Correva l’anno 1984 quando uscì il primo romanzo di Tom Clancy, La grande fuga dell’Ottobre Rosso (dal quale fu poi tratto il famosissimo film del 1990 Caccia a Ottobre Rosso di John McTiernan) che innalzò lo scrittore nell’olimpo dei racconti di spionaggio e fantapolitica. Da quel momento, infatti, Clancy riuscì a sfornare un romanzo dietro l’altro e a creare universi narrativi tutti opportunamente diversi tra di loro, con personaggi e storie memorabili che portarono alla creazione di svariati prodotti cinematografici (vedi anche Giochi di Potere e Sotto il segno del pericolo che negli anni ‘90 mettevano in scena i personaggi di Jack Ryan (Harrison Ford) e John Clark (Willem Dafoe) o Al vertice della tensione del 2002 di Phil Alden Robinson con Ben Affleck e Morgan Freeman) , ma anche videoludici o fumettistici, come le numerose iterazioni di brand come The Division, Ghost Recon, Rainbow Six o Splinter Cell.
Amazon aveva già lavorato in questo campo con la riuscitissima serie tv Jack Ryan e, spinta forse anche dal successo del prodotto appena citato, ha pensato di sfruttare nuovamente questo franchise, arrivando così a produrre questo film, affidando la regia a Stefano Sollima, la scrittura a Taylor Sheridan e il ruolo di protagonista al famoso attore Michael B. Jordan.
UN “ORIGIN STORY”
Lo scopo del racconto è quello di presentare il personaggio di John Kelly, un NAVY SEAL che assieme alla sua squadra deve salvare e recuperare un ostaggio ad Aleppo per conto della CIA. Questa missione porterà, però, la squadra di Kelly nel mirino di alcuni soldati russi che elimineranno diversi membri, fallendo però con John, che riesce infatti a difendersi dall’attacco e ad uscirne vivo, ma senza poter salvare le persone che ama. Questo porta il protagonista verso un viaggio fatto di violenza e morte per trovare i responsabili, ma non tutto è quello che sembra.
Il racconto, infatti, non si limita ad essere soltanto un montaggio di sequenze d’azione una dopo l’altra, ma inserisce momenti più tranquilli e ragionati, in cui sono lo spionaggio e la fantapolitica a farla da padrone. Il viaggio che il personaggio intraprende non serve, infatti, solo per placare la sua sete di vendetta, ma anche per renderlo conscio di come funziona il mondo in cui ha sempre vissuto, in cui non è sempre così semplice distinguere i buoni dai cattivi, tenendo anche conto della (ormai famosissima) strategia del doppio gioco, che non passa mai di moda.
Purtroppo, però, lo scrittore Taylor Sheridan -reduce da sceneggiature di un certo peso come Sicario (Denis Villeneuve, 2015) o la serie Yellowstone di cui è anche regista- non riesce, in questo caso, a costruire una storia chiara e ben bilanciata. Sia chiaro, in una storia di spionaggio i segreti ci devono essere e devono essere scoperti pian piano, ma sembra che lo sceneggiatore non abbia voluto impegnarsi troppo nella realizzazione di una storia anche minimamente originale, inserendo inoltre molti personaggi con comportamenti ai limiti del ridicolo, motivati soltanto dal voler far provare allo
spettatore emozioni forzate nei loro confronti. Inoltre alla prima visione l’intreccio può risultare alquanto complicato, visto anche il modo sbrigativo in cui viene spiegato allo spettatore niente però che non si possa risolvere con una seconda visione.
AZIONE REALISTICA
Lo scopo del film per le scene d’azione risulta chiarissimo già dai primi minuti. La squadra dei NAVY SEAL emerge da un bacino ed elimina con estrema coordinazione un gruppo di soldati armati, per poi procedere verso una base dove in pochi secondi riescono ad entrare ed eliminare tutti i bersagli ostili. Il tutto è presentato con molta serietà e realisticità e così sarà per la maggior parte del film.
Durante le scene d’azione non si vedrà, infatti, nessuno saltare da un tetto all’altro come se niente fosse o creare maschere iperrealistiche, come in un Mission Impossible e non vengono presentati scontri “uno contro mille” come in un John Wick o in un Rambo. L’azione è molto simile a quanto un gruppo di soldati addestrati può fare nella realtà: c’è coordinazione e precisione, ma senza mai esagerare. Questo comporta però una minore “adrenalinictà” negli scontri di quanto invece ci si potrebbe aspettare da un prodotto di questo genere, cosa a cui lo spettatore fa comunque presto l’abitudine. In questo la regia di Sollima aiuta molto, sempre funzionale e molto chiara e che riesce a seguire i personaggi in ogni movimento, aumentando anche il senso di immedesimazione dello spettatore.
Se non fosse per lo scontro finale. Dopo uno scontro con alcuni cecchini, il film presenta il classico stallo in cui qualcuno deve sacrificarsi per salvare gli altri componenti della squadra. Qui il film sembra dimenticarsi di tutto ciò che è stato costruito in precedenza, mettendo in scena uno scontro degno di un Fast and Furious in cui un personaggio riesce ad eliminare un esercito di nemici da solo e ad uscirne quasi illeso. La scena in sé funzionerebbe anche, sia dal punto registico che dal punto di vista coreografico, se non stonasse completamente con tutto quello avvenuto prima.
IL FUTURO DEL FRANCHISE
All’interno del film sono stati inoltre inseriti diversi rimandi ad altre opere di Tom Clancy. Principalmente i richiami sono due: il primo riguarda il personaggio secondario interpretato da Jodie Turner-Smith, Karen Greer, la quale ci viene detto essere la nipote di Jim Greer, altro famoso personaggio creato da Tom Clancy e che appare nella serie tv Jack Ryan nominata ad inizio articolo; il secondo riguarda la scena post-credit, nella quale (senza fare spoiler) viene presentata l’intenzione di creare una task force internazionale chiamata “Rainbow”, andando quindi a citare i numerosi romanzi dell’autore riguardo la famosa squadra Rainbow Six (conosciuta ai più grazie ai numerosi videogiochi che la vedono come protagonista).
Si presenta quindi la possibilità che in casa Amazon si sviluppi un nuovo universo condiviso, ispirato al già presente nei libri Ryanverse, che potrebbe essere opportunamente modificato per essere trasposto attraverso diverse serie tv o film. Una possibilità molto interessante, che molti aspettano con anche una certa curiosità.
CONCLUSIONI
In conclusione, Senza Rimorso è un buon film al quale, però, manca un’anima propria. Anima che cerca di crearsi durante la pellicola con le ottime scene d’azione che puntano al realismo (e qui la regia di Sollima aiuta molto) ma che finisce per affossarsi con le sequenze più tranquille e con la scena d’azione finale, complice soprattutto una scrittura non all’altezza del compito che il film si poneva. Consigliata vivamente una seconda visione del film, che potrebbe aiutare a capire meglio l’intreccio inizialmente un po’ complicato di trama.
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