Nell’industria cinematografica contemporanea risulta, ormai, estremamente difficile creare un prodotto innovativo e d’avanguardia in contesti particolarmente schematizzati e codificati. Se è più semplice assistere a pellicole che si distaccano dai canoni classici nella forma e nella struttura in generi come il biopic (basti pensare al lavoro di Aaron Sorkin, con Steve Jobs del 2015 e The Social Network del 2010) o la fantascienza, lo stesso non si può dire per opere che si inseriscono in filoni storici come il western o, appunto, il fantasy. 

Nonostante, quindi, questa innegabile difficoltà intrinseca, esistono registi che cercano di sovvertire alcuni dei grandi stilemi del cinema di genere per creare qualcosa di nuovo e David Lowery, con questo The Green Knight, punta decisamente a portare nuova linfa ad un linguaggio cinematografico che sembrava aver esaurito le proprie cartucce. 

Sir Gawain e il Cavaliere Verde -questo il titolo orribilmente tradotto in italiano- infatti, è un film fantasy atipico, scuro, sporco e anti-epico, che mette in scena un adattamento del poema cavalleresco facente parte del Ciclo Arturiano, da cui prende il nome. La storia narrata è appunto quella di Sir Galvano, giovane nipote di Re Artù, che durante un banchetto accetta la sfida del misterioso e mostruoso Cavaliere Verde: egli si lascerà colpire e decapitare senza battere ciglio, a patto che un anno dopo Gawain si presenti in un punto prestabilito per ricevere il medesimo colpo. 

Contro ogni logica però, dopo il fendente del giovane, il Cavaliere Verde raccoglierà la propria testa da terra e lascerà la corte del Re a cavallo, ricordando a Galvano la promessa stipulata. 

Appare chiaro già fin dalle premesse, dunque, come il film si muova su un sentiero già ampiamente battuto, nel quale l’iconografia classica a livello di immaginario visivo e narrativo è particolarmente familiare allo spettatore. Il pensiero, infatti, non può che andare a la trilogia de Il Signore degli Anelli, monolitico spartiacque e, per certi versi, capostipite del genere con il suo racconto epico, le sue battaglie indimenticabili e il suo mare magnum di personaggi. 

In The Green Knight, però, non vi è nulla di simile, Lowery mette in scena un racconto cavalleresco dandogli un taglio più intimista, mettendo da parte la narrazione delle grandi gesta eroiche per concentrarsi maggiormente sull’uomo dentro l’armatura. 

Nel far ciò il regista è aiutato da un Dev Patel (The Millionaire) in ottima forma: il Sir Gawain interpretato dall’attore britannico è indubbiamente uno dei punti di forza maggiori della pellicola, la quale si poggia quasi interamente sulla convincente prova del protagonista che riesce a dipingere un personaggio fallibile, inesperto e spaventato, senza risultare macchiettistico. 

Nonostante, quindi, egli funzioni molto bene nel ruolo del cavaliere atipico, dimostrando un physique du role inaspettato e piacevolmente sorprendente, lo stesso purtroppo non si può dire per il resto del cast che, pur vantando nomi prestigiosi come Alicia Vikander, Joel Edgerton e il novello Eterno Barry Keoghan, non riesce a lasciare il segno e si limita a fare da contorno al One-Man Show di Dev Patel. Eccezione doverosa, però, va fatta per il Re Artù di Sean Harris, ormai attore esperto nell’interpretare personaggi medievali, e per la Ginevra di Kate Dickie: due caratteri decisamente anti-canonici che, nonostante uno screentime particolarmente ristretto, riescono a rubare la scena ogni qual volta la macchina da presa indugia su di loro. 

Questa mancanza di incisività dei personaggi secondari è collegata a quella che è la problematica più spinosa del film, ovvero la sceneggiatura (scritta dallo stesso Lowery). La narrazione, infatti, segue lo schema classico del poema cavalleresco medievale, ovvero, in seguito alla chiamata all’avventura, il protagonista si imbarca in un viaggio estremamente pericoloso per guadagnarsi l’onore e il riconoscimento dei suoi pari. Nel fare ciò il prode cavaliere si troverà ad affrontare numerosi ostacoli, il superamento dei quali dimostrerà la sua forza, il suo coraggio e la sua purezza d’animo per riconoscersi degno di raggiungere l’obiettivo.

Nonostante l’interessante ribaltamento della figura di Sir Gawain, che abbatte la classica rappresentazione del cavaliere senza macchia rivelandosi decisamente sprovvisto di audacia, intelligenza e moralità, la sceneggiatura non riesce a costruire un racconto fluido ed interessante dall’inizio alla fine della pellicola. 

La struttura episodica della narrazione non convince pienamente, più per come è realizzata piuttosto che per l’idea in sé: la temporalità e la spazialità del viaggio intrapreso da Dev Patel si perdono, i dialoghi sono pochi ed ermetici, mentre la simbologia è folta e complessa, soprattutto per uno spettatore medio che poco si intende di allegorie medievali. Tutto ciò, unito a una serie di avvenimenti non perfettamente coerenti con lo svolgimento narrativo, concorre a rendere la sezione centrale del film più un susseguirsi di sequenze oniriche, piuttosto che vero e proprio viaggio attraverso un mondo fantasy

Nonostante una sceneggiatura un po’ ballerina, la pellicola mette in mostra un comparto tecnico sicuramente buono, fatto di una fotografia interessante che riesce a muoversi attraverso una palette di colori particolarmente ampia e suggestiva e di un montaggio che –soprattutto nel primo e nel terzo atto- lavora in maniera notevole, regalando qualche sequenza davvero sopra la media (su tutte il banchetto di Artù e l’arrivo del Cavaliere Verde). La regia si attesta su un buon livello, anche se qualche scivolone rimane e resta più di un dubbio su alcune scelte stilistiche prese da Lowery.

Top & Flop di questo The Green Knight sicuramente rappresentato da una colonna sonora sugli scudi, puntuale, mai invasiva e nel complesso un eccellente commento musicale; al contrario gli effetti in computer grafica non convincono e danno uno sgradito sapore video ludico sia ai paesaggi sia alle creature realizzate in digitale. 

Breve menzione d’onore per il reparto costumi che dona al Cavaliere Verde un look memorabile che vale, da solo, il proverbiale prezzo del biglietto (o, come in questo caso, dell’abbonamento).

In conclusione questa pellicola riesce, in parte, a prendere le distanze da certi stilemi classici e a dare un’interpretazione diversa di un genere che sembrava ormai stagnante, risultando indubbiamente una delle opere fantasy più innovative degli ultimi anni che, purtroppo, paga il mancato passaggio nelle sale e la distribuzione diretta su Prime Video (clicca qui per abbonarti): la visione su piccolo schermo, infatti, non permette al film di esprimere al meglio il suo maggiore punto di forza, ovvero il suo potenziale visivo.

Al netto dei difetti in fase di scrittura, questo The Green Knight resta sicuramente un prodotto valido ed interessante per tutti gli amanti del genere, mentre potrebbe essere qualcosa di un po’ più ostico per lo spettatore non appassionato. 

Questo articolo è stato scritto da:

Alessandro Catana, Caporedattore