Olga è il film d’esordio di Elie Grappe, francese, diplomato nel 2015 all’ école Cantonale d’Art di Losanna. Grappe è anche autore della sceneggiatura insieme a Raphaëlle Desplechin. È stato presentato all’ Odessa International Film Festival 2021 e al 74° Festival di Cannes per la Semaine de la Critique, dove ha vinto il SACD Award dedicato ai nuovi talenti.

Olga (Anastasia Budiashkina) è una ginnasta di quindici anni, vive a Kiev. La madre Ilona (Tanya Mikhina) è una giornalista che si occupa esplicitamente di politica e istanze sociali, per questo è poco gradita alle autorità del governo di Janukovyč. Cerca di mettere al sicuro la figlia mandandola a stare in Svizzera, dalla famiglia del padre, in modo che abbia la possibilità di competere con la nazionale svizzera e portare avanti la propria carriera. Nel frattempo la situazione a Kiev precipita: siamo nel 2013, iniziano le manifestazioni di piazza Maidan. Olga cerca di ambientarsi e conoscere le compagne di squadra, ma la sua vita è divisa in due: la vediamo studiare, allenarsi, litigare come un’adolescente normale, e all’improvviso scappare dall’aula per rispondere al telefono, o nascondersi sotto le coperte mentre l’amica e collega ginnasta Sasha (Sabrina Rubtsova) le racconta gli orrori delle barricate.

Nonostante questo sia un film che parla anche di sport, non è concepito per appartenere solo al genere sportivo: il regista stesso ha raccontato che la prima idea è stata di scrivere un film sull’esilio. La ginnastica è in primo piano, la protagonista non vuole rinunciarvi, anzi insiste nel competere anche quando l’allenatore le ricorda che se non se la sente può restare in panchina; tuttavia non si crea mai una contraddizione netta fra impegno sportivo e impegno politico. Si percepisce il tentativo di Grappe di restituire un quadro complesso e sfaccettato, nel quale le due parti dell’identità di Olga, quella che diventa cittadina svizzera e quella ucraina, coesistono e si contaminano a vicenda. 

Il realismo con cui viene raccontata la vicenda non è solo in questa struttura della narrazione ma anche nella sceneggiatura: per chiunque sia stato lontano da casa è impossibile non immedesimarsi nella frustrazione per una videochiamata che funziona male, o non sorridere dei tentativi di comunicare in un’altra lingua tramite il traduttore automatico. 

In alcuni momenti, soprattutto dall’arrivo di Olga in Svizzera, il film assume le caratteristiche di un documentario vero e proprio, con la camera a mano che segue da vicino i protagonisti e lunghe riprese di dinamiche e aspetti tecnici degli allenamenti. Tutte le attrici che interpretano le atlete sono ginnaste di professione, in particolare nei ruoli di Olga, Sasha e Steffi (Caterina Barloggio): le prime due sono riserve della nazionale ucraina, mentre Barloggio ha rappresentato la Svizzera in quattro campionati mondiali. Inoltre sono stati inseriti diversi video dai veri reportage di piazza Maidan. Questo stile viene progressivamente abbandonato nella seconda parte, quando Olga e Sasha si incontrano agli Europei e tutte le componenti – politica, sportiva, umana – convergono. Olga è sempre dove deve essere senza sentirsi mai nel posto giusto e tutte le immagini, dai colori delle divise alla luce del cellulare sempre acceso di notte, raccontano la sensazione di non poter salvare la propria identità tenendola intera. 

Il finale chiude un cerchio: eravamo partiti da una Kiev soleggiata, l’ultima immagine che vediamo della Svizzera è la palestra al buio, per poi tornare alla luce e le inquadrature ampie dell’inizio. Purtroppo la scelta di concentrare il climax di intensità e significati negli ultimi minuti, dopo una prima parte decisamente più lenta, fa risultare la conclusione affrettata. La soluzione che Olga trova per prendere una posizione senza rifiutare esplicitamente nessuna delle due metà della sua vita avrebbe meritato più spazio, invece si risolve sommessamente, rischiando di non dare al pubblico il tempo di accorgersi di quello che sta accadendo. Nell’insieme Olga rimane un’opera prima di tutto rispetto, che cerca di portare sullo schermo problematiche di grande impatto umano in modo originale.

Federica Rossi,
Redattrice.