Una soggettiva con l’Ave Maria di Schubert in sottofondo. Un respiro pesante osserva una famiglia, un bambino che gioca con il padre. Questa sequenza voyeuristica si tramuta presto in una scena a tinte horror, impostando immediatamente il tono del film. Dall’altra parte della città, la voce di Bruce Wayne legge il proprio diario, raccontandoci cosa significhi per lui essere Batman. In questa maniera spiazzante si apre la nuova trasposizione cinematografica del crociato di Gotham creata da Matt Reeves, uno dei principali autori di blockbuster degli ultimi 10 anni, presentandoci lo scenario in cui verremo immersi per le quasi tre ore successive: una Gotham che inizialmente appare come la Los Angeles di Blade Runner, piovosa, scura e corrotta, ma a suo modo anche gotica. Il film inizia durante la notte del 31 ottobre, citando la graphic novel Batman: Il lungo Halloween di Jeph Loeb e Tim Sale, di cui riprende anche le atmosfere, e ci mostra un Batman profondamente tormentato, consumato dalla sua missione, considerata il retaggio della sua famiglia, e ben interpretato da un Robert Pattinson dal volto scavato e dagli occhi estremamente espressivi, prima scelta perfetta di un cast azzeccatissimo nel suo insieme. Questo Batman picchia come un fabbro e, inizialmente, incute paura tanto nei criminali e quanto nei civili, con il suo incedere lento e il rumore pesante del suo passo inesorabile, come dimostra la prima delle poche scene action del film, che richiama le ambientazioni del capolavoro I guerrieri della notte di Walter Hill. In questa sequenza compare anche Jay Lycurgo, giovane attore inglese recentemente visto nella terza stagione di Titans, la serie dedicata ai sidekick degli eroi della DC, in cui interpreta Tim Drake, colui che nei fumetti è la terza incarnazione di Robin, dando vita a un easter egg probabilmente involontario. Essendo il primo capitolo di una probabile nuova trilogia c’è ampio spazio per l’evoluzione di Batman, mostrato nei primi anni di attività e dunque ancora inesperto e  goffo, soprattutto quando non visto dai suoi nemici. Un Batman che sbaglia frequentemente durante la pellicola e anche in questo modo giunge a comprendere meglio il proprio ruolo nella città e ciò che può rappresentare, diventando un simbolo di speranza e luce in quell’oscurità che lui tanto ama.

Reeves nonostante le numerose e iconiche rappresentazioni del personaggio, riesce a portare sullo schermo una versione di Batman mai vista prima, esaltando le capacità di detective dell’uomo pipistrello e creando di fatto un film neo-noir, che coniuga impostazione realistica e anima fumettistica e si caratterizza per un ritmo lento, tipico di una pellicola di investigazione, spezzato di tanto in tanto dalle poche scene action, girate magistralmente e caratterizzate da una certa dose di violenza, sebbene non venga mostrato il sangue (probabilmente per sfuggire al temuto divieto ai minori negli USA). Tra queste merita una menzione speciale l’inseguimento in macchina da antologia a metà film. C’è poco spazio per Bruce Wayne nel minutaggio totale e, a un certo punto, è lo stesso Alfred di Andy Serkis, il personaggio più sacrificato e meno sviluppato tra quelli principali, a domandare: “Bruce Wayne farà una comparsata?”, rivolgendosi con questa battuta anche al pubblico. Tutto l’intreccio è costruito su una sfida a distanza tra il Cavaliere oscuro e l’Enigmista, interpretato da un Paul Dano in stato di grazia, capace di suscitare inquietudine con la sua sola voce e, pur comparendo pochissimo sullo schermo, di creare una minaccia presente in ogni scena del film. Il suo alter ego è sicuramente figlio del Joker di Heath Ledger, di cui riprende alcune metodologie, tra cui il produrre riprese video delle sue vittime prima della loro esecuzione, ma mosso in questo caso dalla volontà di distruggere Gotham, in quanto città dannata e corrotta, oltre che dalla semplice ambizione di uscire dall’anonimato. Un personaggio ossessionato da Batman, con cui condivide alcuni aspetti del suo processo di crescita.

Reeves costruisce la narrazione su un parterre di personaggi che ancora pagano le colpe dei padri, dei personaggi tangibili e reali e al tempo stesso fedeli alla controparte fumettistica. In questo contesto si inserisce anche l’ottima Catwoman della brava Zoë Kravitz, a cui la sceneggiatura attribuisce un’origine interessante, unica persona forse davvero capace di entrare in sintonia fisica ed emotiva con Bruce Wayne. Jeffrey Wright porta in scena un convincente Gordon, unico baluardo di giustizia all’interno della polizia di Gotham, creando un’intesa quasi da buddy movie con Batman. A lui sono affidate anche le poche battute ironiche della pellicola. Anche il già iconico Pinguino di un irriconoscibile Colin Farrell, il personaggio più fumettistico della pellicola (e c’è grande attesa per la serie HBO Max a lui dedicata), e il ruffianissimo Carmine Falcone di John Turturro sono perfettamente funzionali allo sviluppo della storia, a dimostrazione della grande intelligenza con cui tutti questi personaggi sono stati gestiti.

La sceneggiatura ha inoltre il merito di calare la narrazione nella realtà odierna, sfruttando le possibilità offerte dai social media, parlando di bolle di terrorismo di matrice nazista create online e prendendo ispirazione anche da terribili eventi accaduti negli ultimi anni, come la strage di Utøya. Tutto il comparto tecnico, infine, è di livello assoluto, dalla fotografia di Greig Fraser, che utilizza i giochi di luci e ombre tipici del noir, alle scenografie di James Chinlund, fino alle musiche di Michael Giacchino. La regia di Reeves, raffinata e invadente al punto giusto per un prodotto del genere, è in grado di esaltare tutte le componenti della pellicola.

Nonostante sia un’opera di assoluto livello, nonché un modo di produrre blockbuster molto coraggioso, il film non è esente da difetti, in primis la durata eccessiva. Inoltre, forse, la pellicola non è capace di proporre una storia che, per quanto inattaccabile, sia in grado di stupire per originalità. Una scena verso il finale, peraltro, apre al futuro di questo nuovo franchise e fa storcere parecchio il naso al sottoscritto per la direzione in cui sembra vogliano andare i prossimi film.

In conclusione, Matt Reeves riesce nell’impresa di dare nuova linfa a livello cinematografico al personaggio e di produrre un film di cui inizialmente nessuno sentiva il bisogno, ma grazie al quale, dopo la visione, non vediamo l’ora di immergerci nuovamente nella pioggia di questa Gotham City.

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Luca Orusa, Redattore