Il franchise di Resident Evil (o Biohazard se vogliamo usare l’originale nomenclatura giapponese), oltre agli otto capitoli principali e i numerosi spin off videoludici, ha anche all’attivo 6 film ad opera di Paul W.S. Anderson e con protagonista l’Alice di Milla Jovovich e 3 film d’animazione: Degeneration (Makoto Kamiya, 2008), Damnation (Makoto Kamiya, 2012) e Vendetta (Takanori Tsujimoto, 2017). Nell’ambito cinematografico i live action sono sicuramente più conosciuti, grazie soprattutto alla (non molto lusinghiera) fama che si è creata intorno alle pellicole e non spenderei ulteriori parole su un argomento già ampiamente discusso. Diverso invece è per i tre film d’animazione sopra citati, pellicole tutt’altro che perfette e con diverse problematiche, ma che risultano ottimi prodotti da recuperare senza pensarci due volte per i fan della saga, tenendo anche conto del tentativo di collegare queste pellicole con i videogiochi.

Dopo una lenta discesa verso il baratro per la saga, con gli ultimi capitoli videoludici sempre più mediocri ed eccessivamente improntati all’azione, la casa di produzione Capcom è riuscita a salvare la saga nel 2017 con l’uscita dell’ottimo Resident Evil 7, capitolo che rappresentava un “nuovo inizio”, con diversi cambiamenti strutturali nel gameplay e una storia completamente nuova ma sempre in continuity con i capitoli precedenti. Una rinascita vera e propria per il brand che, tra remake e nuovi capitoli, sta vivendo una nuova epoca d’oro. Ed è proprio qui che si presenta Netflix, con una nuova serie live action basata sui primi due capitoli della saga e un anime originale. Proprio sul secondo ci soffermiamo in questo articolo, vedendo perché risulta essere il modo giusto per poter approfondire questo franchise.

FANTAPOLITICA DI ZOMBIE

La storia di questo anime originale Netflix si svolge nel 2006 dopo gli eventi di Resident Evil 4  e prima di Resident Evil 5,  e vede come protagonisti i già conosciutissimi eroi della saga, Leon S. Kennedy e Claire Redfield. La serie si apre con un attacco bio-terroristico alla Casa Bianca, che porta a una vera e propria invasione di zombie all’interno del Gabinetto di Stato. Non ci dilunghiamo ulteriormente nel raccontare la trama del prodotto per evitare di rovinare particolari sorprese che la serie presenta fin dal primo episodio, dovendo anche fare i conti con la presenza di soltanto quattro episodi della durata di circa mezz’ora l’uno.

Senza entrare troppo nei dettagli, la sceneggiatura risulta particolarmente curata e riesce a mettere in atto eventi interessanti che comunque  non creano problemi di continuità con gli altri prodotti (la serie è stata infatti presentata da Camcom stessa come un prodotto canonico dell’universo di RE), introducendo un’atmosfera quasi da fantapolitica, con intrecci tra capi di stato, agenti infiltrati e operazioni di guerra e terrorismo. Se i videogiochi presentano un’ambientazione più circoscritta, con i protagonisti che si muovono all’interno di una villa o di (al massimo) una città, la serie si è presa la libertà di poter far viaggiare i personaggi, portandoli assieme allo spettatore in un vero e proprio giro del mondo, spaziando dagli Stati Uniti alla Cina, inserendo ovviamente anche luoghi inesistenti come la regione del Penamstan.

I due protagonisti risultano ottimamente scritti, approfondendo non solo il loro carattere ma anche il loro rapporto post Raccoon City, elemento prima lasciato ai margini della narrazione che trova un’ottima applicazione invece qui, a scapito però dei personaggi secondari che risultano un po’ più abbozzati, sia come aspetto (molto più generico e meno efficace) che come caratterizzazione, portando quindi lo spettatore a mantenere un rapporto leggermente distaccato con questi ultimi. Elemento questo che però non va ad inficiare eccessivamente sulla godibilità del prodotto, grazie anche alla cura grafica e registica messa in atto.

RESIDENT EVIL, QUELLO VERO

Dal punto di vista registico, la serie risulta uno spettacolo per gli occhi. Eiichirō Hasumi ha infatti messo in scena dei movimenti e giochi di macchina che raramente vediamo in prodotti di questo genere, con l’intento in molteplici situazioni di replicare (con successo) i movimenti di macchina presenti nei videogiochi, donando al prodotto una continuità spettacolare con i videogame. Il discorso vale anche per il lato più tecnico, con i modelli utilizzati per i protagonisti identici a quelli del remake di Resident Evil 2 datato 2019, permettendo allo spettatore di riconoscere gli stessi personaggi, donando ancora una volta quella continuità spesso mancante in produzioni di questo tipo. Sempre per il lato tecnico, anche la fotografia si attesta su ottimi livelli, riuscendo a caratterizzare ottimamente le varie ambientazioni in giro per il mondo, con l’utilizzo di gradazioni di colore efficaci, anche se magari un po’ cliché.

Il perché questo prodotto sia un vero Resident Evil va ricercato nell’atmosfera che riesce a creare. L’origine del brand va sicuramente cercata in quegli horror di serie b anni ‘70/’80, con “gli scienziati pazzi che creano i mostri ed i militari che salvano il mondo” riempiendo lo schermo di sangue e trash, ma mantenendo costante quella paura che rendeva iconici i prodotti.

Questa serie riesce a prendere dai primi capitoli proprio quell’elemento di inquietudine e paura che creavano le armi biologiche (non si parla infatti solo di zombie, ma anche di altre creature) e il doverle affrontare spesso da soli, inserendo comunque scene più adrenaliniche per rendere il prodotto appetibile per tutti, ma senza cadere nella trappola “Resident Evil 6”, riuscendo quindi a mescolare adeguatamente i due elementi.

CONCLUSIONE

Sfruttando il secondo periodo d’oro che il brand sta vivendo, Netflix è riuscita a confezionare un ottimo prodotto, sia dal punto di vista tecnico, con animazioni e modelli spettacolari e una regia e fotografia ottime che ricalcano molto le atmosfere dei videogiochi, sia dal punto di vista della sceneggiatura, che riesce a creare una storia originale nella quale inserire i personaggi iconici pur senza esagerazioni e mantenendo il prodotto nella canonicità. Ma è l’atmosfera che la serie riesce a creare l’elemento vincente che rende questo prodotto un vero Resident Evil, degno quindi di essere recuperato da tutti i fan del brand, senza la paura di ritrovarsi di fronte a un Paul W.S. Anderson 2.0.

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Mattia Bianconi, Redattore