In Concorso alla 80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con Povere Creature! torna Yorgos Lanthimos, che per l’occasione, oltre al suo usuale cinema grottesco, ritrova anche l’attrice protagonista del suo ultimo La Favorita, Emma Stone, accanto a Willem Dafoe e Mark Ruffalo. Su sceneggiatura di Tony McNamara il film adatta sul grande schermo l’omonimo romanzo di Alasdair Gray pubblicato nel 1992, di cui calca più o meno fedelmente il plot di partenza.
In una Londra steampunk a cavallo fra science fiction e puro surrealismo cinematografico, il film narra la storia di Bella Baxter, giovane ragazza frutto dell’esperimento del poco ortodosso dottor Godwin Baxter (soprannominato God), che ha riportato in vita la donna innestando nella sua testa il cervello del feto che aveva in grembo. Bella cresce sotto l’egida dello scienziato ma spinta dal desiderio di emancipazione e di esplorare il mondo esterno, fugge dalla dimora assieme all’avvocato libertino e debosciato Duncan Wedderburn per intraprendere un viaggio attraverso Lisbona, Alessandria, Parigi e Londra.
Il weird lanthimosiano
Yorgos Lanthimos è balzato agli occhi del grande pubblico per il suo cinema mai accomodante, abrasivo e senza mezzi termini: un gioco fin troppo facile? Non direi. E’ vero che ci vuole davvero poco a sprofondare con tutti gli stivali nel fango del weird gratuito (Il sacrificio del cervo sacro), ma molte volte ha centrato l’obiettivo (Dogtooth, The Lobster, La Favorita), acquisendo il pregio di aver reso internazionale la Greek Weird Wave – la nuova ondata di cinema indipendente greco che grida le esigenze politiche e sociali del Paese – portandola ai grandi Studios e ai grandi premi: Povere Creature! è il terzo incontro fra il regista e la Mostra del cinema di Venezia, che lo accolse ormai dodici anni fa assegnando la Miglior sceneggiatura ad Alps, mentre La Favorita era stato presentato in Concorso nel 2018 e candidato anche al Queer Lion (il premio attribuito dal 2007 ai film che affrontano la Queer Culture). Se già quest’ultimo era un progetto tutto al femminile che esplorava senza censura l’omosessualità nel XVIII secolo, ora si resta in epoca vittoriana per indagare l’emancipazione femminile in una rilettura fantaweird del Frankestein di Mary Shelley.
Godwin Baxter (Willem Dafoe) e la figlia Bella (Emma Stone)
La sovversione femminista di Frankenstein
Bella rinasce dopo la morte. Dopo essere stata soggiogata dal compagno. Dopo il suicidio. Palingenesi. Rinascita. Rigenerazione. Quella del femminile. Rinasce grazie a Dio. God, appunto. Dio prende un feto e lo impianta nel cranio di una donna. Così Dio crea il suo giocattolo, la sua Barbie, potremmo dire. Ma il paragone non è assolutamente avventato. In qualità di demiurgo, God si crede il suo padrone. Chissà perché alla fine si torna sempre lì, a uno dei romanzi fondatori della science fiction e dell’horror gotico: Frankenstein, ovviamente. Il significato lo sappiamo, la storia dell’uomo che voleva farsi Dio. Ma anche l’ingiusta paura dell’uomo verso tutto ciò che non conosce. Anche se declinato al femminile, Bella un po’ come il vecchio Frankenstein ha un problema: è una bambina nel corpo di una donna. Per la precisione Bella impara quindici parole al giorno e i capelli crescono di 2,5cm. L’inizio di Povere Creature! è muto per qualche minuto, in bianco e nero: God urlando sputa bolle dalla bocca. Chissà perché vedendo Dafoe sputare grottescamente quelle bolle a bocca spalancata in bianco e nero, la testa ha pensato subito all’episodio otto di Twin Peaks: The Return (Gotta Light?), dove nasceva Bob, il male. Genesi. Forse per la scena immortale della bambina con la bocca aperta al cui interno entrava quella specie di insetto ripugnante. O probabilmente per libera associazione di idee. Fatto sta che Bob era il male primordiale, assoluto. God invece è già Dio. Così come in realtà è già Frankenstein, col volto martoriato e stravolto dalle cicatrici. Ed è anche già il male. Un Dio-maschio che (ri)dà vita al femminile per farsi suo creatore. Prima cosa da fare nella lista? Cercare di sterilizzarla. Dio è eunuco, impotente. Lo deve essere anche la sua creatura inizialmente ingenua, infantile, incapace di intendere e per questo quasi prigioniera del Dio-padre. Ma Bella crescerà a vista d’occhio e con essa anche il suo desiderio di emancipazione. Così arrivano i colori. Una palette dalle tinte ipersature deformate dal fish-eye di Lanthimos come fossimo in un quadro surrealista, proprio nel momento in cui Bella deciderà di scappare via.
La palette colori ipersaturata scelta da Lanthimos
Uscire dalla gabbia. Fuggire. Non sappiamo se sia per non farci più ritorno. Ricordate invece che cosa chiedeva il mostro allo scienziato nel libro di Mary Shelley? Di creare un altro essere come lui ma di genere opposto. Cosa faceva invece la gente comune di fronte al mostro? Esatto: scappava. Reverse. Ora tutti vogliono il mostro, nessuno fugge: come Alice nel Paese delle Meraviglie, Bella si imbarcherà in un viaggio attraverso un mondo stravagante a cavallo fra realtà e immaginazione, passerà per diversi Paesi dove, crescendo, come tutti avrà le prime crisi adolescenziali, scoprirà le disuguaglianze sociali ma ovviamente vorrà esplorare anche la sua sessualità (con cui aveva già avuto un primo approccio all’inizio nella scena del cetriolo, divertentissima come tante altre). A Bella piace il sesso e tutti la cercano. E lei ci sta, senza alcun problema. Lanthimos non preme il freno sulla macchina da presa, come suo solito. La stone è straordinaria. A questo punto Duncan la vorrebbe tutta per sé, ma a Bella non piace la monogamia. Si fa anche pagare. E ne va fiera. Lei è pura e realista, come ama definirsi, ma questo a Duncan non va giù. Nel suo viaggio però Bella conosce, studia, comprende che qualcosa non va in quello stravagante mondo tutto sgargiante e a colori. Capisce che qualcosa deve cambiare. Quando ritorna dal suo creatore scopre che God senza Bella sta morendo. Dio si spegne, ma intanto Bella non si deprime mica, anzi, una volta morto Dio, lei vuole vendetta verso l’uomo che la teneva prigioniera e che l’aveva costretta al suicidio. Forse alla fine Bella vincerà, ribalterà la situazione, incatenerà il maschio. Ora l’Alice/Frankenstein di Lanthimos ha un nuovo cagnolino.
Povere Creature! diventa così uno dei pochi film dell’ondata femminista degli ultimi anni degno di tale nome, perché pur essendo più semplice e diretto degli altri lavori del regista ci crede fino in fondo, resta coerente e sincero con lo spettatore, forma e contenuto si sposano alla perfezione. Un’opera visionaria che ribalta le premesse del romanzo di Mary Shelley per elevarsi a film-manifesto. La donna è rinata, finalmente. Non è più sottomessa. Un film che con il passare del tempo acquisirà sempre più importanza.
Povere Creature! uscirà nei cinema italiani il 25 gennaio 2024.
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