2007: nei cinema arriva il folle progetto partorito dalle menti di Quentin Tarantino e Robert Rodriguez Grindhouse, in cui i due registi manifestarono il loro amore per i film a basso costo spesso presentati nelle sale attraverso i “doppi spettacoli” tipici soprattutto degli anni ’70. Il progetto consisteva in due pellicole – girate rispettivamente dai due registi – mostrate in successione e precedute ed intervallate da alcuni fake trailer creati appositamente per questa operazione. Accantonata l’idea iniziale di girarli tutti loro stessi, i due cineasti affidarono ad alcuni amici e colleghi il compito di creare i loro fake trailer. Il più famoso è senza dubbio Machete, girato dallo stesso Rodriguez e divenuto pochi anni dopo un film vero e proprio con protagonista Danny Trejo, mentre per gli altri si scelsero nomi tutt’altro che sconosciuti: parliamo infatti di Edgar Wright, Rob Zombie ed Eli Roth. Proprio quest’ultimo propone un fake trailer dal titolo Thanksgiving con il quale il cineasta statunitense mostra tutto il suo amore per l’horror in uno slasher parodico ambientato, per l’appunto, in occasione del Giorno del Ringraziamento. Dopo 16 anni di attesa, finalmente Roth ha avuto la possibilità di eseguire un’operazione simile a quella operata da Rodriguez 13 anni prima e di rendere il suo fake trailer realtà e possiamo dirlo fin da subito: Eli Roth ha fatto centro.
Questa volta non rimarranno avanzi
Soggettiva. A schermo compare la scritta “Plymouth, Massachusetts. Giorno del Ringraziamento”. Mentre in sottofondo sentiamo un respiro profondo l’inquadratura si avvicina passo dopo passo all’ingresso di un’abitazione. Non è però il giovane Michael Myers pronto a scatenare una carneficina, bensì lo sceriffo Eric (Patrick Dempsey) che si appresta a cenare a casa di amici. Ad arricchire un incipit deliziosamente citazionista, Roth ci presenta poi i giovani protagonisti del film che di lì a poco causeranno una violenta rivolta tra le persone in fila davanti ad un negozio in occasione delle offerte per il Black Friday e che porterà ad una serie di violente morti ed altrettanti feriti. Con un time skip di un anno, ci viene mostrata una misteriosa figura in cerca di vendetta per gli eventi dell’anno precedente.
Già la sequenza iniziale basterebbe a mostrare la genialità del regista, capace di raccontare la realtà americana dei nostri giorni – le pompose cene tra parenti con il tacchino e le candele sulla tavola seguite dall’irrefrenabile e violenta frenesia nell’accaparrarsi una delle cento piastre per waffle in omaggio per il venerdì nero – con un gusto per il gore davvero sopraffino. Da amante del genere – basta guardare una qualsiasi delle puntate della sua serie Eli Roth’s History Of Horror per verificarlo – Roth mette infatti in scena fin da subito una sequenza di morti davvero violente e piene di sangue senza mai tralasciare il puro intrattenimento, in cui un ruolo d’eccezione giocano senz’altro gli effetti pratici tipi degli horror di altri tempi. Le persone vengono tagliate a metà, decapitate, tagliate a pezzetti e cucinate nel forno, ma tutto questo non avviene mai soltanto per il puro gusto del macabro ma sempre con il desiderio di raccontare una storia ricca di spunti su cui riflettere.
L’apice di carriera di Eli Roth
La grande abilità del regista si manifesta poi nell’elemento fondamentale di uno slasher: il villain. Se da anni si faticava a creare un nuovo boogeyman – unica possibile eccezione la si può trovare nel Gabriel di Malignant (James Wan, 2021) – e si preferiva infatti ricorrere alla “rinascita” di vecchie glorie, da Jason a Freddy Krueger fino a Michael Myers e Chucky, con reboot, sequel e remake vari, Thanksgiving pesca direttamente dalle radici della storia americana e mette in scena un killer armato di ascia, con abiti seicenteschi e che indossa la maschera di John Carver, storico governatore della Colonia di Plymouth, imbarcato in una missione di vendetta e di giustizia malata.
A fare da contraltare sono i giovani protagonisti a metà tra lo stereotipo e la riscrittura moderna, unico elemento che può presentarsi come difettoso all’interno di una produzione invece sempre ad alti livelli ma affidata a giovani attori che tutto sommato riescono a portare il lavoro a casa, soprattutto nel caso della protagonista interpretata da Nell Verlaque. Tra gli adulti invece si annoverano nomi come Rick Hoffman – storico collaboratore di Roth in diverse sue pellicole –, Ty Olsson, Karen Cliche e Gina Gherson incanalati in personaggi sicuramente interessanti ma poco presenti a schermo, ad eccezione del già citato Dempsey che, visto anche il ruolo chiave nella narrazione, riesce ad accaparrarsi una fetta maggiore di spazio.
Piccola parentesi sulla durata del film, che si assesta sull’ora e quaranta, classica durata di film di questo genere ma ormai anacronistica tra le produzioni di oggi e che di certo non può che far tirare un dolce sospiro di sollievo, oltre a rendere la visione mai noiosa o pesante.
Conclusioni
Dopo 16 anni di attesa, Eli Roth porta finalmente sullo schermo il suo Thanksgiving, un film pregno di amore per il genere e che dimostra tutta la crescita lavorativa del regista capace di mettere in scena una storia che cita fortemente le origini del genere ma senza dimenticarsi di mostrare qualcosa di nuovo. Tanto sangue e tanta violenza circondano dei protagonisti forse troppo stereotipati ma comunque interessanti ed un villain già iconico, aggiungendo una non troppo velata critica allo stile di vita americano dei giorni nostri capace di sollevare diverse riflessioni interessanti. In altre parole, Thanksgiving è tutto ciò che uno slasher dovrebbe essere e forse anche di più, dimostrandosi senza difficoltà come uno dei migliori horror dell’anno.
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