Dopo aver diretto Fast and Furious 7 nel 2015 e Acquaman nel 2018, due pellicole rivolte al grande pubblico e con un impronta più action, e dopo aver curato la produzione di tutti i vari film che compongono il ConjuringVerse (da lui inaugurato nel 2013 con L’evocazione – The Conjuring), James Wan è finalmente tornato dietro la macchina da presa per dirigere un film horror. Un ritorno alle origini, a quel genere che nel (ormai lontano) 2004 lo presentava al mondo con quel piccolo gioiello dell’horror indipendente che fu Saw – L’enigmista.
A 17 anni dal suo debutto nelle sale, Wan è oggi un baluardo, un esempio di un regista che è riuscito negli anni a creare prodotti ottimamente costruiti senza però rinunciare al grande pubblico, non risultando mai costretto alla produzione di pellicole per un piccola nicchia. Tra le pellicole che tutti hanno sentito nominare almeno una volta nella vita e quelle passate un po’ più in sordina (specialmente nel caso dell’ottimo Dead Silence (2007) da molti dimenticato e che merita di essere riscoperto), non si può certo dire che Wan sia incappato in errori o passi falsi con i suoi film (rimanendo nell’analisi delle pellicole da lui dirette, in quanto tra le numerose produzioni si trovano diversi prodotti di dubbia bellezza). Quando però in data 20 Luglio venne reso pubblico il trailer del suo nuovo film, dal titolo Malignant, le opinioni si spaccarono in due fronti, tra chi entusiasta smaniava di correre in sala a vedere un nuovo horror degno di nota in quanto targato Wan e chi vedeva nel trailer un miscuglio di cliché e scene già viste, con il timore quindi che quello che sarebbe arrivato in sala di lì a qualche mese sarebbe stato un “film nato vecchio”.
All’arrivo della pellicola nelle sale, vediamo se si tratta dell’ennesimo ottimo horror targato Wan destinato ad entrare subito nelle classifiche online dei migliori film del genere oppure se questa volta si è effettivamente di fronte al primo passo falso del regista.
QUESTA NON E’ LA CLASSICA STORIA DI FANTASMI
Con questa affermazione comincia il romanzo Giro di vite di Henry James e così affermo subito che, a discapito di tutto ciò che poteva trasparire dal trailer (ragazzina tormentata dall’amico immaginario, che in realtà si rivela essere un demone che uccide tutte le persone che le stanno accanto e così via), la pellicola rende ben chiaro fin da subito come, in realtà, il tutto sia più originale ed interessante. La protagonista, Madison, vive una situazione familiare particolarmente difficile con il fidanzato Derek e spesso le loro discussioni finiscono con gravi episodi di violenza domestica. Una notte il fidanzato viene però attaccato ed ucciso da una strana creatura, che poi insegue Madison fino a colpirla e farla svenire. Da qui prendono il via le indagini di una coppia di detective, che cercano di risolvere una serie di brutali omicidi che vengono vissuti dalla protagonista del film come “sogni lucidi”.
Non addentrandosi ulteriormente nella storia per evitare di rivelare troppo, la pellicola comincia subito “in medias res” e prosegue senza troppe remore in numerose sequenze estremamente cruente e sanguinolente, andando a ripescare a piene mani gli elementi principali della saga di Saw (oltre alla crudezza, le sequenze investigative che in Saw erano più di contorno, qui risultano centrali alla narrazione e molto più curate), il tutto accompagnato dalla miglior regia mai messa in campo da Wan. Piani sequenza uno dietro l’altro, movimenti di macchina perfetti, primi piani sul volto della protagonista lasciando in penombra le movenze dell’assassino sullo sfondo, tutti elementi che arricchiscono i momenti horror della tensione tipica dei suoi lavori più recenti (vedi Insidious o The Conjuring) e che riescono a rendere l’atmosfera costantemente agghiacciante. A questo si aggiunge poi una colonna sonora azzaccatissima, che risulta anche qui un mix dei temi presenti nelle sue precedenti pellicole, passando da pezzi più sussurrati con le classiche sonorità da horror “demoniaco” a brani più grezzi e gracchianti, puntando più sull’effetto disturbante.
ALTI E BASSI
Sul lato recitativo, la protagonista Annabelle Willis fa un ottimo lavoro, riuscendo a portare sullo schermo un ottima interpretazione sia nei momenti più tranquilli sia in quelli più inquietanti, dove riesce a donare una performance di paralisi nel sonno estremamente funzionale. Passando ai personaggi secondari, il livello scende leggermente, complice una scrittura di alcuni dialoghi non perfetta e che fa risultare i personaggi spesso fuori luogo (soprattutto la coppia di poliziotti interpretati da George Young e Michole Briana White).
Questo ci conduce alla parte più problematica della pellicola. Se infatti la regia è fenomenale e funziona dall’inizio alla fine senza sbavature, lo stesso non si può dire della sceneggiatura. Nella prima metà del film, la scrittura delle varie scene, in realtà, funziona, presentando nel modo giusto i personaggi principali, il villain Gabriel e presentando al pubblico una base per le vicende estremamente interessante e dal gran potenziale. Superato però il soggetto curato da Wan stesso e passati alla realizzazione vera e propria delle vicende (la scrittura della sceneggiatura è stata curata da Akela Cooper) e del loro sviluppo, si cade in risoluzioni piatte e già viste ed andando ad inserire elementi eccessivi, come il plot twist che, se sulla carta poteva funzionare, viene mostrato e costruito in maniera anticlimatica, distruggendo completamente l’atmosfera ottimamente creata nella prima parte.
Un ultimo momento va dedicato a Gabriel, villain che funziona alla perfezione nella prima parte della pellicola, grazie soprattutto alla messa in scena di una creatura antropomorfa ma sbagliata, che si muove in maniera disumana e con poteri chiaramente sovrannaturali. Si è di fronte ad un vero e proprio boogeyman, come lo furono Michael Myers, Jason Voorhes o Leatherface, estremamente caratteristico che viene però completamente rovinato dalle ultime sequenze del film, dove tutta la componente più orrorifica del personaggio viene messa da parte in favore di una spettacolarità che risulta però fuori luogo e che finisce per spazientire lo spettatore.
CONCLUSIONI
Con questa pellicola, James Wan dimostra ancora una volta di essere tra i migliori registi horror in circolazione al giorno d’oggi, capace di portare sullo schermo storie interessanti in maniera sempre nuova ed originale, migliorandosi sempre di più. Purtroppo però l’interessante idea di base viene sviluppata in maniera eccessiva nella seconda parte del film, rovinando completamente ciò che di buono era stato fino a quel momento costruito, in primis il villain Gabriel, che passa dall’essere un nuovo e caratteristico boogyeman ad una grossa occasione sprecata. Si attendono quindi con ansia i nuovi progetti di Wan, con la speranza che la sua bravura alla regia venga accompagnata da una buona scrittura delle vicende.
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