Chi è Ti West, il regista del nuovo film targato A24 e distribuito da Midnight Factory, X: A Sexy Horror Story?
Facciamo un breve riassunto della sua filmografia per capire qualcosa in più sul suo cinema!
DISCLAIMER: si è scientemente deciso di non approfondire V/H/S e The ABCs of Death in quanto nel primo West firma una co-regia e nel secondo soltanto il cortometraggio M.
THE HOUSE OF THE DEVIL (2009)
Dopo aver curato la regia, la sceneggiatura e il montaggio del suo cortometraggio horror The Wicked (2001) e aver realizzato altri due lungometraggi dell’orrore, The Roost (2005) e Trigger Man (2007) – in Italia tuttora irreperibili -, Ti West approda sul grande schermo nel 2009 con The House of the Devil, di cui cura nuovamente anche la sceneggiatura e il montaggio.
“Negli anni ’80, oltre il 70 % degli americani adulti credeva nell’esistenza di culti satanici cruenti. Il restante 30% giustificava la mancanza di prove concrete attribuendola a insabbiature governative. Ciò che segue è basato su eventi veri e non spiegati…”: anni ‘80, Samantha è una studentessa del college che risponde all’offerta di lavoro come baby sitter in una casa di campagna. Quello che non sa, è di essere stata attratta da una famiglia di satanisti.
Puro e sentito revival di una tradizione horror memorabile e feconda, quella anni ‘70 e ‘80 che combinava in sostanza slasher, case infestate e riti satanici, girato interamente in 16mm per suggerire le atmosfere dell’epoca non solo narrativamente, ma anche graficamente.
É interessante notare come, pur incentrando la pellicola sull’espediente esoterico, West scelga di eliminare – quasi totalmente – il paranormale, preferendo una costruzione della paura sulla tensione hitchcockiana (in un collegamento non casuale a Halloween di Carpenter). Forse il difetto più evidente del film è l’eccessivo lasso di tempo dedicato all’attesa, che talvolta può sfociare in noia, ma l’impianto stile seventies/eighties è una genuina macchina del tempo audiovisiva godibile da ogni appassionato del genere.
CABIN FEVER 2 – IL CONTAGIO (2009)
Nello stesso anno di The House of the Devil, esce anche il seguito del film di Eli Roth, Cabin Fever, ma il risultato finale è ripudiato dallo stesso West.
Torna l’epidemia che porta al disfacimento corporeo ma senza alcun collegamento narrativo al suo predecessore – fra l’altro molto criticato dagli appassionati – salvo la presenza degli attori Rider Strong e Giuseppe Andrews, un tutore delle forze dell’ordine.
Comprensibili le distanze prese da West, ma guardando con occhio critico al progetto – di certo autocompiacente e fine a sé stesso -, questo secondo capitolo fa molti meno danni del primo, a partire dai divertenti siparietti stile cartoon di testa e coda del film, che rendono l’atmosfera meno seriosa e più scanzonata e aggiungendo anche la totale mattanza ancora più esplosiva, esagerata e ironica del suo predecessore.
Il risultato, tuttavia, è pressoché dimenticabile.
THE INNKEEPERS (2011)
Lo Yankee Pedlar Hotel sta per chiudere i battenti dopo un secolo d’attività. Claire e Luca, i due ultimi impiegati, vogliono catturare le prove che lo stabile sia infestato dai fantasmi.
The Innkeepers – in cui West torna a curare anche sceneggiatura e montaggio – è un altro sguardo al passato: Ti West non scava nella tradizione gotica dell’horror, ma vi si abbandona semplicemente (ri)percorrendo fin troppo rigorosamente i soliti e già visti schemi della “casa infestata”. Purtroppo, il regista sceglie di non rinnovare alcunché e di non tentare nemmeno una minima rielaborazione.
La pellicola raggiunge la sufficienza grazie alla regia di West, sempre solida e composta da movimenti lenti, morbidi e sinuosi che si aggirano sapientemente lungo i corridoi dell’hotel, per la tensione – come in The House Of The Devil – spesso costruita sul climax dell’attesa e dei lunghi silenzi, ma anche per la buona interpretazione dei protagonisti.
Involontariamente, The Innkeepers è sintomo di uno dei problemi maggiori degli horror contemporanei: i jumpscares totalmente gratuiti e per nulla inseriti nella narrazione.
THE SACRAMENT (2013)
Una troupe di Vice, la famigerata organizzazione giornalistica online di nuova generazione, si reca al di fuori del paese per indagare su una misteriosa comunità capeggiata da un certo “Padre”, manipolatore della mente dei propri seguaci. La troupe non sarà però accolta molto cordialmente dalla popolazione locale.
Sfruttando il found footage, West crea la sua rivisitazione del famoso “suicidio collettivo rivoluzionario” di Jonestown ad opera del Tempio del Popolo, scagliandosi così contro i leader religiosi il cui unico scopo è soggiogare demagogicamente il senno dei fedeli e focalizzandosi – in particolar modo – sulla potenza della parola (esemplare la prima intervista al “padre”, oltre che bravissimo Gene Jones nell’interpretazione), e la sua grande potenza.
In fin dei conti, il regista dimostra come basti davvero poco per schivare gli errori per antonomasia dei finti documentari: chi ha montato il filmato completo? Chi ha inserito i vari sound effect? The Sacrament, intelligentemente, inserendo il contesto dei mass media lascia presupporre che sia stata Vice a montare il tutto per creare un documentario virale (rimane qualche buco di trama, come una telecamera rimasta nel villaggio, ma si lascia ipotizzare al pubblico che sia andata successivamente la troupe a recuperarla).
Ti West osa senza scrupoli, ma mai gratuitamente: corpi in fiamme ripresi senza stacchi, bambini sgozzati, avvelenamenti a camera fissa, il regista non risparmia mai l’orrore quando necessario. Per la prima volta Ti West abbandona il passatismo e il citazionismo al fine di costruire un mockumentary ben calibrato ed efficace, certo, con qualche ingenuità, ma davvero notevole.
NELLA VALLE DELLA VIOLENZA (2016)
Un ex-soldato ora solitario vagabondo, Paul (Ethan Hawke), girovaga assieme al suo fedele cane per una cittadina dimenticata del Texas per recarsi in Messico. Un litigio con il figlio dello sceriffo (James Ransone) porterà all’uccisione del cane e al tentato omicidio di Paul, ma quest’ultimo vorrà vendicarsi ad ogni costo…
Per l’ultimo lungometraggio prima di X: A Sexy Horror Story, West si affida all’innesto del western nell’horror (spaghetti western, in questo caso, a partire già dai “Leoniani” titoli di testa e dalla sequenza iniziale), sfornando un riuscito ibrido sulla scia del (migliore) esordio di S. Craig Zahler, Bone Tomahawk – uscito appena l’anno prima – e la cui trama ricalca volutamente quella di John Wick. West è consapevole di non avere il talento di Zahler nel fare propria la materia filmica, pertanto è astuto nel non prendersi sul serio inserendo una venatura ironica atta a stemperare i toni e che qua e là fa sorridere di gusto.
Violenza, comicità, spaghetti western e revenge movie, fini a sé stessi ma girati bene e interpretati ancora meglio. Perché disdegnare?
CONCLUSIONI
Cosa possiamo imparare dalla filmografia del “Ti West pre X”?
Quello che appare lampante, è che chi cerca nella sua cinematografia una qualche poetica personale e originale, rimarrà fortemente deluso.
A parte l’ottimo esperimento con il finto documentario The Sacrament, perfettamente in linea col tempo e che ben riesce a dialogare con la contemporaneità, il regista non sembra voler apportare nulla di nuovo al panorama cinematografico internazionale, preferendo anzi gettarsi a capofitto nelle tradizioni passate creando continuamente film-omaggio alle sue memorie cinefile preferite, e restandovi attaccato come una sanguisuga.
Qualche volta gli riesce meglio (The House of the Devil, Nella Valle della violenza), a volte peggio (The Innkeepers, Cabin Fever 2 – Il Contagio) ma non c’è dubbio che West abbia un talento registico che – se sfruttato a dovere e magari distaccandosi dalle sue ossessioni cinefile – gli permetterà in futuro di innalzarsi rispetto alla media dell’horror contemporaneo.
Che sia stat X: A Sexy Horror Story la giusta occasione per il grande e definitivo passo avanti del regista? Scopritelo nella nostra recensione!
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