Nati nel 1984 e divenuti famosissimi nei successivi anni ’90 grazie alle action figure ed alle serie animate, i Transformers ideati dalla Hasbro ebbero una seconda vita quando, nel 2007, Michael Bay li trasportò al cinema con un adattamento in live action. Odiati da molti ed amati da tanti, il Bay-verse durò dieci anni concludendosi con l’uscita de L’ultimo cavaliere, una delle pellicole meno apprezzate di tutta la filmografia di Bay e criticata anche dai fan più appassionati. Quando l’anno dopo approda quindi nelle sale Bumblebee – la cui regia venne affidata a Travis Knight – fu come un fulmine a ciel sereno: si trattava infatti di un godibilissimo film d’azione che si poneva come prequel – anche se i collegamenti narrativi si rivelarono quasi del tutto nulli, cambiando anche il design di diversi robot rendendoli più fedeli alle versioni animate – raccontando una storia completamente distaccata e con una struttura che ricorda molto da vicino quanto mostrato in molti film d’avventura degli anni ’80. Non sorprende quindi che, visto l’enorme successo della pellicola, si sia deciso di continuare su questa strada portando ora in sala Transformers: Il risveglio, sequel diretto di Bumblebee affidato per l’occasione a Steven Caple Jr. la regia. Purtroppo però in questo caso non tutto sembra essere andato per il verso giusto.

Chi troppo vuole…

Abbandonata le spiagge soleggiate di Los Angeles degli anni ’80 questo nuovo capitolo ci trasporta nella grigia e caotica New York del 1994, forse uno degli elementi più interessanti della pellicola grazie alla decisione di raccontare – senza mai cedere troppo nel dramma – la periferia newyorkese e la vita delle minoranze con l’esclusione da certi ambiti lavorativi, lo sfruttamento in altri e le difficoltà nel gestire le spese mediche del sistema sanitario americano. Ci si barcamena quindi tra Noah Diaz (Anthony Ramos), ex-militare esperto di elettronica che si ritrova nel mondo della compravendita illegale di auto da corsa, e Elena Wallace (Dominique Fishback), una stagista in un museo di storia che si imbatte in un misterioso artefatto legato ai Maximal – una razza di animali robotici avanzati già presente nei prodotti d’animazione ma qui introdotti per la prima volta in live action – le cui rispettive strade finiranno inevitabilmente per intrecciarsi con quelle del gruppo di Autobot capitanati da Optimus Prime in esilio sulla Terra.

Abbandonata la semplicità – funzionale – del capitolo precedente, Il risveglio imbastisce quindi una narrazione che cerca di rendere tutti protagonisti e importanti allo stesso tempo, che si tratti dei due personaggi umani, degli Autobot o dei Maximal, generando così un effetto autodistruttivo che porta esattamente al risultato opposto. Dove Elena mantiene, grazie alle sue conoscenze storiche, un’effettiva importanza per quasi tutta la pellicola, Noah non regge certo il contrasto con la Charlie di Bumblebee sia a livello recitativo, in cui Hailee Steinfeld rimane diverse spanne sopra, sia a livello narrativo, portando lo spettatore a chiedersi continuamente per quale motivo lui sia assieme ai Transformers in questa loro avventura. Anche tra le fila dei robot la decisione di lasciare da parte per la quasi totalità del film Bumblebee – da sempre uno dei personaggi più amati – in favore di Mirage, apprezzabile ma fin troppo stupido, e di caratterizzare Optimus Prime come un leader poco incisivo ed in crisi d’identità – rendendolo così di fatto davvero poco influente ai fini della trama – non aiuta a creare l’empatia tanto apprezzata nel capitolo precedente. 

A questo bisogna poi aggiungere il risvolto avventuroso, con i personaggi in viaggio per diverse località del mondo alla ricerca di antichi manufatti provenienti da altri universi con l’inserimento di elementi a metà tra Indiana Jones e La Mummia (parliamo ovviamente di quello con Brendan Fraser protagonista) ma che finisce per creare nel complesso una narrazione davvero troppo dispersiva e caotica, non supportata poi da un ritmo adeguato che fa risultare la pellicola agli occhi dello spettatore molto più lunga e lenta di quanto in realtà non sia.

Fast And Robots

Abbandonata è anche l’ottima e chiara regia di Knight a cui con non poca difficoltà cerca di tener testa Caple Jr., con alcuni combattimenti che sfruttano eccessivamente l’effetto in slow motion e che si mostrano in alcuni frangenti eccessivamente caotici ma riuscendo nel complesso a risollevarsi grazie ad un gradevole inseguimento stradale (che ricorda i fasti della Fast Saga) e con l’ottima battaglia campale sul finale in cui si riesce finalmente a percepire l’epicità che ci si aspetta da un film di questo tipo. Nonostante tutto preme comunque sottolineare come siamo ben lontani dall’ingestibile caos visivo di Bay. 

Il design dei Transformers, come accennato sopra, strizza fortemente l’occhio ai fan di vecchia data, abbandonando il look metallico e riflettente in favore di uno più cartoonish ma che si amalgama comunque bene con gli sfondi e gli attori, anche se in alcuni frangenti la CGI mostra un po’ il fianco a qualche sbavatura. Decisamente anonimi sono invece i design dei villain, sia degli scagnozzi completamente in tinta unita sia di Unicron, il dio oscuro mangia pianeti, reso con un effetto simile a Dormammu in Doctor Strange (Scott Derrickson, 2016) o al Galactus di I Fantastici 4 e Silver Surfer (Tim Story, 2007) molto più vicino ai film di Bay ed eliminando quindi completamente tutto il carisma derivante del design originale.

Elemento di forza del film è invece la colonna sonora, calzante sia nella caratterizzazione dei paesaggi urbani con musicalità rap del periodo sia con brani più propriamente epici per le sequenze più esplosive o d’esplorazione.

Conclusioni

Dopo un godibilissimo Bumblebee, i robottoni di casa Hasbro tornano sul grande schermo facendo però un balzo indietro con una storia tanto articolata e confusionaria da annoiare lo spettatore che a fatica riesce a legarsi ai nuovi personaggi ma anche a quelli storici, qui scritti in maniera del tutto caotica. Si rialza leggermente la situazione sul fronte tecnico, con alcune sequenze d’azione cariche d’adrenalina affiancate ad altre invece spesso confusionarie e meno riuscite, il tutto accompagnato da una CGI buona nei design dei robot ma che inciampa in più di un’occasione nei momenti più concitati. Transformers: Il risveglio non è quindi da buttare, ma è un film consigliato soltanto a cui è già fan dei personaggi e che quindi si accontenta con facilità di vedere robot giganteschi che si sparano e si picchiano, consci del fatto che usciti dalla sala ci si dimenticherà già ciò che si è appena visto.

P.S.: Vale però la pena rimanere alcuni minuti durante i titoli di coda, in quanto durante una scena post-credit avviene un interessante cameo che potrebbe portare a risvolti futuri da tenere d’occhio.

Mattia Bianconi
Mattia Bianconi,
Redattore.