Il primo lungometraggio di Anna Hints, regista e musicista folk estone, è un documentario estremamente intimo incentrato sulla tradizione della sauna a fumo, a cui lei stessa ha partecipato insieme alle donne della sua famiglia. Hints appartiene alla comunità Võro del sud dell’Estonia, che oggi conta meno di centomila persone e parla una lingua finnica, il Võro per l’appunto, in via di estinzione. Le saune costruite secondo l’abitudine di questo popolo sono senza camino per fare in modo che il fumo prodotto dalla stufa a legna rimanga intrappolato nella stanza, e hanno sia scopi pratici (nello stesso ambiente si possono trovare le vasche per lavarsi e la carne appesa ad affumicare) che spirituali.
Assistiamo infatti allo svolgersi di un rito di purificazione, i cui passaggi sono scanditi dalle storie che le protagoniste -di cui non vengono mai pronunciati i nomi- si raccontano l’una con l’altra: ad ogni aneddoto corrisponde una fase della sauna. Si tratta di semplici confidenze, episodi della loro vita quotidiana, senza che da queste scaturiscano dialoghi lunghi né sviluppi di trama: l’intero documentario è composto solo da questa serie di racconti. Lo spettatore è invitato ad ascoltare in silenzio, senza poter dare interpretazioni, imitando l’atteggiamento delle donne che sta osservando. Questo effetto è sostenuto, dal punto di vista visivo, anche dall’uso frequente della camera a mano e dalla totale assenza di inquadrature larghe: si può vedere solo ciò che sarebbe effettivamente visibile stando seduti dentro la sauna.
I momenti più intensi sono inframezzati da alcune scene girate all’aperto: nel bosco intorno alla casa si canta, si ballano le danze tradizionali, si nuota nel fiume. La leggerezza di queste parti contrasta sempre di più con l’interno buio, man mano che il rituale prosegue e anche i racconti si fanno più dolorosi, ma senza mai risultare fuori luogo. Hints mantiene fino alla fine un delicato equilibrio tra la fatica e la vivacità delle donne, che spesso ridono di sé stesse mentre parlano del loro passato al buio, per poi paradossalmente apparire più serie fuori. Anche in questo caso le immagini accompagnano perfettamente le sensazioni, con i colori caldi e luminosi del mondo “fuori” che si possono ritrovare, una volta rientrati, nei momenti in cui la luce riesce a entrare dall’unica finestra.
Una storia di corpi
I corpi delle protagoniste sono quasi sempre in primo piano, spesso evidenziati in controluce, e mai ripresi a figura intera. A volte non si vede nemmeno il volto intero di chi sta parlando, ma si osservano dettagli come le mani o i muscoli in movimento. Ciascuna testimonianza, sia che si tratti dei commenti frivoli sulla bellezza ascoltati da bambine, di malattie o di violenza estrema, è raccontata attraverso quello che succede al corpo, con descrizioni oneste e in alcuni casi esplicite. Da ciascuna, inoltre, emerge il fatto che il corpo -in modo particolare quello femminile– nella vita di tutti i giorni possa essere costantemente osservato, giudicato, oppure diventare motivo di contesa: in ogni racconto esso sembra non essere appartenuto solo alla persona che lo abita ma un po’ anche alle loro madri, le nonne, i fidanzati e persino gli sconosciuti. Lo spazio della sauna, al riparo dal resto della società, permette una condivisione totale del proprio vissuto senza che questo esponga al pericolo di dover rinunciare a sé per far posto all’opinione di altri. Al contrario, qui attraverso l’uso del corpo ciascuna si prende cura di quelli delle altre e la sporcizia -fisica o metaforica- viene allontanata.
Colpisce la capacità di Anna Hints di non banalizzare dei contenuti di fatto semplici, e anzi di valorizzarli con una tale poeticità, soprattutto considerando che si tratta di un’opera prima per quanto riguarda i lungometraggi. Smoke Sauna Sisterhood non è solo la documentazione storica di una comunità e delle sue tradizioni, ma anche un’importante rappresentazione dell’esistenza materiale, che non contraddice quella spirituale ma ne è parte integrante.
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