“Television is reality and Reality is less than television”

Continua il nostro speciale dedicato al Festival del Cinema Ritrovato di Bologna. Dopo avervi parlato del capolavoro di Bertolucci Il Conformista (potete recuperare l’articolo qui), oggi ci spostiamo dalla consueta location di Piazza Maggiore per presentarvi un’altra rassegna: Pratello Pop. Chi vive a Bologna (ma anche chi l’ha soltanto visitata) conosce sicuramente la celeberrima via del Pratello, luogo di movida e di libertà a pochi minuti dalla piazza centrale. Qui, e precisamente al cinema Europa, luogo in cui 36 anni fa nasceva il Festival del Cinema Ritrovato, verranno proposti sette film eccentrici, visionari e, appunto, pop, tra cui Fuoco cammina con me di David Lynch, Tenebre di Dario Argento, il famigerato Gola profonda di Gerard Damiano, e ancora Videodrome di David Cronenberg. E proprio su quest’ultimo film, proiettato il 26 giugno, abbiamo deciso di concentrarci in questo secondo articolo dedicato al Festival.

Videodrome è un film del 1983, apice del sottogenere body horror e manifesto della poetica cinematografica di David Cronenberg,  uno spartiacque che condizionerà tutta la sua carriera futura ma anche tutta l’arte che da lì in avanti rifletterà sul rapporto uomo/tecnologia e sull’evoluzione della nostra specie. Venuto fuori da un periodo difficile da un punto di vista produttivo e distributivo (la censura e le stroncature della critica erano la norma) Cronenberg riesce a raggiungere, finalmente, il grande pubblico anche grazie alla presenza di star del calibro di James Woods e Debbie Harry (fondatrice e cantante del gruppo pop Blondie). Videodrome narra la storia di Max Renn (interpretato, come detto, da James Woods, che qui firma una della migliori performance della sua carriera), uno spietato produttore televisivo che decide di portare al pubblico programmi violenti e sessualmente espliciti, la cui vita cambia totalmente quando si imbatte in un macabro programma chiamato appunto Videodrome, girato totalmente in quello che sembra essere un set televisivo spartano  in cui vengono mostrate torture, violenze e omicidi. L’investimento televisivo perfetto (a basso costo e capace di attirare l’attenzione del pubblico) che si rivelerà, ben presto, essere qualcosa di molto più grande e pericoloso.

A colpire è soprattutto l’attualità e il messaggio profetico che il film comunica allo spettatore. Cronenberg è stato in grado di analizzare perfettamente l’inizio di una nuova era del genere umano, un’era legata alla tecnologia e alle macchine, a discapito dell’avanzamento culturale e ideologico dell’uomo. Nonostante il film sia uscito 40 anni fa, un periodo in cui era inimmaginabile la nostra attuale dipendenza ed evoluzione tecnologica, visto oggi non possiamo che reinterpretare i messaggi del regista in chiave moderna, sostituendo alla televisione la rete e tutti quei device che usiamo, ogni giorno, per navigare. 

La genialità del messaggio di Cronenberg si può individuare nel fatto che il regista, in un’ora e mezza, riesce a criticare aspramente coloro che venerano la televisione come la risolutrice di tutti i mali, facendo intendere chiaramente che, anzi, per colpa di questa tecnologia le persone rischiano di spegnersi, di farsi condizionare e di agire non più secondo la propria volontà (ovvero quello che succede al protagonista in seguito all’inserimento della videocassetta nel suo ventre), ma anche coloro che non sopportano la libertà dell’individuo. Rifacendomi alle parole di Federico Frusciante, c’è un intento quasi sovversivo nel considerare i perversi e i masochisti come i buoni, mentre i bigotti e coloro che seguono le apparenze false della società come i cattivi. Proprio riguardo a quest’ultimo punto, infatti, il male in Videodrome è rappresentato da una multinazionale che vuole controllare le menti di coloro che non sono allineati alla loro idea di correttezza, e quindi di tutti coloro che guardano senza inorridire di fronte la violenza mostrata nel programma Videodrome. E così l’immagine rende lo spettatore dipendente, quasi come una droga (ricordiamo a questo proposito Max Renn che, durante la visione di Videodrome, dice di non riuscire a distogliere lo sguardo) avvelena il pubblico, causandogli letteralmente un tumore al cervello (i danni causati dalla televisione qui prendono forma) e soprattutto terribili allucinazioni, soggiogando alla fine tutti coloro che non si allineano all’idea di correttezza e “pulizia” mentale.

Con questo film – che è perfetto anche tecnicamente, visto che presenta una fotografia cupa e sporca ma sempre funzionale al racconto, una regia da manuale coadiuvata da effetti speciali e trucco prostetici che, visti oggi, riescono ad essere più realistici di un effetto in CGI – David Cronenberg teorizza la filosofia della Nuova Carne, “dove malattia, malessere psicologico e perversioni sessuali non sono qualcosa da nascondere ma bensì oggetti narrativi necessari, viscerali, da studiare e raccontare per esorcizzare la follia e l’orrore della nostra realtà extra-schermo”. (Adriano Meis)

“Morte a videodrome, gloria e vita alla Nuova Carne”

 

That [idea] came from a lot of my own late-night television watching as a kid, and suddenly seeing signals come through… It was that experience that led me to posit a man who picks up a signal that’s very bizarre, very extreme, very violent, very dangerous. He becomes obsessed with it, because of its content, tries to track it down, and gets involved in a whole mystery… When I started to write that story, it suddenly started to shift. Max began to hallucinate, and impossible physical things started to happen to him. It went even further than in the movie; at a certain point he began to find that his life was not as he had thought: he was not who he’d thought he’d been. I had to pull back finally because it got so extreme it was too much for one film. The writing really did surprise me. If you’re going to do art, you have to explore certain aspects of your life without regard to a political position or stance. With Videodrome I wanted to posit the possibility that a man exposed to violent imagery would begin to hallucinate. I wanted to see what it would be like, in fact, if what the censors were saying would happen, did happen. What would it feel like? What would it lead to?

David Croneberg, Cronenberg on Cronenberg, edited by Chris Rodley, Faber and Faber, London 1992

Questo articolo è stato scritto da:

Rosario Azzaro, Direttore editoriale