Un film sportivo che diverte senza sfruttare del tutto le proprie buone idee
Presentato in autunno alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public e in sala dal 20 marzo, il nuovo film di Marco e Antonio Manetti, realizzato dopo la trilogia di Diabolik è una commedia che porta nuovamente al cinema la ragion di stato italiana: il calcio.
Presente fin dai primi momenti della commedia all’italiana come emblema di una certa decadenza italiana a partire da I soliti Ignoti (la banda che usa Milan – Roma come alibi per coprire i misfatti) e I Mostri (Vittorio Gassman che compra il biglietto per la partita invece che dar da mangiare ai propri figli), il calcio è stato sviscerato in ogni possibile sua forma.
Dalle figure quasi deplorevoli presenti nelle commedie di Luigi Filippo d’Amico (Il Presidente del Borgorosso Football Club o L’Arbitro) a quelle patetiche e macchiettistiche dei film di Pier Francesco Pingitore (Il tifoso, l’arbitro e il calciatore) e Nando Cicero (Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento), dall’Oronzo Canà interpretato da Lino Banfi in L’Allenatore nel Pallone Sergio Martino ai tifosi interpretati da Diego Abadantuono in Eccezzziunale… veramente di Carlo Vanzina (e rispettivi seguiti). Dai Tifosi di Neri Parenti agli Ultrà di Ricky Tognazzi fino ai quasi omonimi Ultras di Francesco Lettieri, da Ultimo Minuto di Pupi Avati a L’Uomo in Più di Paolo Sorrentino, dal Roberto Baggio ne Il Divin Codino al Totti della serie tv Speravo de mori’ prima, dai risvolti criminali de La Partita ad un rapporto allenatore-giocatore ribelle (Accorsi e Carpenzano) in Il Campione. Ed è proprio di un campione testa calda che si parla in U.S. Palmese.
Etienne Morville (Blaise Alfonso) è un calciatore di fama internazionale. Cresciuto in una banlieu parigina, il suo talento è stato ostacolato sempre da un carattere aggressivo e da comportamenti irresponsabili fuori dal campo. Dopo averne combinata una di troppo ed essere stato messo fuori squadra, Etienne è convinto dal suo agente ad accettare un’offerta assurda per ripulirsi l’immagine: passare dalla serie A ad una squadra di dilettanti calabrese, la U.S. Palmese. Gli abitanti della cittadina, infatti, guidati dal pensionato don Vincenzo (Rocco Papaleo), hanno raccolto i 5 milioni di euro necessari ad ingaggiarlo.
È inutile spendere troppe parole sulla struttura narrativa del film, dato che si gioca a carte scoperta su due cliché del film sportivo: da una parte il campione arrogante che scopre (o in questo caso riscopre) il valore dei rapporti umani e la passione verso il proprio sport che sembrava aver perso, dall’altra gli underdog che finiscono per vincere (o arrivare molto vicino a vincere, lo lasciamo scoprire a voi) il campionato da sfavoriti.
Sicuramente desta molta simpatia il sottobosco della cittadina parmisana, luogo di origine della mamma dei Manetti, interpretato da un gruppo di attori tutt’altro che calabresi (Gianfelice Imparato, Massimiliano Bruno, Massimo De Lorenzo), e anche la squadra (il portiere-pescatore inquadrato come un modello di Dolce & Gabbana, unico forte in una squadra di scarponi). Come in qualsiasi film in cui è presente, difficile non considerare il cosentino Max Mazzotta, qui l’allenatore della Palmese, il migliore sullo schermo. Percepiamo la clama e la ripetitività di un paese che resta sempre uguale a sé stesso nel bene e nel male, che trova nella sua squadra di dilettanti la sua ragion di vita come nell’Indiana di Hoosiers la cittadina la trovava nella squadra di basket del liceo.
Di contro sono sempre bravi i Manetti ad inquadrare una certa categoria di cafoni arricchiti nel loro luogo di elezione: la Roma dei finti anni ’70 nei videoclip di Piotta e dei Flaminio Maphia vent’anni fa, la Napoli dei neomelodici in Song ‘e Napule e Ammore e Malavita negli anni ’10, la Milano dei calciatori e dei tiktoker sulla Terrazza Aperol oggi. Ed è sicuramente azzeccato presentarci Morville facendolo parcheggiare una Aventador verde-nera (gli stessi colori della Palmese) sul parcheggio disabili davanti al ristorante di Rosy Chin mentre ascolta Rockstar di Sfera Ebbasta.
Veniamo però alla domanda fondamentale: come è stato inquadrato il pallone? Si guarda dichiaratamente a Holly e Benji (e a Shaolin Soccer anche se i registi non apprezzano) tra dilatazioni assurde, mosse firma (la mitica Houdini di Morville) e scie di energia nei tiri. La cosa che ci salta di più all’occhio sono quelle piccole digressioni sulla vita degli avversari durante la partita che ci spiazzano completamente, e avremmo voluto vedere più spesso, il film dura pure un bel po’ e sembra comunque che molte idee siano state troncate. Si cerca di parlare sia a chi il calcio lo conosce (inserendoci mezzo cast di Sky Calcio dentro) sia a chi lo rifiuta (trovatelo voi un telecronista dei dilettanti calabresi che parli così).
U.S. Palmese non riscriverà la storia del film sportivo, né resterà una pietra miliare della carriera dei nostri, ma sicuramente c’è del cuore e poteva andare molto peggio. Poteva venire fuori Chi Segna Vince.

Scrivi un commento