Cosa hanno in comune un uomo solo che va in giro con un cane e un carretto di roba vecchia da vendere, un’improbabile coppia di distillatori con un maialino e due fratelli che abitano in un faro? Forse niente, ma a Juho Kuosmanen basta “niente” per mettersi a lavoro. Girata tra il 2012 e il 2023, la sua Silent trilogy (in originale Mykkätrilogia) è stata presentata per la prima volta al Festival del Cinema Ritrovato di Bologna: tre cortometraggi muti, divertenti e commoventi, simbolo di un amore profondissimo per i primi anni di vita del cinema e per tutti coloro che si trovano a vivere ai margini della società.

Da case fatiscenti allo spazio più profondo

Silent Trilogy è un’opera che tutti gli amanti del cinema dovrebbero vedere: anche solo per lo splendido omaggio al periodo del muto, che ha costruito pezzo per pezzo la settima arte come la conosciamo oggi. I cortometraggi che compongono la trilogia hanno come protagonisti personaggi delle classi più basse della società, e la maggior parte degli interpreti non sono neanche attori di professione: come detto dallo stesso Kuosmanen durante la presentazione dell’opera, i loro volti erano interessanti “e così li ho voluti nei miei film”.

Il primo corto, dal titolo Scrap-Mattila and the Beautiful Woman (Romu-Mattila ja kunis kainen, 2012) si ispira alla vicenda realmente accaduta in Finlandia di un uomo e della sua battaglia contro la città di Kokkola per impedire che la propria casa gli venisse sequestrata. Similmente, il protagonista del corto si vede costretto a lasciare la propria abitazione, ma non porta avanti una battaglia, anzi, decide piuttosto di vendere tutti i suoi beni e trasferirsi in Svezia con il fidato cagnolino. Presto, vagando tra i locali della piccola cittadina in cui vive, l’uomo conoscerà una cantante, una donna sola e malinconica. Il loro incontro darà a entrambi la vicinanza, la comprensione e la tenerezza che meritano.

Con il titolo The Moonshiners (Salaviinanpolttajat, 2017), il secondo corto della trilogia racconta la divertente storia di una coppia di distillatori accompagnati da un simpatico maialino. I due, un uomo e una donna, distillano alcool illegalmente e un giorno ricevono la visita di un misterioso cliente che li convince a giocare a carte; la partita, però, provoca una violenta lite, sedata poco dopo dall’arrivo della polizia, che arresta i distillatori mentre il misterioso “uomo delle carte” riesce a fuggire indisturbato. Il corto è un remake dell’omonimo film muto del 1907, a oggi andato perduto, del quale conosciamo la trama solo grazie ad articoli di giornale del periodo. Salaviinanpolttajat è considerato il primo film realizzato in Finlandia, che Kuosmanen ha voluto omaggiare nel 2017, a centodieci anni dalla nascita del cinema finlandese.

Il terzo e ultimo cortometraggio della trilogia è forse quello più affascinante. Intitolato A Planet Far Away (Kaukainen Planeetta, 2023), racconta la storia dei fratelli Marlanda e Maximilian, guardiani di un faro su un’isola sperduta nel mare. Ma nel 2023 è ancora necessario un faro? Presto, i fratelli si ritrovano senza lavoro, ormai tutto il mondo usa il gps e la luce del loro faro viene letteralmente “portata via” da un gruppo di uomini che si sono presentati alla loro porta da un giorno all’altro. Per la tristezza, Maximilian muore, Marlanda rimane così da sola ad affrontare il dolore: l’unica cosa che la fa andare avanti è la storia, tanto cara al fratello, di questo pianeta molto lontano su cui vanno ad abitare le persone che amiamo quando il loro tempo sulla terra finisce. E così Marlanda si mette all’opera per costruire un razzo e, indossando degli enormi occhiali da aviatore, parte per lo spazio profondo fino a raggiungere un pianeta sconosciuto. Lì, in quello che sembra un bar come se ne vedono sulla terra, si ricongiunge finalmente al fratello Maximilian, impegnato a degustare un drink a suo dire più buono di qualunque altro abbia mai bevuto. Un corto diverso dai due precedenti, con scenografie e oggetti di scena realizzati con mezzi amatoriali, ma non per questo poco affascinante e commovente. Inevitabilmente, A Planet Far Away ricorda da vicino il cinema delle attrazioni di Méliès e Segundo De Chòmon degli anni ‘10: un piccolo viaggio nello spazio che vi farà tornare un po’ bambini, ancora meglio se eravate di quelli con le stelline adesive luminose sul soffitto della cameretta!

Sonorizzazione dal vivo e potenzialità del muto

Quando il cinema era ai suoi inizi veniva chiamato “delle attrazioni”, per la sua capacità di trasmettere storie affascinanti in posti mai visti prima, avventure di fantasia dotate di effetti speciali sorprendenti che sicuramente ricordate se conoscete le opere principali di un George Méliès. A distanza di oltre cent’anni, Juho Kuosmanen ha portato l’attrazione nella forma della sonorizzazione dal vivo. La visione di Silent Trilogy al Festival del Cinema Ritrovato è stata accompagnata dalla Ykspihlajan Kino-orkesteri, che si è occupata della musica e delle parti cantate, insieme al meraviglioso rumorista Heikki Kossi che si è dedicato alla realizzazione di suoni e rumori di scena. Sul palco insieme a un tavolino, una pedana di legno e altri oggetti, Kossi ha fatto un lavoro magistrale nel ricreare i rumori da accostare alle immagini dei film, grazie anche all’aiuto del sound designer Pietu Korhonen e del sound engineer Ville Liukkonen. Kuosmanen ha affermato di essere profondamente affascinato dal lavoro del rumorista, dal modo in cui semplici rumori meccanici riescono a trasmettere nuove sensazioni se accostati a determinate immagini e sequenze sullo schermo.

La visione di Silent Trilogy con sonorizzazione dal vivo è stata senza dubbio l’esperienza più affascinante del Festival del Cinema Ritrovato, che ha permesso a tutti di riscoprire le enormi potenzialità espressive e artistiche del cinema muto. Nella conversazione con Alice Rohrwacher a seguito della proiezione, Kuosmanen ha ricordato l’importanza del muto nella storia del cinema, che si è gettato immediatamente sul sonoro non appena ne è comparsa la possibilità. Certo, non possiamo incolpare produttori, registi e attori degli anni ‘20 per aver compreso le potenzialità dei “talkies”, ma adesso abbiamo l’occasione per esplorare e omaggiare il cinema muto come merita.

Renata Capanna,
Redattrice.