Nell’anno 2023, la guerra per il predominio di cinematic universes sempre nuovi e sempre diversi continua, e ha reso qualsiasi opera-prodotto non legata a brand preesistenti quasi un evento cinematografico a sé stante. Specie se questi si presentano come progetti high concept, se promettono nuovi mondi e nuovi personaggi possibili.
The creator è poi una nuova incursione di Gareth Edwards nelle atmosfere belliche che hanno caratterizzato i tutti i suoi precedenti sforzi da regista, e il suo primo progetto originale dai tempi di Monsters, slegato da kaijū e galassie lontane lontane.
USA contro IA, nel 2023
La storia dello scontro tra umanità e robot è vecchia almeno quanto Metropolis e, in questo senso, The Creator non riserva troppe sorprese. Il conflitto di parte dell’umanità – gli Stati Uniti e l’occidente da una parte, i robot guidati da intelligenza artificiali rifugiate in un’immaginaria New Asia dall’altra – con le macchine senzienti è talmente archetipico che se ne può indovinare la maggior parte dei passaggi fin dal trailer. Il rapporto tra il soldato umano Joshua (John David Washington) e la rivoluzionaria intelligenza artificiale Alfie (Madeleine Yuna Voyles), il percorso di rinascita dopo la morte della moglie, il suo viaggio in territorio ostile: non devia un attimo dal percorso di piacevole prevedibilità tracciato dal duo di sceneggiatori. Gareth Edwards e Chris Weitz imbastiscono un film d’azione consapevolmente old school con l’innesto di convenzioni da film di guerra e road movie, che vuole sorprendere non tanto nella sostanza quanto nella forma.
The Creator vuole essere prima di tutto un’esperienza visiva. Un blockbuster tutto dei raffinatissimi VFX – Industrial Light and Magic, Weta FX e altri – che creano un orizzonte visivo allo stesso tempo familiare e innovativo, tutto al servizio di una regia robusta nelle scene d’azione e lontana dai vizi della maggior parte dei prodotti contemporanei del genere.
Un mondo nuovo
Irrilevante sarebbe individuare una qualche volontà di riflettere sull’attuale stato delle intelligenze artificiali e sul loro posto nella società contemporanea e nell’arte. E, nonostante qualche timido accenno ai concetti di libero arbitrio e di identità, meglio lasciare al loro posto pure Blade Runner e i suoi replicanti in cerca di un passato e di un futuro. La tecnologia è molto più spesso il contesto delle vicende che non il suo cuore. L’interesse di The Creator sembra risiedere soprattutto nella rappresentazione di uno scontro tra culture, tra gli imperialisti Stati Uniti e la resistenza di umani e robot in New Asia. In questo appare più simile a un Avatar, anche nella sua intenzione di centellinare l’esplorazione di questo nuovo-vecchio mondo immaginario nei binari di una storia semplice e lineare.
Eppure, in confronto all’opera di Cameron, The Creator appare molto più debole in quella che dovrebbe essere una delle sue attrattive principali, il world-building. Se l’intento era esplorare le sfaccettature di un futuro lontano, questo è più spesso soffocato dalle esigenze dell’intreccio, e agli aspetti più intriganti del mondo creato da Edwards-Weitz viene riservata un’occhiata distratta tra una scena action e uno spiegone.
La meraviglia tecnologica dai piedi d’argilla – per citare un’altra critica a un altro già menzionato film di fantascienza su questo tema – che è The Creator difficilmente farà scuola ma, nell’epoca del predominio di immaginari preconfezionati, la sua immacolata presentazione è comunque utile a ricordarci cosa il Cinema può ancora essere, con delle basi più solide. Il futuro non è (ancora) qui: ma potrebbe forse essere questa la buona strada.
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