Ed eccoci giunti al secondo appuntamento con l’approfondimento sulla storia della Panavision (clicca qui per leggere la prima parte). Nel primo articolo abbiamo visto le nuove sfide del cinema degli anni ’50 e ’60 e la ricerca di soluzioni tecniche sempre più all’avanguardia per spettacolarizzare le proiezioni in sala. L’inizio di una nuova era del cinema venne segnata dall’introduzione del formato anamorfico e dal suo successivo sviluppo e utilizzo con la MGM Camera 65 da 70mm. Dopo la produzione di Ben-Hur (1959) e How the West Was Won (1962), il formato sviluppato da Panavision in collaborazione con la Metro Golden Mayer venne affinato con nuovi obiettivi, più raffinati e di maggiore qualità con elementi anamorfici cilindrici e vennero costruite nuove cineprese per affiancare le ormai trentenni Mitchell da 35mm adattate al formato 65mm. Nel 1962 nelle sale arrivò Mutiny on the Bounty (1962) e fu il primo film ad essere accreditato come “Filmato in Ultra Panavision 70″, venne dunque utilizzato, finalmente, il nome pensato originariamente dal suo inventore nel 1956. La ragione di questo cambio risiedette nell’acquisto, da parte della Panavision, del reparto macchine e cineprese della MGM. Inizia così una maggiore indipendenza e un nuovo modello di business che porterà la Panavision ad espandersi fino a diventare quella che tutti noi oggi conosciamo.

Da spettatore, capire quale cinepresa e quale formato venivano utilizzati in ogni film non era un’impresa banale, si può dire che la Panavision ebbe per diversi anni una crisi d’identità. All’epoca, infatti, quasi ogni film citava un nome commerciale diverso in riferimento ai formati utilizzati per le riprese. Tra i vari nomi citati troviamo: Photographic Lenses by Panavision (utilizzato in film girati in Cinemascope con lenti Panavision, come Spartacus), Process Lenses by Panavision (Quando venivano utilizzate lenti Panavision nello sviluppo delle pellicole e per la distribuzione), Panavision 70, Super Panavision, Super Panavision 70 e Panavision Super 70 furono diversi nomi con cui veniva chiamato lo stesso formato, vennero usati in film come Lawrence d’Arabia. Se oggi la situazione è più ordinata e comprensibile dobbiamo ringraziare M. David Mullen, A. Harris, Theodore Gluck, ovvero la redazione di widescreenmuseum.com e il dipartimento della difesa degli Stati Uniti per aver creato internet “…which made it possible for the bits and pieces to come together at long last.”

Nel 1965 la Panavision venne venduta alla Banner Productions mantenendo Gottschalk come presidente, la vendita fu necessaria per ottenere un aumento di capitale necessario all’espansione delle attività. Presto, infatti, avrebbe oltrepassato i confini di Hollywood raggiungendo New York, l’Europa, l’Australia e il Sud Est Asiatico. Nel 1968 la Banner venne acquistata dalla Kinney National Company che acquisì successivamente la Warner Bros. In questo periodo le energie si focalizzarono sull’industria delle cineprese da 35mm, in particolare sulle cineprese Mitchell BNC che rappresentavano lo standard del settore cinematografico americano.

 L’ERA DELLE CINEPRESE MANEGGEVOLI E LEGGERE

Tutta la tecnologia di cui abbiamo parlato finora era non solo molto costosa, ma anche esageratamente ingombrante e pesante se paragonata agli standard odierni. Basti pensare che erano necessarie dalle 5 alle 10 persone per spostare una cinepresa, erano delicate e anche molto rumorose (venivano insonorizzate inserendole dentro apposite custodie fonoassorbenti chiamate “Sound Blimp”), e non potevano essere utilizzate a mano libera. Queste limitazioni impedivano certi tipi di inquadrature o rendevano impossibili alcune scene, specialmente quelle molto movimentate. Gli sforzi per sviluppare una cinepresa più leggera, silenziosa e con un mirino reflex portarono all’introduzione della Panavision Silent Reflex (PSR) nel 1967. 

Grazie alle speciali lenti sferiche con aspect ratio di 1.85:1 e agli affinamenti ricevuti nei suoi primi anni di utilizzo, divenne ben presto una delle cineprese più popolari negli studios. Venne utilizzata in film come Superman (1978) e Star Wars Episodio IV-V (1977-1980). Nel 1968 i progressi tecnologici permisero di ottenere cineprese da 65mm abbastanza maneggevoli da poter essere utilizzate a mano libera, anche se ben presto sarebbero state soppiantate dal formato 35mm, più pratico ed economico.

Uno degli apici di questo formato è rappresentato da 2001: Odissea nello Spazio (1968). Per quest’opera le cineprese vennero adattate in modo da poter utilizzare un’obiettivo prodotto dalla Carl Zeiss su commissione della Nasa, e i magazzini di pellicola vennero modificati per permettere riprese a testa in giù e inclinate di 90 gradi. Kubrick avrebbe spinto al limite tutte le potenzialità della tecnologia americana e tedesca.

Non bisogna dimenticare inoltre l’incredibile scena di Grand Prix (1966) dove venne installata una cinepresa da 65mm su una monoposto da formula 1! Risulta un’impresa veramente ardua in quanto una vettura che corre a più di 220km/h in un circuito cittadino (Il principato di Monaco) è sottoposta a innumerevoli forze che possono far saltare la pellicola o danneggiare i componenti interni. Dopo diverse prove, chilometri di cavi elettrici, più di 180 radiotrasmittenti e una Ford GT 40 attrezzata allo scopo, il risultato delle riprese fu eccezionale!

Ed è nel 1972 che sotto la guida di Albert Mayer e dopo quattro anni di sviluppo, uscì la Panaflex. Una cinepresa che rappresentò la nuova grande rivoluzione per Panavision e il Cinema. Rispetto ai prodotti precedenti la Panaflex era di nuova concezione, operava silenziosamente eliminando la necessità di coperture per l’insonorizzazione, poteva sincronizzarsi con altre cineprese, includeva un contagiri elettronico digitale e un caricatore motorizzato. Il segreto di questa cinepresa era la modularità, una caratteristica che sarebbe diventata lo standard del 21° Secolo. Questo permetteva alla Panaflex una versatilità nettamente superiore alla concorrenza potendo passare da un setup da studio a uno abbastanza leggero ed ergonomico da poter essere utilizzata a mano libera. Lo sviluppo non si interruppe mai e di anno in anno venivano introdotti aggiornamenti e nuove features: venne messa in commercio la Golden Panaflex II (GII) e successivamente la Platinum Panaflex che offriva netti miglioramenti nel mirino, nell’elettronica, e nel corpo che risultava ancora più leggero, compatto e silenzioso, rimanendo comunque compatibile con tutto l’ecosistema di lenti e accessori Panavision. Questa compatibilità permetteva di ampliare le possibilità di utilizzo e al contempo di mantenere bassi i costi, sia di sviluppo che di acquisto, di nuovi sistemi di ripresa.

Nel 1990 il presidente e CEO, John Farrand, era determinato a rivoluzionare il sistema Panaflex, mettendo a frutto 20 anni di know-how acquisito nello sviluppo dei suoi prodotti e dal feedback dei clienti. L’obiettivo era quello di esaminare e riprogettare ogni singolo componente sul campo, introducendo materiali e tecnologie derivati dalla ricerca aerospaziale. Nacque così il sistema Panaflex Millenium.

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Nikolaos Gea, Redattore