sparkle (v): brillare, luccicare, scintillare, risplendere.

“Impossibile da dimenticare”, “Ti cambierà la vita”, “Più rosa di Barbie, più dark di Povere Creature”, “L’esperienza cinematografica dell’anno”. Ne abbiamo sentito parlare in ogni salsa, ma alla fine questo The Substance cos’è? Un terrificante horror, un’opera satirica, o per come la vedono i Golden Globes, una commedia? Forse la definizione più azzeccata è quella di delirio, ma un delirio incredibilmente coerente e profondo, particolarmente disturbante e dal fascino irresistibile.

Activate once, stabilize every day

Elisabeth Sparkle (Demi Moore) ha appena compiuto cinquant’anni e già da un po’ la sua fortunata carriera di attrice l’ha portata a essere il volto di un programma di fitness in tv. Il mondo dello spettacolo corre veloce, mastica e sputa con violenza tutti coloro che vi si addentrano, e anche Elisabeth sta per subire lo stesso trattamento: ha superato da tempo i trent’anni, non ha più un corpo e un volto giovane, come dice il suo datore di lavoro Harvey (Dennis Quaid) quel qualcosa in lei non c’è più. Può mai finire una carriera di successo nello spettacolo per un processo che coinvolge il mondo intero, la vecchiaia? Elisabeth non vuole accettare questa fine, non può credere che l’azienda l’abbia licenziata con un mazzo di fiori e un biglietto con scritto “sei stata fantastica”. Spunta presto un’altra possibilità: un farmaco sperimentale, “la sostanza”, che ricorda un po’ il fluido di Re-Animator, in grado di trasformare chiunque lo assuma in una versione migliore e più perfetta di se stesso. Elisabeth non perde tempo, le basta telefonare un numero e subito è pronta a farsi l’iniezione sul lavandino del bagno: ora non si torna più indietro. La schiena della donna si contorce, la sua pupilla si divide in due, dal suo corpo ne nasce un altro, quello di una ragazza perfetta, splendida, giovane, sempre Elisabeth ma di nome Sue (Margaret Qualley). Quella che ci troviamo davanti non è una metamorfosi, bensì uno scambio di corpi: la nostra protagonista dovrà imparare a essere Elisabeth e Sue insieme, una settimana a testa, stabilizzando il suo nuovo corpo ogni giorno tramite una somministrazione di fluido cerebrospinale del “vecchio corpo”. Dovrà scambiarsi tra i due “involucri” ogni sette giorni, senza nessuna eccezione. Eppure è così difficile abbandonare il corpo perfetto della giovane Sue, con un seno alto, un sedere sodo, delle gambe snelle e le labbra costantemente glossate. È un corpo perfetto per lo spettacolo, perfetto per l’azienda e per il programma tv di fitness. Cosa potrà mai andare storto se si restasse solo un giorno in più nel corpo di Sue? Solo un giorno, o forse un paio, o magari un’altra settimana. Non potrà mai accadere nulla di così terribile, giusto?

Younger, beautiful, perfect

La bellezza a tutti i costi, fino a devastare completamente il proprio corpo e la propria psiche, e tutto per amore dell’intrattenimento, per soddisfare il piacere altrui. Elisabeth Sparkle, come una Norma Desmond sul suo Viale del tramonto, rifiutata dal mondo che l’aveva accolta e portata tra le stelle, decide di fare uso del siero The Substance spinta dalla disperazione più totale: il suo unico desiderio in quel momento è essere di nuovo bella, giovane e senza imperfezioni, così da essere ancora una volta ammirata come una stella. Poi “nasce” Sue, un vortice di energia che investe il mondo dello spettacolo e diventa il volto dei cartelloni promozionali più grandi della città, il gioiello dei palinsesti, l’orgoglio dell’azienda e di Harvey, un uomo viscido ma molto potente. Elisabeth e Sue iniziano a odiarsi, nonostante all’interno dei loro corpi ci sia la stessa coscienza. La mente della protagonista si spacca in due, scivolando pian piano in un delirio angosciante fatto di scelte che scateneranno conseguenze terribili. La costante e dolorosa ricerca della perfezione assoluta è ciò che guida The Substance dall’inizio alla fine, una fatica di Sisifo che inevitabilmente finisce per fallire: ora c’è Sue con un corpo sempre perfetto, ma Elisabeth si sta letteralmente deteriorando, dentro e fuori, è una sorta di ritratto di Dorian Gray vivente. Conquistare la perfezione è impossibile, lungo la sua ricerca si vuole sempre di più, fino ad arrivare all’autodistruzione.

Non è difficile capire che questo sia un meccanismo molto comune nel mondo dello spettacolo, in cui l’aspetto esteriore svolge un ruolo centrale, in cui le figure di punta, principalmente donne, sono spinte a tentare con ogni mezzo di essere sempre perfette e sempre giovani, per soddisfare standard di bellezza a cui è praticamente impossibile arrivare. Possiamo solo immaginare quante donne abbiano subito lo stesso trattamento di Elisabeth, colpevole di aver compiuto cinquant’anni, età a partire dalla quale inizierà a odiare il giorno del suo compleanno e il suo corpo non più perfetto. Il body-horror e tutto ciò che comporta, anche gli aspetti più disgustosi, trovano uno spazio di manovra gigantesco in The Substance, estremizzano e criticano tutti gli aspetti della pressione sociale alla bellezza assoluta. Un cinema che parla di se stesso, esamina ogni suo strato, rivoltandolo al contrario e poi facendolo completamente a pezzi, con una climax ascendente che porta a un finale allucinante. Esattamente ciò che ci succede quando portiamo il nostro corpo e la nostra mente allo stremo delle forze, quando ci guardiamo allo specchio e tutto ciò che vediamo è solo qualcosa che potrebbe essere più giovane, più bello, più perfetto.

Interpretazioni impeccabili, immagini da liminal spaces

Coralie Fargeat dirige un film disturbante, profondo, angosciante, ma anche ironico e critico. Demi Moore regala una performance meravigliosa, il suo sguardo è ciò che la rende potente, quando osserva e disprezza l’immagine di Sue come fosse un affronto. Margaret Qualley conquista il pubblico immaginario del film, ma anche quello della realtà, scalando la classifica dei “nuovi volti” più promettenti del cinema contemporaneo. Insieme a loro un fantastico Dennis Quaid, che riesce a essere una delle figure più disgustose del film semplicemente mangiando gamberetti immersi nella maionese; si dice che quando arriviamo a odiare un personaggio l’attore che lo interpreta ha fatto un ottimo lavoro, e in questo caso non possiamo che essere d’accordo.

I costumi di Elisabeth e Sue sembrano parlare: la prima ha sempre con sé il suo bellissimo cappotto giallo, un colore allegro e vivace ma alla lunga quasi stomachevole e nauseante; la seconda esordisce con un abito rosa luminoso, dolce e femminile, ma anche ingombrante e in grado di attirare l’attenzione in un lampo. Elisabeth indossa quasi sempre un bel rossetto rosso opaco, mentre Sue ha le labbra sempre glossate e luccicanti.

La regia di Fargeat è travolgente, predilige spazi che a un primo sguardo sembrano ampi e ariosi, ma a poco a poco si fanno inquietanti, opprimenti, e le loro scelte di design peculiari li fanno assomigliare sempre di più a degli spazi liminali, familiari ma non abbastanza da essere rassicuranti. I lunghi corridoi senza fine ci fanno venire in mente Shining, così come i tappeti colorati con ghirigori arancioni e la quantità impressionante di sangue che si vede sullo schermo, forse il triplo di quello che sgorgava dagli ascensori dell’Overlook Hotel. Fargeat ha amato condire il film con numerose citazioni, alcune più semplici da individuare, altre più sottili, e sarà divertente per gli spettatori andare alla loro ricerca. Importante nota di apprezzamento per la scelta di girare determinate scene utilizzando effetti speciali pratici: il body-horror fatto in questo modo ha senza alcun dubbio un certo effetto in più.

Candidato di recente ai Golden Globes per miglior film commedia/musicale, The Substance è arrivato ufficialmente nei cinema italiani il 30 ottobre, giusto in tempo per Halloween. Vederlo in sala è un’esperienza da non perdere.

Renata Capanna,
Redattrice.