The Crowded Room è la nuova miniserie di 10 episodi, uscita in esclusiva questa estate su Apple TV+, di Akiva Goldsman. È stata scritta sulla base di The Minds of Billy Milligan di Daniel Keyes, la biografia del criminale statunitense Bill Milligan.
Siamo negli anni Settanta e Danny (Tom Holland) è appena stato arrestato, apparentemente per aver partecipato a una sparatoria di fronte a Rockfeller Center. La cornice dei primi episodi è la stanza in cui la psicologa Rya (Amanda Seyfried) lo interroga prima del processo e cerca di scavare nel passato del ragazzo, visibilmente spaesato. Ogni flashback, attraverso cui ricostruiamo l’infanzia traumatica di Danny e i fatti che l’hanno portato all’arresto, è interrotto e guidato dalle sue domande. La seconda parte dà più spazio a Rya e al suo punto di vista: è sicura che Danny sia affetto da personalità multipla, disturbo non ancora riconosciuto formalmente, e si trova a lottare con lo scetticismo dei colleghi sia per difendere la propria credibilità, sia per il sincero desiderio di aiutare il ragazzo a ottenere giustizia. Questa parte è frammentata e si muove avanti e indietro su più linee temporali, mentre gli ultimi tre episodi, nei quali assistiamo al processo, sono ambientati solo nel presente.
The Crowded Room è una serie volutamente lenta, focalizzata sugli atteggiamenti e sull’osservazione delle relazioni tra i personaggi anziché sull’azione che, nonostante le premesse, scarseggia per tre quarti degli episodi. Risaltano invece le atmosfere intime e cupe, una fotografia ben fatta e soprattutto l’ottima interpretazione di Tom Holland, qui al suo debutto come protagonista di serie tv. Dal comportamento di Danny traspaiono una grande sofferenza e una ingenuità che limitano la sua capacità di comprendere razionalmente ciò che gli accade, il percorso nel quale impara a capire la propria mente è la parte più interessante della trama. Tom Holland incarna con grande intensità e precisione tutta la profondità emotiva del personaggio, i suoi cambi repentini di atteggiamento e persino di voce, suscitando facilmente empatia.
Danny con Ariana (Sasha Lane) dopo essere scappato di casa
Una serie d’azione senza l’azione
Purtroppo la serie presenta una grande nota dolente, ovvero il fatto che dieci episodi di circa un’ora sono un tempo troppo lungo per il contenuto proposto. Se da una parte dedicare così tanto a una trama di fatto semplice permette di approfondire ogni dettaglio e dare grande spessore ai personaggi, dall’altra la struttura di continui incastri e salti temporali diventa via via più macchinosa, senza che questo fosse davvero necessario ai fini della narrazione. Inoltre la lentezza del ritmo non aiuta a mantenere un vero coinvolgimento dello spettatore. A questo problema si aggiunge il fatto che sia le scene riproposte da diversi punti di vista, sia alcuni dei commenti di Rya al racconto di Danny, sono estremamente didascalici e non lasciano mai al pubblico il gusto della suspense.
L’impressione, soprattutto dopo un finale più breve degli episodi precedenti e per questo decisamente più piacevole, è quella di un prodotto con del potenziale ma scritto senza avere le idee chiare sulla forma che doveva prendere.
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