A poco più di un anno dall’uscita del quinto capitolo, la coppia Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillet riporta nuovamente in sala uno degli ultimi boogeyman nati negli anni ’90 e in attivo ancora oggi. All’annuncio di un sesto capitolo a così poca distanza dal precedente, tra i fan cominciò a crescere il timore dell’arrivo di un capitolo senza idee, in cui la vera anima della saga sarebbe stata stravolta e riscritta in un horror sempliciotto utile solo ad attirare persone in sala con lo scopo di un guadagno economico. Se a questo aggiungiamo la notizia delle distanze prese da Neve Campbell – storica interprete di Sidney Prescott, protagonista finora di tutti i capitoli della saga – a causa di contrasti con la produzione per motivi di cachet e subito interpretata dal web come un velato tentativo di allontanarsi da un progetto che stava prendendo “la piega sbagliata” (ci teniamo a sottolineare come queste voci siano semplici rumor, senza prove a suo carico), e un trailer che rendeva chiaro fin da subito come il Ghostface del film sarebbe stato “diverso”, risulta facile inquadrare la bizzarra situazione del film, atteso con grande trepidazione ma anche timore.

“Aspetta, non puoi uccidermi! Dobbiamo ancora finire il film.” 

“Oh, chi se ne frega dei film!”

Prossima fermata: New York

Dopo un incipit a dir poco geniale – inferiore forse soltanto all’originale e a quello del quarto capitolo – che mette in chiaro fin da subito come questo film intenda sì rispettare il canone della saga pur rendendo questa volta l’aspetto metacinematografico della pellicola meno centrale rispetto ai precedenti film, veniamo riportati nella vita di Sam (Melissa Barrera), trasferitosi a New York per controllare e tenere al sicuro la sorella Tara (Jenna Ortega), ora studentessa del college assieme ai gemelli Mindy (Jasmin Savoy Brown) e Chad (Mason Gooding). Assieme a loro ci sono anche alcune new entry come Quinn (Liana Liberato), la coinquilina di Sam, Anika (Devyn Nekoda), fidanzata di Mindy, e Ethan (Jack Champion), compagno di stanza di Chad, oltre ad altri “vecchi volti” come la giornalista/scrittrice Gale Weathers (Courtney Cox) e Kirby Reed (Hayden Panettiere), sopravvissuta miracolosamente al quarto capitolo. 

Poche parole sono necessarie per parlare del plot, asciutto in maniera tale da permettere alla narrazione di procedere senza intoppi pur lasciando grande spazio ai momenti più crudi e di tensione con protagonista l’assassino. L’elemento di riflessione sul cinema è infatti quasi del tutto assente, tanto da far risultare l’iconica adunata dei protagonisti per discutere delle “regole del film” quasi fuori luogo, un contentino inserito a forza semplicemente perché “ci deve essere”, con regole banali che non aggiungono assolutamente nulla alla pellicola e per il quale forse sarebbe stato più calzante un maggiore coraggio da parte della produzione nel discostarsi del tutto da quanto fatto in precedenza. Rimangono comunque presenti numerose citazioni al mondo dell’horror in generale, dal ragazzino ossessionato da Dario Argento con t-shirt e poster a tema, ai costumi indossati dai passeggeri della metropolitana il giorno di Halloween, al trivia tra Kirby e Mindy. 

Sangue e amore

Affianco ai momenti più concitati, sono le storyline dei personaggi a occupare il vuoto lasciato dall’elemento riflessivo, con una forte impronta teen – ancora più marcata che in passato – che catalizza intere scene, mentre porta avanti con il personaggio di Gale una riflessione sui limiti tra privato e pubblico nel giornalismo – “Avevi detto questa volta non avresti scritto nessun libro ed invece lo hai fatto.” “E’ il mio lavoro.” – già presente nelle sue precedenti apparizioni e con Kirby un accenno – forse un po’ troppo limitato a livello di spazio – sullo stress post traumatico e sull’affrontare i demoni del proprio passato.

Per quanto riguarda la messa in scena dell’orrore tutto funziona benissimo, con alcune delle sequenze di fuga e di scontri tra le migliori nei film horror degli ultimi anni, aiutate anche da un Ghostface estremamente violento e a tratti inarrestabile (quasi come fosse sovrannaturale) che riempie le inquadrature di interiora e sangue a ogni occasione.

Nonostante tutto risulta però lampante la differenza della regia rispetto a quella classica operata da Craven nei precedenti film: qui è molto più basilare, fatta di campi e controcampi che si aprono a qualche piccola sperimentazione soltanto nelle scene più tranquille, lontani quindi dalle iconiche sequenze di fuga inevitabili nei capitoli novantini. Non si è però necessariamente davanti a un difetto, quanto più a una scelta dettata anche e soprattutto da un fatto: i protagonisti preferiscono spesso affrontare il male piuttosto che scappare da esso.

Conclusioni

Scream VI è un capitolo diverso, che si distacca dagli stilemi classici della saga sostituendo agli elementi di metacinema una maggior quantità di sequenze marcatamente gore e violente alternate a situazioni meno concitate in cui fuoriesce l’anima teen dei protagonisti più giovani. Questi ultimi guadagnano inoltre profondità riuscendo a conquistarsi la scena rispetto ai personaggi storici, qui presenti in numero minore e per un time screen decisamente più ridotto ma sempre funzionale e ben dosato. 

Se siete tra quelli che seguono le vicende di Ghostface soltanto per vedere come il franchise avrebbe ironizzato sul trend hollywoodiano del momento, allora questo capitolo probabilmente vi deluderà. Se invece siete disposti a lasciare lo spirito di Craven ai capitoli precedenti e siete aperti alla novità e al cambiamento nella saga, questo nuovo film può tranquillamente diventare con facilità uno dei vostri preferiti.

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Mattia Bianconi, Redattore