“Pensavamo che bastasse strappare lungo i bordi e seguire la linea tratteggiata di ciò a cui eravamo destinati e tutto sarebbe andato bene, perché avevamo diciassette anni e tutto il tempo del mondo.”

Zero è un giovane romano con la passione per le merendine che nutre le sue ambizioni di diventare fumettista dando ripetizioni a ragazzini delle medie; il suo migliore amico è un armadillo, e non si separa mai dalla fedele maglietta nera con il teschio. Il lungo viaggio che dovrà percorrere verso Biella insieme ai suoi amici Secco e Sara, si offre a Zero come occasione per raccontarci di sé stesso, parlandoci del suo passato, dei suoi obiettivi, di Alice, a cui cerca di non pensare, di ciò che gli affolla la mente, e, soprattutto, per lamentarsi di quasi tutto ciò che lo circonda. Zero è logorroico, pensa troppo, ha la costante paura di cambiare, di fare un passo falso e distruggere quel fragile equilibrio che ha messo in piedi con fatica. I confini del suo mondo hanno la forma di una linea tratteggiata su un foglio, e noi non possiamo far altro che seguire le sue mani mentre strappano la carta per scoprire finalmente quale immagine ne verrà fuori.

Uscita da pochi giorni su Netflix, Strappare lungo i bordi è una serie tv di appena sei puntate, scritta, disegnata e animata dal fumettista romano Zerocalcare. L’autore ha anche dato la voce a tutti i personaggi, ad eccezione dell’armadillo, doppiato meravigliosamente da Valerio Mastandrea. Per chi non dovesse conoscere gli splendidi albi a fumetti di Zerocalcare (che naturalmente vi invitiamo a recuperare il prima possibile), il protagonista di ogni storia è l’alter-ego dell’autore, Zero, accompagnato dall’armadillo, la voce della sua coscienza che, con una buona dose di sarcasmo e qualche battuta pungente, lo guida nel percorso della sua esistenza. I sei episodi si sviluppano secondo un tipo di narrazione molto cara all’autore: il viaggio di Zero con gli amici Sara e Secco lega tra loro come un filo conduttore tante piccole storie, distribuite lungo quella principale come i rami di un albero. Il tutto accompagnato da disegni e animazioni curati nei minimi dettagli, e soprattutto da una splendida colonna sonora, composta sia di brani conosciuti (abbiamo ad esempio Tiziano Ferro e gli M83) sia di tracce inedite, contenute nell’album Strappati lungo i bordi di Giancane.

Il tasto “prossimo episodio” di Netflix non vi sarà mai così utile: Zerocalcare riesce a tenere incollati allo schermo gli spettatori, grazie a una narrazione coinvolgente, fatta di scene e personaggi indimenticabili, che si susseguono come farebbero dei piccoli aneddoti durante una chiacchierata con un amico di vecchia data. Non mancano sicuramente le risate, che sia per l’ironia graffiante tipica dell’autore o per le geniali citazioni alla cultura popolare; eppure si avverte costantemente un’atmosfera di malinconia, di nostalgia verso un passato in cui si era spensierati, mescolata a momenti in cui Zero riflette sul suo senso di inadeguatezza nei confronti del mondo. Perché siamo solo fili d’erba e al mondo non importa di noi, qualsiasi cosa facciamo “continua a girare con la frustrante placidità con cui è sempre girato”. Ed è nel finale che tutto ci colpisce, nel momento in cui avviene la realizzazione, come una coltellata alla schiena. Si ride, si riflette, ci si rivede in qualche parola, ma alla fine ci si commuove. Guardiamo la nostra vita, poi le vite degli altri e poi ancora la nostra, fino a trovarci qualcosa di sbagliato: il nostro foglio strappato non segue una logica, mentre quello degli altri sembra sempre formare una figura perfetta. E se non fosse così? Se in realtà anche i fogli degli altri fossero soltanto carta straccia pronta per essere lanciata nel cestino?

Strappare lungo i bordi è il prodotto che ci si aspetterebbe da un autore come Zerocalcare: le pagine di un diario, un flusso di coscienza che si sposta tra il racconto di un viaggio e i pensieri invasivi di un giovane non ancora sicuro di essere abbastanza per il mondo che lo circonda. Zero, con le sue sopracciglia disegnate a pennarello e la maglietta con il teschio, non riesce a seguire la linea tratteggiata che gli si para davanti; invece continua a strappare a caso, a volte si ferma, per paura di rovinare tutto, a volte le sue mani si muovono sul foglio ad occhi chiusi. E la sua narrazione non può far altro che trasportarci tra risate e punti interrogativi, fino a lasciarci con un messaggio amaro, ma sotto sotto ricco di una speranza di cui ora più che mai abbiamo bisogno. Tenete da parte una vaschetta di gelato e magari un pacco di fazzoletti, Strappare lungo i bordi vi travolgerà con un vortice di emozioni inaspettate. Che dire, Zero, volevamo solo guardare una serie, mica fare psicoterapia!

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Renata Capanna, Redattrice