La definizione di “Slacker” è quella di una persona che non lavora duramente,  uno “scansafatiche”. Tuttavia, come sottolineato da Richard Linklater, guardando oltre il giudizio superficiale, questa parola può essere reinterpretata in modo positivo: “Gli slackers potrebbero sembrare esclusi dalla società, ma sono in realtà un passo avanti a lei, rifiutando la gerarchia sociale imposta dalla stessa prima che questa rifiuti loro. Il dizionario li definisce come persone che sfuggono ai doveri e alle responsabilità. Una nozione più moderna sarebbe quella di persone che sono responsabili verso se stesse e non sprecano il loro tempo in un ambito di attività che non ha nulla a che fare con chi sono o potrebbero essere”.

E se Richard Linklater ha sempre insistito sull’importanza di comprendere la vera definizione di “slacker”, è perché lui stesso si è sempre definito tale. Giunto al college con una borsa di studio per il baseball, Richard Linklater sognava di diventare un giocatore professionista, ma fu costretto ad abbandonare la squadra dopo appena due anni a causa di una condizione cardiaca. Decise così di lasciare gli studi universitari, trovando lavoro in una piattaforma petrolifera. Qui, fece la conoscenza di un collega appassionato di cinema dotato di un proiettore e una vasta collezione di vecchi film. Questo incontro fu determinante: la passione di Linklater per il cinema iniziò a svilupparsi e a crescere sempre di più. Utilizzando i suoi risparmi, acquistò una telecamera Super 8, un proiettore e delle attrezzature per il montaggio e decise di trasferirsi ad Austin, uno dei centri della controcultura americana degli anni ’80 e ’90, preferendola a mete più ambite per una carriera nel cinema, come  Los Angeles e New York.

Nel 1985, fondò la Austin Film Society con l’obiettivo di mostrare al pubblico film indipendenti e sperimentali. Nel corso degli anni, la AFS è cresciuta fino a diventare un pilastro dell’industria cinematografica di Austin, promuovendo e sostenendo il cinema indipendente in Texas. Nello stesso anno, Linklater girò il suo primo cortometraggio, “Woodshock”, che documentava il caos del festival musicale omonimo tenutosi ad Austin. Nel 1988, diresse il suo primo lungometraggio, It’s Impossible to Learn How to Plow by Reading Books, film sperimentale in cui un ragazzo (interpretato dallo stesso Linklater) viaggia attraverso gli Stati Uniti. Le tematiche e la struttura stessa del film, con il protagonista in viaggio senza una direzione precisa, che si apre al mondo incontrando nuove persone  intrattenendo conversazioni tra le più disparate, saranno ricorrenti nelle opere successive del regista.

Gli slackers e l’America

Interamente girato ad Austin, Texas, con un budget di circa 23.000 dollari, Slacker (1990) si svolge nell’arco di ventiquattro ore e segue brevemente le vite e gli incontri di una serie di personaggi  tra le strade della città texana. 

Tra i numerosi personaggi, che rimangono a schermo per pochi minuti alla volta, troviamo lo stesso Linklater, che apre il film nei panni di un giovane appena arrivato ad Austin. Salito in un taxi, avvia una conversazione (a senso unico) con il tassista, raccontandogli del sogno fatto in treno e interrogandosi sulla natura stessa dei sogni, chiedendosi se questi non siano altro che delle finestre, piccoli sguardi sulle vite alternative che avremmo potuto vivere se avessimo fatto una scelta piuttosto che un’altra. Rimane celebre la frase che chiude il suo monologo, “I should’ve stayed at the bus station!”. Dopo di lui, facciamo progressivamente la conoscenza dei caratteri più disparati, come il complottista convinto che gli USA abbiano messo piede sulla luna già negli anni ‘50, o il teorizzatore dell’omicidio di Kennedy. O, ancora, l’anarchico settantenne che ha come unico rimpianto quello di essersi perso la strage di Charles Whitman, e una giovane ragazza che tenta di vendere un pap test di Madonna.

Molte delle figure e delle circostanze raccontate derivano direttamente dalle esperienze di vita dello stesso regista, altre sono invece il riflesso dell’ambiente sociale precario in cui molti cittadini statunitensi erano relegati a quel periodo. Sono tutti emarginati, figli di un’epoca che li ha prima rifiutati e in seguito esclusi per le loro non conformità. Tuttavia, come già anticipato, è proprio grazie a una completa accettazione di sé e delle proprie idiosincrasie che questi personaggi trovano un posto specifico nel mondo e una serenità interiore. E il film è altresì una lettera d’amore di Linklater per Austin, una città che lo ha accolto a braccia aperte dandogli l’opportunità di realizzare il suo sogno, uno scenario altrimenti inattuabile in una qualsiasi altra realtà texana. Austin era infatti considerata come un rifugio ideale per coloro che aspiravano a una totale libertà espressiva, un’oasi in netto contrasto con l’America reaganiana e in cui la diversità individuale non era discriminata.

La genesi e l’eredità del film

Linklater, che aveva immaginato il film come un unico piano sequenza, optò per un approccio in stile documentaristico, cercando di rendere consapevole il pubblico di star guardando un costrutto e sottolineando ancora maggiormente il completo stato di alienazione dei vari personaggi. Con l’aiuto di Lee Daniel, il direttore della fotografia, rimediò un dolly da una stazione televisiva locale e raccolse i fondi per girare il film, chiedendo prestiti anche ad amici e famiglia. Per interpretare gli svariati personaggi, Linklater preferì chiamare amici o persone dalla strada che avessero un aspetto o una personalità fuori dagli schemi, evitando un complicato e dispendioso processo di casting.

Il film debuttò all’ Austin’s Dobie Theatre. Non ne seguì un’uscita internazionale, ma fu un successo nel mercato domestico dei film indipendenti incassando 1.2 milioni di dollari (a fronte dei 23.000 investiti). 

L’impatto del film sul circuito indipendente americano fu notevole. Molti registi, indipendenti e non, hanno citato Slacker come fonte di ispirazione e principale catalizzatore per intraprendere la propria carriera cinematografica. Tra questi figura Kevin Smith, il quale ha dichiarato come la visione del film lo abbia convinto una volta per tutte a girare Clerks (1994).

Negli anni successivi all’uscita del film, arrivando fino ai giorni nostri, Linklater non ha mai smesso di esplorare e celebrare l’eccentrica e affascinante figura dello “slacker”. Ne ha raccontato la genesi (Dazed and Confused del 1993 e Everybody Wants Some!! del 2016), i fallimenti (SubUrbia, 1996) e i successi (School of Rock del 2003 e Bad News Bears2005). Una figura che della vita conosce il segreto più profondo e sa pertanto come viverla: in totale libertà.

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Simone Pagano,
Redattore.