Basato sul romanzo autobiografico Il bar delle grandi speranze, del giornalista premio pulitzer John Joseph Moeringer, The Tender Bar è l’ultimo film da regista di George Clooney. Dopo il fantascientifico The Midnight Sky, l’attore e regista torna a esplorare un terreno a lui familiare: l’affresco di un lato non così conosciuto dell’american way of life.
Affresco che si sviluppa come un classico racconto di formazione, quella di J.R. (Daniel Ranieri da bambino, Tye Sheridan da ragazzo), abbandonato dal padre disc jockey che sente solo alla radio e cresciuto dalla madre (Lily Rabe) nella casa del burbero nonno, tra una miriade di cugini. Tra le figure che si avvicendano nella sua crescita spicca lo zio Charlie (Ben Affleck), proprietario di un bar frequentato da varia umanità: colto lettore, voce di una saggezza popolare da strada, semplice e acuta allo stesso tempo, che mastica verità sulla vita e le insegna al nipote e a tutti i personaggi che frequentano il suo bar. Grazie allo zio, J.R. scopre l’amore per la lettura e l’aspirazione a diventare uno scrittore, cerca di venire a capo del suo primo amore ma soprattutto impara come si diventa un uomo.
ELEGIA AMERICANA
George Clooney ha già dimostrato di saper essere un regista di grande intelligenza: film come Confessioni di una mente pericolosa, Good night, and good luck e Idi di Marzo (ma anche il poco riuscito Suburbicon) sono film rappresentativi di una precisa poetica (e una precisa visione politica) che mette al centro la vita e la cultura USA. Nei suoi quadri di vita statunitense, George Clooney predilige o le figure eroiche, che rappresentano un ideale umano, oppure, al contrario, figure meschine che ne descrivono il rovesciamento. La storia di J.R. vorrebbe essere il racconto dell’avverarsi di un sogno americano, attraverso vicissitudini personali e abbagli di realizzazioni impossibili e fasulle.
Racconto sostenuto principalmente dalle interpretazioni di Tye Sheridan e, soprattutto, di un Ben Affleckraramente così spontaneo e credibile nel ruolo, cuore del film e principale pregio di una pellicola altrimenti piuttosto superficiale e blanda.
UN RACCONTO DI FORMAZIONE AL SACCAROSIO
Il ritratto che esce della provincia statunitense è, infatti, di ben scarso interesse rispetto alle intenzioni dei suoi autori. Le figure sullo sfondo del bar delle grandi speranze sono solo questo: figure, troppo generiche per essere veri personaggi a tutto tondo. Nonostante questo il problema non sta tanto nella regia di George Clooney -capace ma altalenante: alcuni interessanti campi lunghi e dei movimenti di macchina che vorrebbero ricordare Scorsese compensano solo in parte una regia perlopiù piatta-, o nell’atmosfera suffusa di nostalgia, o nella sceneggiatura di William Monahan (The Departed, Le Crociate); il problema sembra stare proprio alla base, a una storia priva di reale mordente, e senza un autentico aggancio emotivo a parte accenni sentimentali ed efficaci momenti di analisi psicologica e sociale. Chi scrive non ha letto il romanzo di John Joseph Moeringer, per cui non si vuole ascrivere demeriti del film alla sua origine letteraria: è vero che spesso non conta cosa si racconta ma il come; tuttavia, la storia così com’è non appare meritevole di essere raccontata. In conclusione, The Tender Bar non è un brutto film, ma sotto la sua estetica sentimentale e le interpretazioni principali c’è poco.
Questo articolo è stato scritto da:
Scrivi un commento