Ora disponibile in alcuni cinema nostrani grazie a Teodora Film prima di uscire su MUBI, il western Strange Way of Life è il secondo cortometraggio del cineasta spagnolo Pedro Almodóvar ed il suo secondo film girato interamente in inglese.

“Ol’ Brokeback got us good”: echi del passato

L’ex sicario Silva (Pedro Pascal) raggiunge, per la prima volta in 25 anni, la città di Bitter Creek. Qui vive il suo vecchio collega ed amante Jake (Ethan Hawke), ora sceriffo della comunità. Il tempismo della riunione insospettisce Jake, il quale sta indagando sull’omicidio della cognata in cui pare sia coinvolto il figlio di Silva.

Così come era stato per il suo primo cortometraggio, The Human Voice, anche con questo film Almodóvar torna ai suoi lavori passati. O meglio, in questo caso, a un lavoro mancato

The Human Voice era basato sul monologo teatrale La voce umana di Jean Cocteau, recitato nel suo film La legge del desiderio dall’attrice Carmen Maura. Strange Way of Life, invece, sarebbe una risposta a Brokeback Mountain (Ang Lee, 2005), che inizialmente Almodóvar era stato chiamato a dirigere. Il progetto non sarebbe poi andato in porto a causa dell’incapacità, da parte degli studios hollywoodiani dell’epoca, di garantire alla storia l’approccio voluto dal regista, più indirizzato verso la carnalità e la passione tra i personaggi. 

Che nei 30 minuti del corto aleggi il fantasma di Brokeback Mountain è innegabile: l’idea di una relazione nata durante un lavoro svolto assieme da giovani, la sciarpa dell’amante che Jake tiene con sé per anni (come Jack conservava la camicia di Ennis), la proposta di Silva di gestire un ranch assieme… 

Al momento della sua uscita, Brokeback Mountain era solo il culmine di un filone di storie western/pseudo western esplicitamente o successivamente rilette come potenzialmente queer (si pensi soltanto alla scena incredibilmente ambigua dello scambio delle pistole ne Il fiume rosso, al romanzo da cui è stato tratto Il potere del cane, uscito negli anni ‘60, o più in generale a tutte le relazioni omosociali che abbondano nel genere).

Al contrario di questi film in cui, spesso e volentieri, il rapporto tra i personaggi resta un non detto mai tradotto in una relazione fisica (Almodóvar è stato molto critico proprio del film Il potere del cane per questo motivo), Strange Way of Life strappa subito il cerotto, rivelandoci nei primissimi minuti la natura del rapporto tra Silva e Jake e facendo consumare loro un rapporto sessuale.

Tuttavia, l’intento fortemente polemico dichiarato dal regista stesso (quello di portare il sesso all’interno di un genere fondato sulla repressione\obliterazione della componente omosessuale, usando per lo più due ‘tipi’ perfettamente rispondenti ai canonici cowboy dei film classici per fisicità ed atteggiamenti), viene indebolito dall’uso di un’ellissi per lasciar intendere allo stettatore  ciò che accade tra i protagonisti, senza tuttavia mostrare nulla. Una scena molto più esplicita è “riservata” alle controparti giovanili di Silva e Jake (rispettivamente José Condessa e Jason Fernández), ma appare alquanto contenuta se comparata ad altre dirette dal regista in passato (si pensi solo al già citato La legge del desiderio) oltre che molto più “sicura”: mostrare in una scena erotica due attori giovani, convenzionalmente attraenti e sconosciuti al grande pubblico, risulta certo meno provocatorio rispetto a due attori di mezza età e riconoscibili quali Hawke e Pascal.

Non proprio camp

Strange Way of Life è figlio, evidentemente, anche dei prodotti camp (con “camp” si intende l’uso intenzionale del kitsch nell’arte), spesso associati proprio alla comunità omosessuale. Ciò emerge soprattutto dall’uso di scenografie spoglie ed un numero limitato di location, che rimandano alla povertà di mezzi con cui solitamente questi film venivano prodotti. Tuttavia, la povertà della messa in scena e la natura alquanto “ridotta” del corto (una volta spogliato dell’aura data dai nomi di regista e attori, Strange Way of Life è obiettivamente un’opera di piccole dimensioni nella durata, nella portata della storia e nei mezzi necessari per raccontarla) si scontra con la pulizia dell’immagine e con la natura glamour del progetto: un prodotto promosso da un brand di moda, Saint Laurent, diretto da un regista estremamente prolifico e popolare, e con protagonista uno degli attori più amati del momento (Pascal).

Viene a mancare, inoltre, anche uno stile distintivo nella fotografia e nella regia, entrambe estremamente impersonali. Un aspetto tanto più sconcertante se si tiene conto di quale sia la mano dietro la macchina da presa. Inoltre il finale, per quanto appropriato, risulta alquanto tronco e privo della risolutezza che il termine di una narrazione dovrebbe avere.

L’impressione generale è quella di un concept per un film, più che di un film compiuto e completo. Il problema non sta neppure nella natura di corto: la storia non si presterebbe, salvo grandi rimaneggiamenti, ad un lungometraggio. Tuttavia, sarebbero bastati pochi minuti in più per permettergli di “respirare” meglio e dare il giusto peso a diversi elementi.

One man come in the name of love

Dove Strange Way of Life brilla e ci lascia intravedere la potenziale grandezza dietro ad un prodotto buono è di certo nella chimica tra Hawke e Pascal e nei momenti di intimità che condividono. 

Diretti da un maestro della tensione erotica quale Almodóvar ed enunciatori di dialoghi degni dei più appassionati drammi amorosi, sono i due attori protagonisti di Strange Way of Life a farci credere ed appassionare al grande dilemma alla base del corto e a fornire all’esperienza di visione tutta la sua tensione emotiva. Ed è proprio qui che risiede, probabilmente, il più grande pregio (e allo stesso tempo, il più grande difetto) del film: il lasciare lo spettatore, alla fine, col desiderio di volere di più, e l’impressione di avere solamente grattato la superficie di una storia più ricca. Per dirla in poche parole: l’idea è più interessante dell’esecuzione.

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Silvia Strambi,
Redattrice.