti si vede Ready Player One, apripista del cinema videoludico e dell’ipertesto narrativo. Come in un mondo virtuale, sta allo spettatore scegliere quale lato esplorare.

Enrico Borghesio
Enrico Borghesio,
Redattore news.