Ron Howard è un regista, sceneggiatore, attore e produttore cinematografico statunitense. Si affacciò in questo mondo in tenera età ed è, ad oggi,  una delle personalità più celebri ad Hollywood, essendosi distinto nel panorama cinematografico statunitense grazie a film memorabili e popolari che spaziano tra diversi generi. Per celebrare questo importante autore, ripercorriamo le tappe più importanti della sua carriera e i suoi più grandi successi.

ESORDIO COME ATTORE

Ron Howard, nome d’arte di Ronald William Beckenholdt, nacque il 1° marzo 1954 e venne introdotto molto presto al mondo del cinema: la madre, Jean Spegne Howard, era un’attrice, mentre il padre, Rance Howard (pseudonimo di Harold Rance Beckenholdt) era regista e sceneggiatore. Sin dall’età di 5 anni si fece notare in televisione recitando ne La giostra, quinto episodio della serie Ai confini della realtà (1959-1964). Arrivò al cinema nel 1962 con Capobanda (M. DaCosta, 1962) in cui interpretò Winthro Paroo, un bambino balbuziente e l’anno successivo dimostrò tutto il suo potenziale in Una fidanzata per papa (V. Minnelli, 1963). Apparve poi nella serie televisiva The Andy Griffith Show (1960-1968), nella quale interpretò Opie Taylor, il figlio dello sceriffo locale di Mayberry. Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta frequentò la School of Cinema-Television alla University of Southern California. Tuttavia non terminò mai gli studi, decidendi di dedicarsi interamente al mondo dello spettacolo. 

Divenne celebre in tutto il mondo recitando in American Graffiti (G. Lucas, 1973), film che rappresentò per lui la prima vera opportunità di distaccarsi dai ruoli infantili ricoperti in passato. Nonostante il successo ottenuto dalla pellicola, in ambito attoriale Ron Howard viene ancora oggi ricordato dalla quasi totalità del pubblico soprattutto per l’indimenticabile parte di Richie Cunningham nella serie televisiva Happy Days (1974-1984). 

LA CARRIERA DA REGISTA 

“Devo rimanere coerente con le mie convinzioni creative. Ad un certo punto dei liberarti degli adulatori e fare il tuo lavoro, ovvero girare un film.”

Dopo sette stagioni, decise di abbandonare il set di Happy Days per intraprendere la carriera da regista. Nel 1976 grazie al film Eat my dust! (C.B. Griffith, 1976) a cui prese parte, entrò in contatto con il produttore Roger Corman, colui che ebbe il merito di scoprire diversi registi della New Hollywood, come Martin Scorsese, Francis Ford Coppola e Peter Bogdanovich. Grazie a Corman, dopo la regia di tre cortometraggi, diresse anche il suo primo lungometraggio: Attenti a quella pazza Rolls Royce (Grand Theft Auto, 1977) in cui è anche attore protagonista. Si tratta di una commedia a basso budget che però ottenne un grande successo al botteghino. Da questo momento non ebbe più dubbi: la regia era la sua strada.

ANNI ‘80

Dopo questa prima esperienza da regista seguirono una serie di commedie. In particolare, catturò l’attenzione del grande pubblico grazie al film Night Shift – Turno di notte (1982), con Michael Keaton e Shelley Long, due attori all’epoca sconosciuti. Questa pellicola racconta la storia di un custode di un obitorio che si lascia coinvolgere nell’allestimento di un’agenzia di appuntamenti a pagamento; l’ispirazione venne a Ron Howard leggendo sul giornale la notizia di un giro di prostituzione organizzato proprio fuori da un obitorio.

Dagli anni Ottanta in poi i successi si moltiplicarono, grazie a film come Splash – Una sirena a Manhattan (1984) che ottiene il decimo posto nella classifica dei film con maggiori incassi di quell’anno e segnò l’esordio della carriera di Tom Hanks. L’anno dopo girò Cocoon – L’energia dell’universo, commedia fantascientifica in cui affronta il delicato tema dell’eterna giovinezza. Il film valse un Premio Oscar come miglior attore non protagonista a Don Ameche, un Oscar per i Migliori effetti speciali e il Premio Giovani al Festival di Venezia.

ANNI ‘90

Negli anni Novanta ottiene fama internazionale con Apollo 13 (1995), celebre film in cui vengono narrate le vicende dell’omonima missione spaziale che fallì a causa di un grave incidente e che mise a rischio la vita dei tre astronauti a bordo della navetta. Il film è stato inserito nella lista del New York Times dei 1000 migliori film di sempre e la celebre battuta “Houston, abbiamo un problema” (“Houston, we have a problem”) è stata inserita, nel 2005, nella lista delle cento migliori citazioni cinematografiche di tutti i tempi stilata dall’American Film Institute. Ottenne numerose nomination e due premi Oscar: Miglior montaggio a Mike Hill e D.P. Hanley e Miglior sonoro. 

Poco tempo dopo propose l’adattamento cinematografico de Il Grinch (2000), il celebre racconto del Dr. Seuss. La sua rappresentazione di questo burbero personaggio con un cuore “di due taglie più piccolo”, interpretato da Jim Carrey, è ad oggi la più celebre versione cinematografica della storia.

IL NUOVO MILLENNIO

Negli anni Duemila Ron Howard è ormai un regista maturo e conferma il proprio successo con grandi film biografici come A Beautiful Mind (2002), in cui troviamo Russell Crowe nei panni del matematico e premio Nobel John Nash. Tramite la storia di Nash, il regista affronta la ricerca del delicato equilibrio tra l’ambizione del successo e l’aprirsi a relazioni interpersonali; equilibrio che è ancora più complesso se ricercato da un genio affetto da schizofrenia. Grazie a questo film, il regista vinse due premi Oscar: Miglior regia e Miglior film. Russell Crowe è anche il protagonista del film successivo: Cinderella Man – Una ragione per lottare (2005), film ispirato alla storia vera del pugile James J. Braddock. La boxe e le sfide del pugile al centro della sceneggiatura diventano un’occasione per mettere in scena il senso di sacrificio, il rispetto per le proprie origini e il riscatto dell’uomo. L’anno successivo è il turno de Il codice da Vinci, basato sull’omonimo romanzo di Dan Brown in cui Robert Langdon (Tom Hanks) deve risolvere alcuni misteri che potrebbero far vacillare le fondamenta del Cristianesimo. Avendo incassato molto al botteghino, Howard diresse anche i sequel Angeli e demoni (2009) e il più recente Inferno (2016). Nel 2013, invece, si dedica alla rivalità sportiva tra due famosi piloti di Formula 1, Niki Lauda e James Hunt, in Rush

Più di recente, il regista si è dedicato alla produzione di documentari. È il caso di Genius (2016) una serie in onda su National Geographic di cui Howard è produttore esecutivo. Ogni episodio è dedicato ad un grande scienziato. Nello stesso anno dirige The Beatles: Eight Days a week, in cui, attraverso filmati rari e inediti, ripercorre l’ascesa dell’indimenticabile gruppo musicale di Liverpool. Restando in ambito musicale, nel 2019 dirige Pavarotti, un docufilm sulla vita del grande tenore italiano.

CONCLUSIONE

Il celebre regista americano è indubbiamente una figura poliedrica, che ha dedicato tutta la sua vita al mondo del cinema, passando dalla recitazione alla regia alla produzione. A saltare all’occhio è l’eterogeneità delle storie trattate e dei generi realizzati, ma ciò che ritorna è la presenza di personaggi profondamente umani, spesso ispirati a storie vere, che si trovano ad affrontare grandi sfide. Tutti i personaggi sono accomunati da un forte senso del dovere, da un grande coraggio e da spirito di sacrificio e lealtà. La straordinarietà di Ron Howard risiede nel voler raccontare il loro punto di vista e nella capacità di generare nello spettatore una connessione profonda con i diversi protagonisti.

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Alessia Agosta, Redattrice