Adattare un videogioco sotto forma di film o serie tv non è mai stato un compito facile, soprattutto se in live action. Ne sono esempio Super Mario Bros (Annabel Jankel & Rocky Morton, 1993), le pellicole di Uwe Boll da House Of The Dead a Far Cry, la saga dedicata a Resident Evil diretta da Paul W. S. Anderson o il recente adattamento di Netflix. Qualcosa negli anni era comunque riuscito a distinguersi, come Silent Hill (Christophe Gans, 2006), Resident Evil: Welcome To Raccoon City (Johannes Roberts, 2021), Uncharted (Ruben Fleischer, 2022) o la serie tv Halo prodotta da Paramount+. Tuttavia ci si è sempre ritrovati di fronte a prodotti interessanti ma comunque problematici o che si distanziavano in maniera netta dal materiale di partenza.

La notizia dell’intenzione di adattare The Last Of Us, da molti ritenuto uno dei più grandi capolavori recenti dell’industria videoludica, generò molta paura soprattutto negli appassionati. L’intenzione però di sviluppare una serie e non una singola pellicola e di affidarla ad un team di HBO in stretto contatto con i creatori stessi del videogioco aiutarono a placare gli animi e a creare un’enorme attesa per l’uscita della serie.

Adattare una storia

1968. Durante un talk show televisivo, con fredda cinicità il dottor Neuman racconta di come l’essere umano negli anni sia stato capace di sopravvivere a numerose pandemie virali, trovando sempre un modo per sopravvivere e vincere, e di come, invece, in caso di una evoluzione genetica da parte dei funghi, risulterebbe impossibile salvarsi e che soccombere sarebbe l’unico destino possibile per l’uomo. Nel 2003 l’agghiacciante previsione di Neuman diviene realtà: una mutazione del Cordyceps permette al fungo di prendere il controllo degli umani, rendendoli così dei gusci vuoti a caccia di nuovi terreni da contaminare. Saltando avanti di vent’anni la serie ci porta quindi nell’effettivo presente narrativo, nel 2023, in un’America devastata e selvaggia che lo spettatore attraverserà assieme a Joel (Pedro Pascal) ed Ellie (Bella Ramsey), una quattordicenne immune all’infezione, nel tentativo di raggiungere un lontano ospedale in cui poter creare un vaccino studiando le cause dell’immunità della teenager.

Se da un lato la storia del videogame The Last Of Us presentava di già una forte impostazione cinematografica, con lunghe cutscene, personaggi approfonditi ed una narrazione centrale nell’esperienza di gioco, tutto questo veniva al tempo stesso accompagnato da un gameplay che permetteva di vivere direttamente il viaggio, condividendo momenti di fatica e di terrore assieme alla piccola Ellie, creando così un forte legame tra il giocatore ed i personaggi. Non è di certo impossibile fare ciò anche all’interno di un medium passivo come quello televisivo, ma si presentava l’inevitabile necessità di “riscrivere” alcuni momenti della narrazione che il team ha sapientemente sfruttato per inserire alcuni cambiamenti – l’esistenza ed il ruolo di Jacksonville, la storia di Bill e Frank, le modalità di contagio, la malattia di Sam – ma anche alcune sequenze del tutto nuove, come i flashback sulle origini dell’infezione o la nascita di Ellie.

Il legame tra il videogioco e la serie è poi ulteriormente rimarcato dai diversi cameo degli attori “originali”, da Troy Baker e Ashley Williams (gli originali Joel ed Ellie qui nei panni, rispettivamente, del braccio destro di David e della madre di Ellie) a Merle Dandridge che riveste anche qui i panni della leader delle Luci Marlene, e dalla fedeltà con cui il reparto costumi e trucco ha trasposto su schermo i personaggi ma soprattutto i mostri, realizzati con l’ausilio di trucco prostetico e pochissima computer grafica.

Una storia di contraddizioni

Dietro una facciata fatta di città devastate e pericolosi infetti, la serie racconta – in maniera lampante – una storia al cui centro si trovano i personaggi, con le proprie contraddizioni ed il loro costante evolversi: Joel, chiuso, cinico e senza legami si ritrova a superare il lutto e ad affezionarsi alla giovane Ellie, persa in un mondo per cui non vuole combattere e che accetta con il proseguire del viaggio il suo destino di “predestinata”. Ma accanto a loro si trovano numerosi personaggi secondari che rappresentano appieno le contraddizioni dell’animo umano, come Bill, salvatosi dall’infezione grazie alle suo isolazionismo paranoico che rischia la vita pur di stare accanto alla persona di cui si innamora, Kahtleen, desiderosa di “liberare il popolo” dalla violenza dell’occupazione militare e che finisce però per usare gli stessi mezzi, Tess, disposta ad uccidere e sacrificare chiunque per sopravvivere che però mette in pericolo se stessa pur di salvare Joel e Ellie, o David, fanatico religioso ossessionato da Dio e la vita di comunità che si rivela un sadico cannibale.

L’ottima scrittura viene poi supportata da un cast eccezionale, su tutti la coppia Pascal/Ramsey che mette in scena un’interpretazione che non sfigura minimamente rispetto alla controparte videoludica, capace di donare grande impatto emotivo anche alle sequenze minori, e da una messa in scena sempre ottima, grazie all’eccelso lavoro svolto dal team di registi – tra cui si annovera anche quello di Neil Druckmann, direttore creativo dei videogiochi a cui si ispira la serie.

Conclusioni

The Last Of Us riesce dove tanti prima di lei avevano fallito: creare un buon adattamento da un videogioco, capace di conquistare sia i fan dell’opera originale che un pubblico di novizi. La storia del gioco viene ripresa in gran parte in maniera identica, apportando i giusti cambiamenti per rendere il tutto più godibile attraverso il medium televisivo, mantenendo intatta l’atmosfera originale anche grazie all’eccellente lavoro svolto da parte dei costumisti e dei truccatori. Ciliegina sulla torta è poi l’interpretazione degli attori, grazie alla quale vengono create sequenze memorabili che rimarranno impresse nella mente dello spettatore per parecchio tempo.

Siamo insomma davanti ad un punto di svolta effettivo: The Last Of Us è il primo adattamento videoludico che funziona in ogni sua parte, ponendosi come ottima opera parallela all’originale e aprendo le porte ad un futuro decisamente roseo.

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Mattia Bianconi, Redattore