Con Melk assistiamo all’esordio della regista olandese Stefanie Kolk, che ha presentato il film all’interno della rassegna autonoma “giornate degli autori” nell’80esima edizione della mostra cinematografica di Venezia. Il suo primo lungometraggio racconta la drammatica storia di una madre che affronta il lutto di un aborto spontaneo subito in gravidanza. La tragicità dell’evento però è accompagnata da una particolare risposta da parte del suo corpo: un’ininterrotta e sempre crescente produzione di latte materno.
Questo elemento diviene centrale nella narrazione e nella vita della protagonista, per la quale è impensabile sprecare quel latte che il suo bambino avrebbe potuto bere. Di conseguenza il più importante aspetto della sua vita diviene trovare un ente che le permetta di donare il suo latte materno ai neonati prematuri. Forse un modo per mantenere una connessione con suo figlio, per elaborare il triste avvenimento, per dare un fine alla sua gravidanza. Ciò che suscita maggior impressione è la calma quasi inquietante con cui i fatti si svolgono, scelta consapevole della regista. La Kolk ha infatti spiegato come l’ispirazione per l’opera fosse giunta in seguito a sensazioni provate da lei stessa durante il periodo della maternità. Era stata portata a ragionare su come funzionasse il corpo femminile dopo la gravidanza, da quali meccanismi esso fosse regolato, e da quanto imprevedibile potesse essere.
La regista aveva parlato con donne che avevano vissuti aborti spontanei, e si era resa conto di come in occasioni simili le parole fossero superflue, e un silenzio carico di emozioni fosse molto più eloquente. Da qui la scelta di eliminare il caos dal racconto, o meglio, di esplicitarlo tramite un espressivo ossimoro. La lentezza del film può talvolta snervare e portare lo spettatore a chiedersi quale sia il punto a cui il racconto vuole giungere, ma il fulcro, il messaggio principale, è proprio la silenziosa inquietudine carica di dolore che porta a provare insieme ai protagonisti. In questo modo la connessione che si crea è molto più profonda e l’empatia molto più vera.

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