Il periodo natalizio è indubbiamente uno dei momenti migliori per gustare un buon film in compagnia, sia al cinema che comodamente sul divano della propria casa. Oltre ai titoli distribuiti nelle sale, si può disporre di una varietà di pellicole trasmesse in televisione che consentono di ricadere, come ogni anno, nei cult come Il Grinch (Ron Howard, 2000), Una poltrona per due (John Landis, 1983), Mamma ho perso l’aereo (John Hughes, 1990) e molti altri. Ancor prima del Babbo Natale della Coca Cola, il cinema è stato un mezzo straordinario per calarsi nell’atmosfera festiva. La tradizione dei film di Natale risale, infatti, fino alle origini del cinematografo: la prima pellicola a tema è stata distribuita nel settembre del 1898. Si tratta di Santa Claus, diretto da George Albert Smith e realizzato in Inghilterra dalla George Albert Smith Films.
George Albert Smith, molto più che un regista
George Albert Smith è stato un intellettuale poliedrico, la cui carriera non è solo riconducibile alla macchina da presa: è stato fotografo, inventore, medium, ipnotista e persino astronomo! Prima del suo ingresso nel mondo del cinema, Smith si dedicò alle sperimentazioni con la Lanterna magica, la cui origine risale al XVII secolo. Questo strumento fu uno straordinario mezzo di intrattenimento all’interno delle fiere, ma anche uno dei tanti precursori del cinematografo. A livello puramente concettuale la lanterna magica si può quasi considerare un’evoluzione del più rudimentale teatro delle ombre cinese. A differenza di quest’ultimo, tuttavia, vi è una componente tecnologica non indifferente poiché le immagini non sono proiettate manualmente, ma attraverso un dispositivo concepito per tale scopo.
La lanterna magica è uno dei primi strumenti in grado di proiettare immagini dipinte su di una parete di una stanza buia. L’apparecchio consiste in una scatola chiusa contenente una candela, la cui luce era filtrata attraverso un foro al quale era applicata una lente ottica. La fascinazione popolare per questo strumento era generata da più fattori, in primo luogo sicuramente dall’atmosfera onirica e favolistica che i disegni proiettati suscitavano nello spettatore, ma anche dalla forte potenzialità didattica. In relazione a quest’ultimo aspetto, la lanterna magica rappresentava un esempio perfetto di sintesi tra scienza e intrattenimento. L’imbonitore, in questo contesto, era una figura cardine in quanto aveva il compito di presentare le immagini che scorrevano sulla parete. Con l’avvento del cinema tale figura venne sostituita dalle didascalie e del commento orchestrale eseguito in sala. L’inizio della storia del cinema coincide, infatti, con una vera e propria guerra di brevetti che comportò, successivamente, l’affermazione del cinematografo, inventato e brevettato dai fratelli Lumière.
Considerato il forte legame col mondo della scienza, non sorprende affatto che una personalità come George Albert Smith nutrisse una fascinazione per questo innovativo dispositivo in grado di proiettare delle immagini in movimento e non più solo dei disegni. Questa sua forte predisposizione per lo sperimentalismo, unita all’influenza di Georges Méliès, portò Smith nel 1897 dietro alla macchina da presa. Da quel momento in poi George Albert Smith ebbe una carriera decisamente florida divenendo uno dei maggiori esponenti della Scuola inglese di Brighton, accanto a James Williamson. Il campo di studi di Smith riguardava principalmente la sperimentazione sulla luce, sul montaggio e sugli effetti speciali, dei quali vi è un primo accenno nel film Santa Claus di cui ci stiamo per occupare.
Cinema delle origini: Santa Claus di Smith
Santa Claus (1897) uscì in Inghilterra nel settembre del 1898, mentre negli Stati Uniti nel dicembre dello stesso anno dove riscontrò un notevole successo. Si tratta di un cortometraggio muto da poco più di un minuto, incentrato su un episodio apparentemente banale che si svolge durante la notte della vigilia di Natale: due bambini attendono l’arrivo di Babbo Natale in procinto di portare loro dei doni. Per tale ragione, Santa Claus si può collocare all’interno del filone dei film sull’infanzia, in quanto racconta una scena quotidiana della vita di ogni bambino. I due giovani protagonisti sono stati interpretati da Harold e Dorothy Smith, figli del regista nonché tra i suoi attori più ricorrenti. La trama della vicenda è essenziale dal momento che il vero protagonista dell’opera è il Cinema stesso in quanto nuovo strumento di intrattenimento di massa. A cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, il cinematografo era visto con diffidenza da molti intellettuali e attori teatrali, i quali rifiutavano categoricamente di recitare davanti alla macchina da presa, e dunque di essere filmati. Ciò avveniva perché il cinema non era ancora considerato Arte, ma puro intrattenimento da fiera, da circo e da music hall nonché imitazione di bassa lega del vedutismo pittorico, del teatro e dei suoi cliché. Come nella stragrande maggioranza dei film delle origini, anche in Santa Claus di Smith si riscontra tale rapporto di derivazione nell’uso di fondali dipinti e nella ripresa a figura intera degli attori con utilizzo fisso della macchina da presa. Lo spettatore aveva così l’impressione di assistere ad una rappresentazione teatrale che, tuttavia, non era teatro, ma immagini in movimento proiettate su uno schermo. In aggiunta a ciò, alla fine dell’Ottocento, la struttura dei filmati era sostenuta da un sistema “monopuntuale”, caratterizzato da un’unica inquadratura che coincideva con l’intera durata del film. Dal punto di vista tecnico Santa Claus è uno dei primi filmati a mostrare due azioni contemporanee grazie all’utilizzo di un mascherino circolare in cui veniva proiettata un’altra breve ripresa, l’arrivo di Babbo Natale. Questa tecnica veniva impiegata, inoltre, nelle scene oniriche per mostrare il contenuto del sogno (es. Life of an American Fireman di Edwin S. Porter, 1903). In Santa Claus, quasi per magia, Babbo Natale emerge in carne ed ossa dalla ripresa nel mascherino e successivamente, allo svegliarsi dei bambini, scompare con somma sorpresa dello spettatore. Il pubblico di quegli anni desiderava lasciarsi stupire da questa nuovo medium tanto che i pionieri del cinema si cimentarono con numerosi effetti speciali, molti dei quali rielaborati dal mondo del circo e dell’illusionismo (trucchi di magia, macchine del fumo, petardi etc), altri invece più specificatamente legati alla sperimentazione col cinematografo e la pellicola (esposizione multipla, sovrimpressioni, stacchi, mascherini…). Per tale ragione, questo specifico periodo del cinema (1895-1809) è stato definito “Cinema delle attrazioni mostrative” ad indicare la predilezione per la spettacolarità delle immagini a discapito della narrazione, che si affermerà invece nella prima metà del Novecento. Per comprendere bene questa peculiarità delle origini del mezzo cinematografico, è interessante riportare una testimonianza di un giornalista che, il 28 dicembre 1895, assistette alla celeberrima proiezione dei fratelli Lumière:
«Si tratta della riproduzione, attraverso una proiezione, di scene vissute e fotografate tramite una serie di scatti istantanei. Quale sia la scena filmata o il numero dei personaggi sorpresi negli atti della loro vita, voi li rivedrete a grandezza naturale con i loro colori, la prospettiva, i cieli lontani, le case, le strade, con tutta l’illusione della vita vera ».
Per concludere, Santa Claus è il primo film di natale della storia del cinema, ma è anche una straordinaria testimonianza di un periodo storico in cui il mezzo cinematografico non era né un’industria consolidata né un’opera d’arte, bensì un mezzo di intrattenimento mirato a suscitare meraviglia e stupore nel pubblico che, come un bambino, non poteva che lasciarsi incantare dalla potenza attrattiva delle immagini in movimento.
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