Elementare, Watson!”, coloro che affermano di non conoscere questa frase o di non averla addirittura mai sentita, stanno sicuramente mentendo! Questa espressione è immediatamente riconducibile ad uno dei personaggi letterari più amati di sempre: Sherlock Holmes, il detective geniale creato dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle sul finire dell’Ottocento. Nonostante tale esclamazione sia ormai entrata nel linguaggio di tutti giorni, in realtà non figura mai in questa forma negli scritti originali di Arthur Conan Doyle, ma è stata resa popolare dal cinema, che ha contribuito a caratterizzare ulteriormente il personaggio. 

Sherlock Holmes, tra finzione e realtà

«Una volta eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, dev’essere la verità.»
-Sherlock Holmes, Il segno dei quattro.

Sherlock Holmes ha catturato l’attenzione del grande pubblico sin dal suo esordio letterario, avvenuto nel 1887 con il racconto Uno studio in rosso. Da quel momento la fama dell’investigatore inglese si è diffusa in tutto il mondo, portando il detective di Doyle a consolidarsi come mito e riferimento per il genere giallo. Nella mente di numerosi lettori dell’ottocento Sherlock Holmes non era un personaggio letterario, ma una figura in carne ed ossa tanto che, in quegli anni, il numero inesistente 221B di Baker Street venne invaso da migliaia di lettere contenenti parole di ammirazione e richieste di casi da risolvere. Le origini di Sherlock si riscontrano nei personaggi di Dupin di Edgar Allan Poe e in Monsieur Lecoq di E. Gaboriau, entrambi del diciannovesimo secolo. A differenza loro, Sherlock è diventato un’icona moderna non solo in quanto emblema della logica e del raziocinio, ma anche perché intrattiene un rapporto “protesico” con i media dell’epoca. Egli riesce, infatti, ad utilizzare strumentazioni mediali in modo sistematico e consapevole, tra queste la radio, la scrittura, la stampa e il telegrafo. Il detective utilizza media per interpretare la realtà e far emergere indizi e fatti. Inoltre, il cervello di Sherlock Holmes è un vero e proprio archivio in cui analizzare le informazioni, selezionarle e infine decodificarle. A queste straordinarie capacità, si accompagnano invece caratteristiche proprie dell’uomo di città quali la noia e la frustrazione, generata dalla molteplicità di possibilità all’interno dei grandi centri urbani. Nella figura di Sherlock Holmes il sociologo McLuhan ritrova l’archetipo dell’uomo moderno metropolitano, continuamente stimolato dal punto di vista sensoriale e cognitivo. Per questo motivo, la complessità di Sherlock Holmes contribuì a creare un mito attorno alla sua figura, alimentato in gran parte dallo stesso autore. Doyle non ha solo creato un personaggio riconoscibile, ma un vero e proprio brand transmediale in grado di superare la finzione e ripercuotersi sulla realtà in molteplici modi. L’iconografia di Sherlock non fu, infatti, definita esclusivamente dalle descrizioni puntuali dello scrittore, ma anche e soprattutto dalle numerose opere teatrali, spesso non ufficiali, e dagli adattamenti cinematografici che si diffusero a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo. Sul detective di Baker Street vennero infatti realizzati più di 100 brevi film muti, spesso tratti dalle avventure di Doyle o scritti da zero.

Sherlock Holmes Baffled: il primo e ufficiale Holmes sul grande schermo

La prima trasposizione cinematografica di cui si ha memoria è Sherlock Holmes Baffled, un cortometraggio muto di 30 secondi con soggetto di Doyle e girato da Arthur Weed Marvin nel 1900, ma registrato nel 1903. Questo film è noto per essere il primo adattamento autorizzato, dedicato al celebre detective di Baker Street, ma anche per essere uno dei primi esempi di film narrativi-comici prodotti dalla Biograph, che negli anni precedenti aveva realizzato per lo più documentari sulla quotidianità cittadina.

Nonostante la semplicità narrativa, Sherlock Holmes Baffled è interessante sotto vari aspetti. In primo luogo, umanizza l’infallibile Sherlock Holmes che viene ridicolmente messo in difficoltà da un semplice ladruncolo. La trama vede, infatti, Holmes entrare in una stanza dove un ladro appare e scompare impunemente – attraverso il trucco della sostituzione – rubando alcuni oggetti. Contro ogni previsione, Holmes, visibilmente frustrato, tenta invano di acciuffare il criminale.

In secondo luogo presenta, a differenza di molte opere del periodo, una struttura ibrida tra puro intrattenimento e sperimentazione narrativa. I primi del Novecento sono un periodo di trasformazione in ambito cinematografico dal momento che si inizia ad abbandonare il sistema delle attrazioni mostrative, in cui prevale il gusto per gli effetti speciali e l’intrattenimento fine a sé stesso, per immergersi in quello dell’integrazione narrativa. In quegli anni, inoltre, non si può ancora parlare di registi propriamente detti, intesi dunque come figure professionali specifiche.  Lo stesso Arthur W. Marvin non può essere considerato un regista nell’accezione moderna del termine, ma piuttosto un cameraman, privo di libertà creativa e assunto dalla casa di produzione Biograph esclusivamente per girare il cortometraggio. E’ interessante, tuttavia, osservare che la carriera di Marvin sia in parte legata a quella di uno dei pilastri del cinema americano, nonché padre del montaggio e della costruzione narrativa, David Wark Griffith, con il quale collaborò nella realizzazione di molti suoi primi film.

Non era, inoltre, inusuale che per questi primissimi cortometraggi venissero scelti soggetti o personaggi noti al grande pubblico poiché il Cinema delle origini si costituiva principalmente come un’industria finalizzata ad attirare spettatori nel cinematografo o nelle fiere. In questo senso, la figura di Sherlock Holmes, di per sé popolare grazie ai racconti e ai romanzi di Conan Doyle, si prestava perfettamente a questo scopo. Per concludere, Sherlock Holmes è una figura fortemente transmediale al punto che già nel 2012 risultava essere l’icona letteraria più raccontata nel cinema e in televisione. Nel corso del ventesimo secolo, l’universo di Holmes si è espanso ben oltre i confini segnati dai romanzi di Doyle tanto che il personaggio ha saputo adattarsi perfettamente ad ogni mutamento storico. Il detective è stato, infatti, protagonista di opere teatrali e radiofoniche, trasposizioni cinematografiche e televisive, fumetti e numerosi videogiochi e prodotti pop come le fan fiction. Questi contributi, più o meno apocrifi, riescono nella maggior parte dei casi ad arricchire, ribaltare e rileggere la narrazione di Doyle, pur mantenendo intatta la coerenza e il rispetto verso l’opera originale. A questo punto, viene quasi da chiedersi se l’unico mistero che resterà per sempre privo di soluzione non sia proprio quello di Sherlock Holmes.

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Benedetta Lucidi,
Redattrice.