Jets e Sharks tornano a scontrarsi al cinema dopo 60 anni, questa volta attraverso l’interpretazione di Steven Spielberg del famoso musical di Broadway, già acclamato nelle sale con il primo adattamento del 1961 diretto da Robert Wise e Jerome Robbins (vincitore di 10 Oscar).

La storia non ha subito troppe modifiche: per le strade di una Manhattan che vive un periodo di rigenerazione urbana scorre un’accesa rivalità tra due bande per il controllo del territorio, i Jets comandatI dal “gringo” Riff (Mike Faist) e gli Sharks guidati dal portoricano Bernardo (David Alvarez). Il conflitto arriva al culmine quando nasce un amore impossibile tra Maria (Rachel Zegler), sorella minore di Bernardo, e Tony (Ansel Elgort), amico di Riff e vecchio componente dei Jets, prima di scontare una pena in carcere e decidere di mettere la testa a posto. I due appartengono a schieramenti opposti che non hanno intenzione di trovare un’intesa se non attraverso la guerra e il sangue, e il loro amore sembra non essere sufficiente a placare l’odio reciproco che infesta queste strade.

La nuova rivisitazione si mostra funzionante ed è da ritenere promossa a pieni voti ma, per quanto Spielberg sia in grado di mantenere la qualità a cui ci ha sempre abituato in passato, il paragone con l’omonimo film del 1961 è d’obbligo. Il premiatissimo primo adattamento resta probabilmente superiore al suo successore che è capace di far rivivere la storia ma senza aggiungere nulla.

La prima cosa importante su cui focalizzarci è l’elemento chiave del film: la musica.

I testi sono molto fedeli agli originali e l’interpretazione canora non fa rimpiangere i tempi passati: ciò che cambia maggiormente sono le coreografie che, con l’aggiunta di cambi di piani, inquadrature e una scenografia più complessa, risultano essere colorate e immerse in un mondo vivo e materico. L’esempio più evidente lo si ha nell’esecuzione della celebre America che, da una scena su un terrazzo che si avvicina maggiormente a un fondale teatrale, nell’opera del 2021 prende vita in mezzo alle strade e alla gente che il testo del brano coinvolge.

A livello corale il reparto attoriale si dimostra all’altezza e porta delle interessanti sorprese.

Tra tutti spicca soprattutto Ariana DeBose in grado di onorare perfettamente il personaggio di Anita con un’interpretazione perfetta, ma non è la sola; da Riff a Bernardo, fino ai vari componenti delle bande, tutti sembrano incarnare in maniera eccellente le vite dei personaggi e dare il meglio di loro (in particolare nei momenti di gruppo) sia nei momenti musicali che non.

Sicuramente molto interessante il lavoro di Rachel Zegler nel ruolo di Maria che, al suo esordio sul grande schermo, dimostra di avere grandi potenzialità e capacità.

L’unica sbavatura si può trovare nel personaggio di Tony (Ansel Elgort) che, se da un lato stupisce per le sue abilità canore, dall’altro inciampa un po’ in alcuni momenti del film in particolare nell’espressività non verbale.

Tra il cast figura anche Rita Moreno, storica interprete di Anita (con cui vinse un Oscar), qui nei panni di Valentina, personaggio inedito di questa versione che va a sostituire la figura di Doc: una scelta molto apprezzata, in particolare per la bravura dell’attrice che fa risaltare il suo personaggio per quanto sia secondario.

In generale a livello qualitativo il film del 1961 e del 2021 sembrano equivalersi ma, se si vuole essere critici, si può trovare un punto da mettere in discussione. La storia mostra uno spaccato della New York degli anni ‘50 e mette in primo piano la grande insofferenza contro lo straniero da parte della gente del posto. Nell’opera del ‘61 questo disprezzo per i portoricani era più marcato e presente non solo tra le fila dei Jets, come si può notare dai commenti del tenente Schrank, che nella versione di Spielberg sono meno diretti e lasciati sottintesi: in generale l’aria fantastica donata dal musical pare celare un minimo l’atmosfera cruda dell’oppressione dei portoricani, trasformando lo scontro tra bande più in una rivalità tra squadre diverse che tra culture diverse. Se da un lato questo piccolissimo dettaglio non snatura il messaggio dell’opera, dall’altro non gli dona nulla di nuovo.

I temi trattati, quali l’odio per lo straniero e il ciclo della violenza come portatrice di altra violenza, sono temi universali e sempre caldi, ed entrambe le versione lo rappresentano in maniera eccellente, per quanto la modernità che mostrava ai suoi tempi il primo adattamento lo portano un gradino più in alto. 

Tirando le somme l’ultima fatica di Spielberg è assolutamente da premiare, risultando essere un prodotto perfetto e godibile che mostra la passione del regista per i musical e in particolare per questa pietra miliare di Broadway. Per quanto poche righe più sopra abbia ritenuto superiore il film del 1961, è da sottolineare come nessuno dei due sia più valido dell’altro e che, se considerati come prodotti in sè, sono sullo stesso piano qualitativo.

Vi invito caldamente ad andare ad ammirare questa bellissima pellicola (e in caso non lo abbiate già fatto a recuperare quella del ‘61) e a perdervi nella storia dei “Romeo e Giulietta newyorkesi” che appassiona Broadway fin dal 1957.

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Alessandro Deppieri, Redattore