Ci sono film che dopo averli scoperti su un piccolo schermo vorresti affacciarti alla finestra di casa e urlare a gran voce “ma l’avete visto questo?”. The Fall di Tarsem è uno di questi. Il 27 settembre esce sulla piattaforma Mubi il restauro in 4K di un film che non ha mai avuto la possibilità di affermarsi in sala, ma che grazie a questo tipo di iniziativa ha la possibilità di costruirsi la reputazione che merita.
Per intenderci, The Fall (comunque supportato nei titoli di testa da nomi come Spike Jonze e David Fincher) è un film talmente poco conosciuto al grande pubblico che per cercarne la trama su Google bisogna aggiungere la data di produzione (2006) dopo il titolo, altrimenti viene preceduto nei risultati da una serie Netflix del 2013 che nessuno ha comunque mai sentito nominare. Una cosa è certa: l’impopolarità del film non è sicuramente proporzionata alla sua qualità. In realtà, di avere successo non ne ha mai avuto nemmeno la possibilità: fu distribuito in sole 111 sale in tutto il mondo. Un film “difficile da vendere”, semplicemente, nonostante la fotografia mozzafiato che non ha nulla da invidiare a capolavori ben più rinomati. In Italia non ha nemmeno ricevuto una distribuzione cinematografica. Fu presentato al Biografilm di Bologna per poi essere venduto direttamente in DVD. Incassò in tutto il mondo un totale di circa 3,6 milioni di dollari su un budget di 30 milioni. 30 milioni, sì, perché il film è stato girato nel giro di 4 anni e in 18 locations diverse sparse per il globo. Una rinuncia allo schermo verde che visivamente fa lacrimare un cinefilo di gioia, ma che inevitabilmente buca le tasche dei produttori. Insomma, un flop a tutti gli effetti per un film che, a rivederlo oggi, faremmo di tutto per rivedere sul grande schermo.
La storia di The Fall inizia nella Los Angeles degli anni Venti dove una bambina, ricoverata in ospedale per una frattura al braccio, fa la conoscenza di uno stuntman (Lee Pace) anch’egli infortunato in seguito a una sfortunata caduta (fisica e spirituale). L’uomo inizia a raccontarle una storia epica su cinque eroi in missione, che si posiziona sempre di più al centro del racconto. Grazie all’immaginazione della bambina, ben presto realtà e finzione cominciano a confondersi: il pessimismo di Mullholland Drive incontra l’escapismo di The Princess Bride. Senza addentrarci nel terreno degli spoiler, The Fall è un film denso: di significato, di metafore, di personaggi, di colori, ma soprattutto di interpretazione. Possiamo cogliere degli spunti comuni a tutti, come quel senso di smarrimento nella vita che Lee Pace lascia sgorgare dagli occhi in una delle interpretazioni migliori della sua carriera, ma il film ha soprattutto l’eccezionale potere creativo di cucirsi addosso ad ogni singolo spettatore a seconda delle proprie esperienze. Ci ritroviamo con più spunti di riflessione che risposte, ed è per questo che ci lascia la sensazione addosso di essere un film più grande di noi. Ne esce un omaggio –quasi un’adorazione– nei confronti dello storytelling. The Fall prende l’atto semplice di raccontare una storia e ne fa un questione di vita o di morte. Analizza la plasmabilità del racconto da parte del recitante e dell’ascoltatore, e trova i punti di contatto con la vita reale, che sono molti di più di quelli che potremmo mai immaginare. La bravura del regista sta nella naturalezza con cui salta da un mondo all’altro, dal reale all’immaginario, dal monocromatico a un’esplosione di colori che si affrescano sulle nostre pupille. Un vero e proprio trionfo di inventiva e di fusione di generi che ci ricorda che i film belli non devono per forza rinunciare alla profondità di senso.
Alla fine, la colpa di The Fall è di essere stato distribuito nell’epoca sbagliata. Forse in un periodo come quello di oggi, in cui i sequel iniziano effettivamente a stancare e lo spettatore va alla ricerca dell’originalità, The Fall di Tarsem avrebbe trovato il suo spazio un pò più comodamente. Film come questi hanno bisogno di essere supportati da piccole case di distribuzione che costruiscono campagne pubblicitarie ad hoc, e soprattutto mirate a un gruppo specifico di cinefili che hanno la possibilità di sfruttare il passaparola anche sui moderni supporti multimediali.
Al giorno d’oggi il film avrebbe floppato comunque, parliamoci chiaro, ma sarebbe sulla bocca di tutti e nei preferiti di tanti, donandogli il giusto riconoscimento che merita. Come minimo, in ritardo sulla tabella di marcia e ponendo le nostre scuse, possiamo appoggiarci a restauri e a re-distribuzioni, come quella di cui possiamo usufruire dal 27 settembre sulla piattaforma Mubi. Perché è vero che del termine “capolavoro” se ne abusa troppo, ma The Fall forse se lo merita davvero, fosse anche per compensazione.

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