A oltre cinquant’anni di distanza dal loro scioglimento, I Beatles sono più vivi che mai. Lennon, McCartney, Harrison e Starr affascinano i registi di oggi come quelli di ieri. Il materiale di partenza di The Beatles – Get Back arriva infatti dal lontano 1969, dalle riprese di Michael Lindsay-Hogg per il progetto multimediale Let it Be, che avrebbe dovuto includere anche uno spettacolo live e uno show televisivo che raccontasse il “dietro le quinte” del nuovo album dei Beatles. Il materiale ripreso da Lindsay-Hogg divenne un documentario (in italiano uscito come Let It Be – Un giorno con i Beatles), contestato dallo stesso Ringo Starr -che lo ha definito “infelice”-, che ritrae pulsioni creative e vita quotidiana di un gruppo prossimo allo scoglimento.

A riesumare le cinquantasei ore di materiale video inedito (più centocinquanta di registrazioni audio) ci ha pensato Peter Jackson. Dopo la sua incursione di successo nel genere documentario con They Shall Not Grow Old sulla generazione spezzata dalla Prima Guerra Mondiale, la sua idea per un lungometraggio documentario è diventata una miniserie di 8 ore che ripercorre le settimane di fuoco in cui i Beatles lavorarono a uno dei loro ultimi progetti. Sotto l’occhio della macchina da presa di Lindsey-Hogg i Beatles pensano alle nuove canzoni, ricevono una serie di proposte per la location della loro esibizione live (che comprende un teatro a Londra, un antico anfiteatro romano a Tripoli e una nave), si confrontano mentre i tempi stringono sempre più e la data della loro prima esibizione live dopo anni si avvicina…

Ciò che colpisce subito è quanto affettuoso sia lo sguardo di Jackson, da fan dei Fab Four prima che da registaIl film sembra sfatare il mito di un gruppo allo sbando, lacerato da contrasti inconciliabili e litigi: ciò che viene mostrato è un gruppo di amici di neanche trent’anni, consapevoli delle propria fragilità ma a loro modo ottimisti, che cercano di creare la musica migliore possibile a dispetto delle circostanze avverse. Una certa tensione tra i quattro c’è sempre, e si accumula nel corso delle due settimane: i membri della band devono confrontarsi, infatti, con l’abbandono temporaneo di uno dei loro, la mancanza di una vera guida dopo la prematura morte del manager storico Brian Epstein, la stanchezza e uno scioglimento che sembra sempre più una certezza piuttosto che un’eventualità. Ma la fine dei Beatles non assume tanto le dimensioni di una tragedia quanto di una conclusione logica e naturale del passaggio del tempo, che i quattro affrontano con spavalderia e spirito british.

Questo percorso di crescita condivisa viene analizzato con il doppio sguardo dei due registi, Lindsay-Hogg e Jackson, che catturano ogni singolo tic dei quattro ragazzi; il susseguirsi di giornate del progetto Let it Be coincide con il flusso di pensieri che diventa processo creativo, che si trasforma a sua volta in opera d’arte. Un racconto che sembra perfetto per il regista neozelandese, abituato a narrazioni di ampio respiro e costruite in modo minuzioso -alcuni direbbero prolisso-: e la grande quantità di materiale filmato e registrato da Lindsay-Hogg gli permette di esplorare le dinamiche del gruppo nel suo consueto stile dettagliato che abbraccia voci e ambientazioni tra le più disparate. Non a caso Peter Jackson ha definito questa miniserie un “documentario su un documentario”: si pone in dialogo con le riprese (meravigliosamente restaurate) d’epoca, per raccontare quel capitolo della storia dei Beatles ma anche la propria visione personale e devota. Da fan, appunto.

Gran parte del fascino di questa operazione nasce dall’eccitante “dietro le quinte” del fenomeno mediatico “più popolare di Gesù Cristo”, le cui canzoni nascono da giochi di parole, notizie di giornale, scherzi, citazioni e momenti di noia.

L’idea, ovviamente, è di studiare l’artista dietro il mito e l’uomo dietro l’artista, ma c’è di più: il percorso interiore dietro Let it Be è anche rivolto alle origini del gruppo, a quella spontaneità forse perduta da tempo, mostrata nell’efficace introduzione che riassume il percorso artistico dei Beatles da Liverpool ai club di Amburgo ai palcoscenici di tutto il mondo. Non a caso, il cuore di questo delicato periodo dei Beatles è la composizione di Get Back, anch’essa nata quasi per caso, e resa famosa anche grazie ai 40 minuti dello storico concerto sul tetto della Apple Corps a Londra, climax della serie mostrato in split screen e con la doppia prospettiva del tetto e della strada. Concerto, come ben sappiamo, interrotto dall’arrivo della polizia chiamata dai vicini infastiditi: la fine di un’era che non ritornerà più.

The Beatles – Get Back è un documentario imperdibile, e non solo per i fan dei Baronetti di Liverpool. La cura per i dettagli, la qualità del restauro delle immagini d’archivio, e soprattutto lo sguardo sincero e appassionato di Jackson lo rendono prezioso anche per il genere documentario, come forma di storytelling e come mezzo per indagare sentimenti reali, ripresi in diretta. La sua lunghezza potrebbe scoraggiare, ma ne vale la pena. Potete recuperare la serie su Disney+.

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Valentino Feltrin, Redattore