Il 29 agosto torna in sala Sapore di mare, film cult per una generazione che guarda al passato con malinconici sospiri e costanti rimpianti.
La commedia di Carlo Vanzina, apri-porte di un genere vacanziero che si affermerà successivamente, è stata restaurata in 4k e riproposta al cinema da FilmClub Distribuzione, in collaborazione con Minerva Pictures e Leone Film Group.
La storia (scritta da Carlo ed Enrico Vanzina) si muove attraverso una struttura narrativa lineare, senza pretese, con personaggi talora grossolani e semplificazioni scevre di profondità. Eppure ci sono due elementi imprescindibili e indivisibili che rendono Sapore di mare diverso dai cinepanettoni che verranno: l’estate e la nostalgia, due concetti gemelli, sempre associati alla caducità, alla fine di qualcosa che avremmo voluto durasse in eterno.
La pellicola, distribuita nel 1983, è ambientata nel 1964 a Forte dei Marmi e vede come protagonisti un gruppo di giovani villeggianti le cui vicissitudini si intrecciano nei tempi dilatati della stagione estiva.
Marina (Marina Suma) e suo fratello Paolo (Angelo Cannavacciuolo) giungono con i genitori in Versilia da Napoli e si inseriscono in una comitiva già formata, composta da diversi giovani borghesi e annoiati, tra i quali spiccano gli stereotipati fratelli milanesi Luca (Jerry Calà) e Felicino (Christian De Sica), i marchesini Pucci (Paolo Baroni e Angelo Maggi), lo pseudo-intellettuale Gianni (Gianni Ansaldi) e la sua ragazza Selvaggia (Isabella Ferrari). In questa cornice immutabile i giorni sembrano infiniti e tutto può accadere poiché in vacanza un istante assume connotati completamente diversi dalla realtà della quotidianità.
Il personaggio probabilmente più rappresentativo è la quarantenne Adriana Balestra (Virna Lisi), una nostrana Mrs. Robinson che, stanca della monotonia e di un marito distaccato, si interessa al diciannovenne Gianni. Non è attrazione, ma semplicemente desiderio di rivivere un tempo evanescente che non tornerà più.
La voce narrante che talvolta interviene risulta superflua in quanto tutti provano dei sentimenti semplici, propri di un periodo prevalentemente spensierato, autentico, in cui non è necessario essere didascalici.
Non passano inosservati i numerosi anacronismi, probabilmente intenzionali, come se si volessero descrivere gli anni Sessanta in generale, senza necessità di attenersi al 1964.
Quel decennio si palesa soprattutto attraverso le citazioni, basti pensare alla proiezione all’aperto de I due colonnelli di Steno (padre degli autori), ai discorsi su Paul Newman, su Brigitte Bardot o su Alberto Lupo. È però la colonna sonora, composta da brani dell’epoca, a giocare un ruolo fondamentale per contestualizzare le vicende narrate: le canzoni si susseguono quasi ininterrottamente, come in un vecchio jukebox o in una moderna playlist in riproduzione casuale.
L’ultima sequenza è sicuramente la più significativa, è il fulcro di tutto il racconto e avviene con un lungo gioco di sguardi. Attraverso un campo e controcampo Marina e Luca sono inquadrati da una camera che scruta soprattutto i loro occhi, la voce di Jerry Calà legge un biglietto breve e colmo di verità mai dette, mentre un extra-diegetico Riccardo Cocciante canta Celeste Nostalgia. In quel momento dimentichiamo le imperfezioni, lasciamo andare lo “snobbismo” e comprendiamo l’essenza di Sapore di mare.
Tutto ruota intorno alla nostalgia di quello che è stato e di quello che non sarà mai.
L’età di cui ci parlano i Vanzina è un carosello di emozioni che si espandono nel microcosmo di una località marittima, in cui c’è tanto e non c’è niente, in cui un amore durato un mese sarà ricordato per vent’anni.
L’estate diviene metafora delle stagioni della vita: l’entusiasmo, la consapevolezza e il rammarico. La pioggia cancella le lacrime e gli odori acri della pineta si trasformano in “folate di vento freddo”.
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