Il nuovo film scritto, diretto e interpretato da Carlo Verdone, Si vive una volta sola, è, come molti suoi film degli ultimi anni, una commedia permeata da una sorta di amarezza esistenziale di fondo, da una malinconia sottopelle che riaffiora tra le scene umoristiche.
Il professor Umberto Gastaldi (Carlo Verdone) è un chirurgo di grande fama, divorziato, con una figlia che partecipa da soubrette a programmi televisivi di infimo livello. Lui e i suoi colleghi, Lucia Santilli (Anna Foglietta) e Corrado Pezzella (Max Tortora), dalla vita privata altrettanto difficile, passano le giornate a giocare scherzi particolarmente crudeli al loro collega, l’anestesista Amedeo Lasalandra (Rocco Papaleo), fino a quando non scoprono che questi è malato terminale. Così decidono di accompagnarlo per una settimana di ferie in Puglia, cercando di trovare il coraggio di comunicare la cattiva notizia all’ignaro amico. La trama è semplice, funzionale alle gag e ai momenti più malinconici, e ha risvolti piacevolmente prevedibili.
Il tema della malattia è trattato con la giusta serietà, non viene buttato in farsa ma nemmeno sfruttato per facile melodramma: in sostanza, sebbene non particolarmente memorabile, l’aspetto più riuscito del film sono proprio i risvolti sentimentali imperniati sulla malattia, sulla fragilità della vita e dei rapporti umani. Ciò che invece funziona poco è la commedia, continuamente sospesa tra gag fiacche, personaggi di contorno macchiettistici, risvolti prevedibili. Alcuni momenti fanno sorridere, in altri si riesce a intravedere una certa verve umoristica e il talento comico dei protagonisti coinvolti, ma oltre a questo poco altro.
La sceneggiatura (di Verdone, Giovanni Veronesi e Pasquale Plastino), in bilico tra un dramma solido ma non memorabile e una commedia all’acqua di rose, viene solo in parte risollevata dai personaggi. I migliori sono quelli di Lasalandra e soprattutto di Santilli, bene interpretati da Rocco Papaleo e Anna Foglietta: tutti e due riescono a equilibrare bene tempi comici azzeccati e spessore drammatico. Non così i personaggi di Gastaldi e Pezzella: Carlo Verdone e Max Tortora sono entrambi sotto tono e poco convincenti, non brillano né per comicità né per serietà, e sono penalizzati da una caratterizzazione banale il primo, insufficiente il secondo. Umberto Gastaldi in particolare, il primus inter pares tra i protagonisti, avrebbe il potenziale per arricchire il film di riflessioni come il rapporto tra genitori e figli e il contrasto tra una vita professionale eccellente e una privata disastrosa, ma nessuno di questi temi viene affrontato con vera convinzione, e risultano poco più che funzionali a caratterizzare il personaggio di Verdone. Il conflitto tra padre e figlia è perlomeno sfumato ed evita di cadere nel facile manicheismo ma, di nuovo, oltre a questo poco altro.
Funzionale è anche la regia di Verdone, così come l’intero comparto tecnico-artistico del film: la fotografia, il montaggio, la colonna sonora, sono tutti strumentali alla narrazione ma non particolarmente degni di nota, efficaci ma non brillanti.
Giudizio che, in ultima analisi, si può estendere a tutto il film: efficace ma non brillante. I fan e i completisti della filmografia di Carlo Verdone probabilmente troveranno di che godere, ed i momenti più sentimentali e malinconici funzionano, ma per il resto Si vive una volta sola è una commedia perfettamente nella media.
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