L’adolescenza è una fase complessa, impossibile negarlo: i giovani si affacciano all’età adulta, pieni di entusiasmo ma anche di insicurezza. È il periodo dei primi amori, della paura verso il futuro, il momento in cui le certezze possono essere messe in dubbio e si rivela necessaria la ricerca di nuovi equilibri. Nel tentativo di ottenere maggiore autonomia, la ribellione può prendere il sopravvento, per questo il rapporto con i genitori può talvolta diventare conflittuale

Dal piccolo schermo…

Sono numerose le serie tv che hanno esplorato questo argomento, tanto delicato quanto sfaccettato, prima sul piccolo schermo e poi sulle piattaforme OTT

I teen drama cominciano a raccontare l’adolescenza in tutta la sua complessità negli anni Novanta, quando la narrazione del mondo adolescenziale inizia ad allontanarsi dalla messa in scena di ragazzi dalla condotta esemplare: basti pensare a Richie Cunningham di Happy Days (1974-1984). La sit-com racconta la vita quotidiana in casa Cunningham e uno dei personaggi principali è proprio Richie, il classico bravo ragazzo degli anni Cinquanta, maturo e responsabile, che si mette nei guai solo per piccole trasgressioni e che talvolta risulta goffo e impacciato.

La rappresentazione diventa quindi più realistica e meno edulcorata. Si sceglie di affrontare gli aspetti più spinosi di questa fascia d’età, affrontando tematiche che fino ad allora erano considerate tabù, quali sesso, droga, dipendenza e depressione.  La serie tv che ha aperto la strada al genere è Beverly Hills 90210, che ha raccontato i giovani per quello che erano seguendo le vicende di un gruppo di adolescenti di Beverly Hills. È stata seguita da serie altrettanto importanti come le iconiche Dawson’s Creek, in cui seguiamo la vita di sei ragazzi tra gli ultimi anni della scuola superiore e i primi anni del college, e The O.C., dove seguiamo il giovane Ryan che si trova a vivere una nuova vita nell’altolocata Newport Beach. Altre hanno invece preferito affrontare il tema in chiave fantasy come Buffy, l’ammazzavampiri e The Vampire Diaries, in cui nonostante il mondo fittizio in cui sono calate, le dinamiche adolescenziali sono comunque ben riconoscibili. 

Happy days

Qualcosa è cambiato

Ma da questi programmi, che sono i primi ad aver avuto un gradissimo successo e che venivano trasmessi con cadenza settimanale in tv, il genere ha conosciuto una significativa evoluzione. Nei primi anni Duemila, il modo di raccontare il mondo adolescenziale è cambiato: le trame sono diventate più complesse, mentre i temi legati all’adolescenza vi fanno da cornice

La serie che ha aperto la strada a un nuovo tipo di narrazione è Skins (2007-2013), che segue la vita di un gruppo di amici di Bristol negli ultimi due anni delle scuole superiori. Ad essere rivoluzionari sono innanzitutto i personaggi portati in scena, poiché sono realistici e non più un ideale impossibile da raggiungere: sceglie attori credibili, coetanei ai personaggi che dovevano interpretare e poco famosi. Inoltre, la serie non ha solo il coraggio di rappresentare personaggi complessi che portano a riflettere su tematiche delicate in modo piuttosto diretto (quali l’anoressia di Cassie), ma dedica spazio anche al racconto delle conseguenze delle azioni dei giovani. Mostra che ogni azione ha delle conseguenze e non sempre è facile porre rimedio agli errori. 

Per comprendere come faccia la serie ad essere tanto realistica è sufficiente fare un passo indietro. La serie è stata commissionata a Bryan Elsley dal canale E4. Quest’ultimo, con l’intenzione di distinguersi dalle altre serie per adolescenti prodotte fino a quel momento, voleva che fosse realistica. Così si è rivolto al figlio Jamie Brittin, ancora ventiduenne, che voleva seguire la strada del padre. Si è rivelata una trovata brillante: chi potrebbe raccontare l’adolescenza meglio di un giovane che l’aveva vissuta appena qualche anno prima? Il risultato è stata una serie realistica che tratta problemi spesso sottovalutati o trascurati, quali i disturbi alimentari e le gravidanze inaspettate

Skins

…alle piattaforme 

Anche negli ultimi anni le piattaforme hanno dedicato ampio spazio al racconto dell’adolescenza. Netflix si è dedicato all’argomento già da un po’, pensiamo ad Atypical, Tredici, Sex Education, Baby, Skam Italia. Tra le serie che potremmo definire più coraggiose ricordiamo The End of the F****ing World, dove il teen drama si fonde col thriller.

I protagonisti sono due adolescenti disturbati e insofferenti nei confronti della società che li circonda: James, un ragazzo all’apparenza totalmente apatico, e Alyssa, una ragazza sfrontata e ribelle che vuole scappare da una vita che sente stretta. Il loro incontro e la loro relazione, inizialmente alquanto improbabile, li porterà ad intraprendere un viaggio on the road. A colpire è la totale impassibilità dei protagonisti nei confronti di eventi che avrebbero sconvolto chiunque (quali omicidi, incontri con psicopatici), anche se non mancano degli efficaci momenti di tenerezza tra i due in cui scopriamo che non sono totalmente privi di sentimenti. Infatti, se all’inizio sembrava impossibile empatizzare con loro, nel corso del viaggio impariamo a conoscerli meglio e a comprendere le loro azioni. Ciò è reso possibile anche dalla giusta attenzione che la serie dedica all’introspezione, infatti, tramite il voice over conosciamo i pensieri di James e Alyssa.

La serie è un adattamento dell’omonimo fumetto di Charles Forsman. Il ritmo della serie riprende quello del libro: ogni stagione della versione televisiva è composta da otto episodi di 20 minuti; il libro invece è suddiviso in capitoli di otto pagine l’uno, in cui si alternano regolarmente le due voci narranti. Nonostante il ritmo frenetico della narrazione, l’autore fa prendere fiato ai personaggi e lascia spazio alle loro riflessioni, proprio come nella serie.

The end of the f***ing world

Conclusione

Il teen drama nel corso degli anni non ha mai perso la sua forza, anzi nel corso degli anni si è rinnovato e ha dimostrato di riuscire a rimanere sempre attuale. Nel corso del tempo è cambiato il coraggio degli autori nel mettere in scena aspetti sempre più complessi e provocatori della vita e nel presentare personaggi che – prima d’allora – erano stati sempre considerati ai margini della società. A rimanere immutato è il piacere provato nel (ri)guardare serie iconiche che hanno segnato la storia televisiva e che si fanno portavoce delle difficoltà che ogni adolescente vive, ma che fa fatica a manifestare con il mondo adulto.

Questo articolo è stato scritto da:

Cristiana Agosta, Redattrice