Nella giornata di oggi si festeggia il 75esimo compleanno di un vero e proprio maestro della fotografia, ovvero Roger Deakins. Cogliendo l’occasione vogliamo portarvi a esaminare la sua idea di fotografia cercando di entrare quanto più possibile nella mente di uno dei direttori della fotografia migliori al mondo, per poi approfondire maggiormente la sua filmografia in futuro.

Ma prima di addentrarci nella sua filosofia, mettiamo a fuoco la sua vita e vediamo brevemente come è arrivato a far parte del mondo cinematografico.

Deakins nasce a Torquay, in Inghilterra, nel 24 maggio del 1949 da una madre attrice e un padre costruttore. Fin da piccolo coltiva la passione per la pittura e per questo si iscrive alla scuola di arte e disegno di Bath. Qui sviluppa il suo interesse per la fotografia dimostrando fin da subito un grande talento che lo porta prima a creare un documentario fotografico della città di Torquay e poi a iscriversi e studiare presso la scuola di cinema nel Buckinghamshire. Dopo la laurea inizia la sua carriera lavorando su vari documentari, soprattutto in Africa, per poi spostarsi definitivamente al cinema con il film Sid & Nancy (1986).

Da quel momento inizia la sua incredibile e duratura carriera segnata dal sodalizio con i fratelli Coen iniziato con Barton Fink (1991) e le collaborazioni con registi del calibro di Denis Villeneuve e Sam MendesA ciò si aggiungono le numerose nomination ottenute nei vari festival tra cui si evidenziano le 16 nomination agli Oscar con due sole vittorie nel 2018 e nel 2020 rispettivamente per Blade Runner 2049 (di Denis Villeneuve) e 1917 (di Sam Mendes).

Cerchiamo ora di capire nello specifico cosa rappresenta per Deakins la fotografia e come la utilizza nel proprio lavoro. Per fare ciò procederemo un passo alla volta ripercorrendo, dalle sue interviste, i punti cardine della sua filosofia.

Non riguarda la tecnologia

Come diceva Orson Welles in una famosa intervista, anche Roger Deakins pensa che non ci sia molto da imparare sulla tecnologia dei mezzi che si utilizza o perlomenofa parte della cosa ma non è la parte essenziale. L’essenza della fotografia stessa deriva dalla percezione del pubblico in base all’utilizzo che si fà di essa e non in base alla conoscenza tecnica del mezzo. Per questo Deakins afferma che si può utilizzare un mezzo economico oppure un mezzo molto costoso senza scordarsi che ciò che deve risultare interessante o artisticamente valido è ciò che si vuol far percepire allo spettatore.

L’essenza è creare un’immagine che hai in testa e non un’immagine tecnica”

La rappresentazione della realtà e il paradosso dello scatto

In numerose interviste Deakins si è trovato spesso a ribadire il suo amore per la realtà e la sua volontà nel rappresentarla così com’è piuttosto che modificarla, infatti non è avvezzo all’utilizzo di flash o filtri proprio per catturare la vita così come la vede.

In questo torna molto comoda la sua esperienza documentaristica da cui attinge continuamente per far funzionare le sue idee.

Proprio questa esperienza lo ha portato a pensare all’insieme e non ai singoli scatti che compongono il film, pensando addirittura che se uno spettatore, dopo la visione, nota una bella fotografia, si ha quasi l’impressione di allontanamento dal film, mentre la fotografia dovrebbe fare l’esatto opposto.

“Se i critici non menzionano il tuo lavoro, paradossalmente è meglio”

Interpretare la realtà con l’illuminazione

Come appena detto Deakins è innamorato della realtà. Tuttavia quest’ultima non è replicabile completamente in un set, perciò bisogna costantemente cercare un senso di realtà. Questo vuol dire creare un’atmosfera precisa rimanendo coerente con la vita reale in modo da far immergere profondamente lo spettatore.

Per fare ciò Deakins suggerisce l’utilizzo dell’illuminazione, ma anche in questo caso non si riferisce alla tecnica quanto più all’essenza dell’illuminazione e all’emozione che si vuol far arrivare al pubblico.

Questo lavoro può variare in base alla persona e questo porta all’interpretazione della realtà che però non deve mai risultare insensata (come due ombre senza la luce che le proietta) ma quanto più vicina al mondo reale. Secondo Deakins, questo meccanismo trova la sua massima espressione nelle scene notturne, ritenute da lui stesso difficili proprio per la scarsa illuminazione.

“Per capire la luce e saper illuminare, devi capire come ti fa sentire”

Pianificare per adattarsi

Roger Deakins riflette spesso sull’importanza di pianificare angolazioni, luci, orari di riprese e dettagli di questo genere, ma ribadisce sempre l’importanza del sapersi adattare visto che le cose non vanno sempre come pianificate. Infatti non sempre delle scene gli vengono come le aveva immaginate, tuttavia crede che l’adattarsi a una situazione sia meglio che fissarsi senza accorgersi dell’errore o del miglioramento. 

Quando si parla di adattamento Deakins parla sempre degli incidenti felici di Conrad Hall, direttore della fotografia per American Beauty, che era molto abile nel trovare negli incidenti un perfezionamento o in qualcosa di apparentemente brutto un escamotage che poi risultasse bello in scena.

“Anche la bruttezza può avere una certa bellezza”

Muovere la telecamera in modo preciso

Nel movimento di macchina Deakins vede un modo per comunicare al pubblico un’emozione e in questo prende ispirazione da Jean-Pierre Melville, maestro del noir francese, che spesso viene nominato da Deakins per questo.

Oltre a ciò pensa che muovere troppo la telecamera sia sintomo di povertà di contenuto, infatti è solito usare macchine fisse per lasciare allo spettatore il tempo di godersi la scena sia che si tratti di paesaggi sia di prove attoriali.

Nota è una sua intervista in cui afferma che negli ultimi anni questo fenomeno stia aumentando e che non sia necessario muovere così tanto la macchina da presa se quello che è in scena è magnetico, in questo modo si rischia di distrarre il pubblico dall’’entrare nell’immagine.

“La semplicità è la strada migliore”

L’importanza delle lenti

La scelta delle lenti è molto importante per ogni fotografo ma per Deakins lo è particolarmente, questo perché per lui la lente rappresenta lo sguardo del pubblico e di conseguenza il rapporto tra esso e il soggetto inquadrato. Perciò utilizzare lenti diverse fa provare emozioni differenti allo spettatore, anche se secondo Deakins non se ne tiene conto quanto si dovrebbe e si finisce per fare una fotografia che non imprime sulla pellicola.

“Il problema della fotografia è proprio questo, non pensa all’emozione che può generare al pubblico ma alla tecnica da usare senza però catturare la bellezza dell’immagine e senza aggiungere nulla alla storia, generando una fotografia fine a se stessa.”

Fonti: Wikipedia, IMDB, Varie interviste su YouTube.