Stephen Daldry è un regista e produttore britannico attivo nel teatro, nel cinema e anche sul piccolo schermo. Nacque nel Dorset nel 1960, figlio di un banchiere e di una cabarettista. Sin da adolescente manifestò il suo interesse per il palcoscenico e per la recitazione in particolare: per questo si unì alla compagnia teatrale amatoriale di Taunton (nel Somerset). Ottenne poi la laurea in letteratura inglese all’Università di Shieffield, dove diventò chairman del gruppo teatrale universitario.
CARRIERA TEATRALE…
La sua carriera teatrale non tardò ad iniziare con un apprendistato allo Sheffield Crucible Theatre dal 1985 al 1988, sotto la direzione artistica di Clare Venables. Solo un anno dopo, a soli 32 anni, diventò direttore artistico del Gate Theatre (1989-1992) e del Royal Court Theatre (1992-1998), due teatri londinesi.
Dalla direzione artistica passò in seguito alla regia teatrale e il successo arrivò portando in scena il revival di An Inspector Calls di J. B. Priestley, grazie al quale fece riscoprire Priestley alla critica e al pubblico anglosassone. L’opera è una delle sue più note ed è considerata un classico del teatro inglese del Novecento; da allora venne riconosciuto come uno dei più validi registi teatrali del momento e acclamato come un nuovo maestro del teatro inglese. Avviò così una prolifica carriera teatrale che lo portò a produrre più di cento spettacoli, che gli valsero tre riconoscimenti: nel 2014 il Tony Award per il revival di Skylight di David Hare; nel 2018 il Laurence Olivier Award alla Miglior Regia per aver diretto la prima pièce di Matthew Lopez, The Inheritance; l’anno successivo, infine, un terzo Tony Award per la Miglior Regia, per aver diretto il medesimo dramma a Broadway.
…E CINEMATOGRAFICA
Per un artista versatile come Stephen Daldry, il passo tra la regia teatrale e la regia cinematografica è stato breve . Nel 1998 si mise alla prova con il cortometraggio Eight, in cui racconta la nuova quotidianità di un bambino di otto anni, grande appassionato di calcio, che si ritrova a fare i conti con il trasferimento in una nuova città e con la perdita del padre. Il corto venne candidato ai BAFTA per il miglior cortometraggio nel 1999.
Ma Daldry poteva fare di più e lo dimostrò solo un anno dopo dirigendo Billy Elliot (2000), un successo planetario presentato in anteprima al Festival di Cannes. Il film si ispira alla storia vera del ballerino Philip Mosley, un ragazzino di 11 anni che sogna di diventare un ballerino classico. Deve però fronteggiare il padre, che desidererebbe diventasse un pugile, e i pregiudizi dell’epoca che vedono nel balletto un incoraggiamento all’omosessualità. Ma di fronte a queste difficoltà Billy non si lascia scoraggiare e così il film diventa portatore di messaggi positivi, quali la perseveranza e il superamento degli stereotipi in favore della libertà e della felicità. Nel 2004 la rivista Total Film lo ha definito il 39° miglior film inglese di tutti i tempi e non si può che essere d’accordo, dato che è sempre capace di emozionare. Due anni dopo il debutto in sala, il regista ha tratto dal film un musical teatrale con le musiche di Elton John, descritto da The Telegraph come il miglior musical inglese. Infine, Billy Elliot valse a Daldry una candidatura all’Oscar per la Miglior Regia, a Lee Hall per la Miglior sceneggiatura originale e a Julie Walters come Miglior attrice non protagonista.
Il film successivo non fu da meno: The Hours (2002). Basato sull’omonimo romanzo di Michael Cunningham, racconta le storie di tre donne appartenenti ad epoche diverse ma le cui vite sono tutte intrecciate al celebre romanzo di Virginia Woolf Mrs Dalloway. La prima di queste è l’autrice stessa, Virginia Woolf, interpretata da un’eccezionale Nicole Kidman e rappresentata nei duri anni in cui non riesce più a controllare il disturbo bipolare e gli esaurimenti nervosi che da tempo accompagnano la sua quotidianità; Meryl Streep veste i panni di Clarissa, una donna che si prende cura del suo ex amante ormai malato di AIDS che la chiama “Signora Dalloway”; Laura Brown, interpretata da Julian Moore, è infine una donna infelice, insicura dei suoi sentimenti nei confronti del marito e che non desidera il bambino che sta per avere. Nicole Kidman ha ottenuto il Premio Oscar come Miglior attrice protagonista, il film invece ha ricevuto nove nomination (tra cui per il Miglior film, Miglior regia, Migliore sceneggiatura non originale, Miglior montaggio, Miglior colonna sonora e Migliori costumi), due Golden Globes per Miglior film e Miglior attrice a Nicole Kidman e l’Orso d’argento al Festival di Berlino a tutte tre le interpreti.
Dopo sei anni, Daldry è tornato alla regia con un altro adattamento: The Reader – A voce alta (2009), tratto dall’omonimo romanzo di Bernhard Schlink (1995). Qui, Kate Winslet interpreta Hannah Schmitz, una trentaseienne che nella Germania del dopoguerra intrattiene una relazione con il quindicenne Michael Berg, che si prende cura di lei leggendo ad alta voce i romanzi. Daldry tratta il delicato tema del senso di colpa di coloro che hanno lasciato morire centinaia di ebrei, tanto che il film fu accusato di voler riabilitare la figura di una SS nazista. La magistrale interpretazione di Kate Winslet le valse il Premio Oscar come Miglior attrice protagonista.
I successi del regista non finiscono qui e nel 2011 ha nuovamente attirato l’attenzione internazionale con Molto forte, incredibilmente vicino, film tratto dall’omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer, con un cast d’eccezione: Thomas Horn, Tom Hanks, Sandra Bullock, Max von Sydow (candidato all’Oscar come Miglior attore non protagonista) e Viola Davis. Il film racconta la storia di Oskar, un bambino autistico di nove anni introverso e molto talentuoso, che si diverte a trovare le soluzioni degli indovinelli lasciati dal padre morto durante gli attentati alle Torri Gemelle. Il bambino intraprende un viaggio per le frenetiche strade di New York per risolvere un mistero rimasto insoluto.
CONCLUSIONE
Stephen Daldry è quindi un regista e un produttore poliedrico, che ha messo il proprio talento al servizio del mondo teatrale, la grande passione che lo accompagna sin dall’adolescenza, ma che non ha esitato ad ampliare la propria attività al mondo della settima arte. Sebbene i film prodotti e diretti non siano numerosi, ha presto guadagnato una posizione di prestigio tra i grandi del cinema e persino il suo Paese ne ha riconosciuto il valore, nominandolo il 7 giugno 2004 Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico “per i servizi all’arte drammatica”.
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