Mandibules, presentato fuori concorso alla 77ª Mostra internazionale del cinema di Venezia, è il nuovo film di Quentin Dupieux che ne è regista, sceneggiatore, montatore e direttore della fotografia. I suoi precedenti lungometraggi (come Au Poste! e Doppia pelle) sono film dalla forte vena surreale, le cui premesse stravaganti sono spesso e volentieri spunti per parlare d’altro. E Mandibules non fa eccezione.

Un delinquente non troppo sveglio, Manu (Grégoire Ludig), coinvolge l’altrettanto svampito amico Jean-Gab (David Marsais) nel trasporto di una misteriosa valigia, per commissione da parte del ricco Michel Michel. Mentre viaggiano sulla sgangherata Mercedes con cui dovrebbero prelevare la valigetta, tuttavia, scoprono nel bagagliaio una mosca gigante. Per i due strampalati compari si presenta quindi l’opportunità di fare una fortuna, addestrando la mosca affinché commetta furti al posto loro; tuttavia, tra loro e questa insolita manna dal cielo si frappone una serie di difficoltà e imprevisti, tra cui l’ospitalità da parte di Cécile (India Hair), che scambia Manu per un suo ex, nella villa dei suoi genitori.

Mandibules è quanto di più atipico ci si possa immaginare dal filone della commedia fantastica: ha una cadenza da fiaba grottesca e lavora per sottrazione nello svolgimento degli eventi e nella caratterizzazione dei personaggi. La personalità dei due protagonisti è fumettistica, scarseggia volutamente di evoluzione: fin dall’inizio vengono delineati come due tonti perlopiù inetti, e tali rimangono fino alla fine. Non è facile riuscire a far empatizzare con due tipi così profondamente idioti, ma il film riesce a non rendere stancante il loro comportamento e anzi a renderli personaggi gradevoli e simpatici. Il lavoro sulla mosca è ottimo: animata da Dave Chapman, burattinaio responsabile dei movimenti del piccolo droide BB-8 nella trilogia sequel di Star Wars, risulta per lo spettatore sia repellente che inaspettatamente adorabile; nelle scene dell’addestramento con Jean-Gab -che la ribattezza Dominique– mostra un comportamento più simile a un cucciolo di cane che a una mosca. È a sua volta fonte di gag e momenti umoristici -tra cui uno inaspettatamente macabro-, ma la sua funzione è principalmente quella di traghettare lo spettatore in un mondo surreale, in cui svolte improbabili e personaggi bizzarri sembrano essere all’ordine del giorno, ripreso da Quentin Dupieux con colori brillanti e vivaci. Mandibules è quindi una fiaba che passa agilmente dalla commedia demenziale al fantastico al road movie. Tuttavia, come tutte le fiabe, nasconde un sottotesto allegorico.

Soprattutto da quando Manu e Jean-Gab vengono ospitati da Cécile nella villa dei suoi genitori, diventa chiaro che il ruolo della mosca non sia solo di trasportare gli spettatori da un mondo ordinario a uno straordinario, ma anche di muovere i due protagonisti in un mondo di abbienti, completamente diverso dal loro. All’inizio del film troviamo Manu addormentato in un sacco a pelo in spiaggia, i piedi bagnati dalle onde: da lì, lui e il compare Jean-Gab iniziano una “scalata sociale” in cui incontrano prima il proprietario di una scalcinata roulotte, poi i quattro amici (presumibilmente alto borghesi) e infine il ricco Michel Michel, e sfiorano un mondo da cui non sono mai realmente compresi. L’unica che sembra sospettare qualcosa di loro è Agnès (Adèle Exarchopoulos) amica di Cécile, convinta che i due nascondano un segreto: la sua vita viene stravolta quando viene rivelato l’elefante (anzi, la mosca) nella stanza. E alla fine del film il macguffin, il contenuto della valigetta, si rivelerà poco più di una pacchiana ostentazione di ricchezza e potere di cui Manu e Jean-Gab non saprebbero che farsene.

Questo sottotesto è lasciato alla riflessione dello spettatore, in un gioco di ironia e suspense che non esplicita mai del tutto il suo significato sociale: Mandibules risulta un film particolarmente difficile da valutare anche per la sua natura allusiva. Il giudizio dipende dalla capacità del singolo di stare al gioco e seguire il lento e assurdo viaggio dei due – anzi, tre compresa Dominique – sgangherati protagonisti: per chi scrive, è un viaggio che vale senz’altro la pena seguire.

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Valentino Feltrin, Redattore