Se non fosse già stato abbastanza evidente il fatto che l’industria cinematografica e televisiva degli ultimi anni punti moltissimo sul rifacimento e, più in generale, sul recupero in diverse forme di prodotti del passato, l’ennesima conferma arriva ora dalla nuova miniserie targata HBO Scene da un matrimonio, remake dell’omonima miniserie di Ingmar Bergman, emblema del cinema d’autore europeo. Esistente anche in una versione cinematografica e ispiratrice più o meno diretta di numerose opere, da parte della filmografia di Woody Allen fino al recente film di Noah Baumbach Storia di un matrimonio, passando per un altro remake italiano e un sequel diretto da Bergman stesso, Sarabanda, l’opera viene adesso ripresa con interpreti Oscar Isaac e Jessica Chastain, nei ruoli rispettivamente di Jonathan e Mira, marito e moglie che convivono da otto anni all’interno di un matrimonio apparentemente perfetto ma che vedremo collassare da lì a poco, con tutte le conseguenze del caso.
Attraverso cinque episodi, ognuno dei quali incentrato su una specifica situazione (le scene del titolo), quest’opera analizza, senza indicare colpevoli o vittime, la contorta storia d’amore fra i due coniugi, mettendo in primo piano la loro costante incapacità di comprendere i propri desideri, prima e dopo la rottura, e costruendo una storia che si basa su continue contraddizioni, vista l’enorme difficoltà dei protagonisti ad affrontare (e a sopravvivere) a quello che viene descritto – parafrasando – come il secondo evento più traumatico che una persona possa vivere nella propria vita. Qui il merito della resa va, oltre che alla sceneggiatura di Hagai Levi, anche alle straordinarie interpretazioni dei due protagonisti, e in particolare di Jessica Chastain, il cui personaggio è forse il più complesso e contrastato fra i due, costantemente attraversato da tensioni opposte che è abilissima a far emergere in maniera spesso anche violenta ma mai a caso.
A differenza dell’originale del 1973, qui i ruoli sono in parte invertiti: in questo caso è Mira, la moglie, a rompere il matrimonio a causa della sua relazione extraconiugale, ma mantiene alcune caratteristiche professionali e di ruolo all’interno della coppia della Marianne dell’originale svedese. Ripercorrendo in modo abbastanza dettagliato la stessa trama, ma scambiando alcuni tasselli, si crea quindi qualcosa di nuovo. Mira è una donna realizzata professionalmente, guadagna molto più del marito eppure all’interno del matrimonio sembra sottomettersi alle sue idee e convinzioni da intellettuale un po’ snob, per poi cambiare quasi radicalmente e, oscillando fra vari estremi, affronta un percorso anche di crescita che la porta ad un parziale nuovo equilibrio, e alla consapevolezza, quantomeno, di non sapere rispondere a determinate domande. Jonathan invece segue un percorso che lo porta da una falsa sicurezza iniziale, distrutta dal divorzio, ad una nuova consapevolezza, che però sul finale è messa nuovamente in discussione mostrando, così, tutte le sue crepe e fragilità. La cifra della narrazione è quindi l’incapacità di dare risposte definitive alle domande e ai bisogni dei due protagonisti. Vengono costantemente aperti quesiti a cui non è possibile dare una risposta certa, rifuggendo l’idea che l’arte ci debba per forza fornire una giusta chiave di lettura e un indirizzamento sui temi che tratta. Piuttosto la grande lezione risiede nell’accettazione dell’incapacità di comprendere ciò che vogliamo e i nostri bisogni e che esista un modo giusto o sbagliato di affrontare qualsiasi sfida nella vita. La pace forzata e i sentimenti ben diretti e controllati sono al contrario tossici: se il conflitto c’è, è più sano, nonostante tutto, dargli lo spazio che merita.
Gli episodi si svolgono quasi interamente all’interno della casa dei due, dando alla serie un’impostazione teatrale da dramma alla Ibsen, con taglio psicologico che da centralità alla parola e alla recitazione nervosa dei due attori; una tipologia estremamente classica ma di cui si sentiva un po’ la mancanza in televisione. Prova del fatto che la miniserie sta diventando il nuovo formato di punta tale spesso da superare il cinema in sforzo produttivo e ricerca estetica, qui accuratezza e qualità sono esibite in maniera manifesta, a partire dai curiosi piani sequenza iniziali che ci portano attraverso il set fino al momento del ciak, in cui assistiamo alla trasformazione dell’attore in personaggio.
Scene da un matrimonio si dimostra quindi capace di reggere il confronto con l’originale, con un giusto equilibrio di fedeltà e innovazione che non stravolge ma nemmeno ricalca pedissequamente ciò che avevamo già visto. La sfida, ardua visto il capolavoro con cui necessariamente la serie si doveva confrontare, è stata superata con slancio e sicurezza.
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