DISSONANZA COGNITIVA
Il trailer italiano di Secret love, pubblicizzato a spron battuto sui social (specialmente su Instagram), sembra preannunciare un film erotico in costume: un protagonista maschile che pronuncia qualche frase pseudo seducente, scene di nudo e sesso intervallate a delle conversazioni a tavola, in sottofondo Take me to church di Hozier e, per chiudere in bellezza, la scena di un falò a far immaginare una qualche tragedia. Quello che ci si aspetta è una storia d’amore e passione ostacolata dalle restrizioni sociali di un’Inghilterra passata, un prodotto un po’ mediocre (per non dire proprio trash), un After per tutte le cinquantenni appassionate di The Crown e Downton Abbey.
Una mossa di marketing davvero astuta, quella di Lucky Red, che già dal titolo scelto in italiano ha deciso di far passare questo film per ciò che non è: Secret love, infatti, in origine si chiama Mothering Sunday, espressione che designa la festa della mamma.
Tratto da un romanzo di Graham Swift, il film, diretto da Eva Husson, è ambientato per buona parte durante la festa della mamma del 1924, nell’Inghilterra post Prima Guerra Mondiale. Jane Fairchild (Odessa Young) è al servizio dei Niven, legati affettivamente ad altre due famiglie, gli Sheringham e gli Hobday. Le tre famiglie hanno perso, durante la guerra, quasi tutti i propri figli maschi. L’unico rimasto è Paul Sheringham (Josh O’ Connor), il quale sta per sposarsi con Emma Hobday (Emma D’Arcy) ma intrattiene comunque una passionale relazione con Jane. A seguito di un evento tragico, la vita di Jane viene sconvolta e la ragazza decide di cambiare totalmente traiettoria, dedicandosi a pieno alla propria passione per la scrittura.
Quella che il marketing italiano, dunque, tenta di far passare come una storia d’amore proibito, è in realtà la narrazione della vita di una donna la cui esistenza cambia dopo un singolo giorno. Una dissonanza cognitiva perfettamente incapsulata dai due diversi titoli.
LUCI ED OMBRE
Ma, una volta definita questo fondamentale problema di comunicazione, passiamo alla domanda fondamentale: questo film merita una visione?
Il suo punto di forza sta certamente nella regia di Husson, la quale sin dall’inizio crea suggestive inquadrature che si concentrano sui dettagli: un dito infilato nella marmellata, le zampe di un cavallo al galoppo, una macchia di sangue su un lenzuolo… Anche la ricostruzione storica risulta molto attenta, almeno ad occhi inesperti, e certamente affascinerà qualsiasi fan dei period dramas ambientati nell’Inghilterra di inizio secolo.
Young e O’ Connor forniscono due buone performance. Quest’ultimo, nei panni dell’amante ricco, riesce a bilanciare bene la natura classista del personaggio con una certa tenerezza infantile. Young attraversa con moderazione le trasformazioni della protagonista, passando senza eccessivi scossoni dalla Jane cameriera a quella scrittrice. Un interessante aspetto della loro dinamica di coppia è il fatto che entrambi vengano ripresi nelle situazioni intime (che al contrario di quello che il trailer ci lascia intendere sono molto poche) in maniera ugualmente dettagliata. Se solitamente, infatti, la macchina da presa tende ad evitare i genitali maschili e a soffermarsi invece su quelli femminili, in questo film entrambi vengono ripresi senza vergogna. Inoltre, possiamo notare dei timidi tentativi di designare i personaggi maschili (sia Paul sia l’altro compagno di Jane, Donald) come oggetti del desiderio.
Anche il cast secondario non delude, con buone interpretazioni in particolar modo di Sope Dirisu (Donald), e di Glenda Jackson nella breve apparizione di una vecchia Jane. Questa interpretazione segna il ritorno al cinema dell’attrice dopo trent’anni, a seguito di una carriera in politica iniziata negli anni ‘90.
Infine, nonostante la brevità delle loro parti, Colin Firth e Olivia Colman riescono comunque a rubare la scena nelle parti dei coniugi Niven: il primo interpreta la parte, ormai cucitagli a pennello, del magnanimo gentleman inglese, la seconda è l’apatica e cinica moglie di lui. Entrambi i personaggi nascondono, dietro le proprie maschere, la tristezza della perdita dei propri figli. Colman, in particolar modo, è protagonista assieme a Young di una delle scene più memorabili del film, che spicca proprio per la maniera generalmente contenuta in cui ha recitato sino a quel momento.
Alla buona regia e le buone prove attoriali, tuttavia, non corrispondono necessariamente una buona struttura narrativa ed una buona sceneggiatura. Quest’ultima risulta, soprattutto all’inizio, spesso ridondante. La decisione di fare avanti e indietro tra il passato e il futuro di Jane funziona in parte. Infatti, se le continue incursioni nel tempo presente che la vedono scrivere la propria storia stancano presto perché troppo ripetitive, alcuni episodi sono difficili da collocare (anche il trucco di Young aiuta poco da questo punto di vista), altri invece risultano inutili per completare la storia: il film non lascia alcuna ellissi, preferendo chiarire qualsiasi possibile ambiguità mostrandoci scene di cui ci ha già riferito o che, con un minimo di riflessione, avremmo potuto tranquillamente ricostruire. Inoltre, se all’inizio il passaggio tra i diversi momenti si basa su delle ricorrenze tematiche o visive, col proseguire del film ciò si viene perdendo e si tende sempre di più ad assistere ad una successione di episodi sconnessi.
UN CASO DI BAIT?
In ultima analisi, Secret love si è dimostrato un prodotto nella media, con qualche buona trovata registica ma una sceneggiatura che si dilunga eccessivamente in alcuni punti. Certo è che non è ciò che probabilmente molti spettatori italiani si sarebbero aspettati: al posto di una storia di erotismo e passione una vicenda femminile sullo sfondo di un trauma nazionale, al posto degli intrighi amorosi la storia di una scrittrice in erba. L’impressione è che la casa di distribuzione non fosse certa riguardo al target di riferimento di questa storia, e che abbia deciso di appellarsi ad un pubblico più generalista alienandosi però una consistente fetta di spettatori che avrebbero potuto voler vedere una storia di emancipazione femminile diretta da una donna. Solo il tempo ci dirà se la campagna marketing riuscirà ad attirare spettatori in sala, e soprattutto se questi stessi spettatori apprezzeranno gli aspetti positivi del film.
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