Non è facile portare sullo schermo i rapporti familiari senza scadere nel banale o nello stucchevole, eppure dopo aver visto Madres Paralelas si ha quella strana sensazione che si può provare dopo aver visitato in ospedale quella vecchia amica di infanzia appena diventata madre, o dopo essere andati a posare un mazzo di fiori di fianco al nome di un lontano parente. Quella tenerezza mista al senso di incertezza verso il presente e il passato, nel rapportarsi con le grandi sorelle che regolano il mondo, vita e morte. Per questa sua ultima pellicola, Almodóvar ha scelto di portare avanti una riflessione delicata ma intensa sui rapporti che costituiscono una famiglia, la realtà che conosciamo sin dalla nostra nascita. Si potrebbe pensare che sia una tematica difficile, dato che probabilmente è stata affrontata già innumerevoli volte, tuttavia la mano del regista spagnolo ci mette davanti agli occhi qualcosa di nuovo, una narrazione sulla costruzione di legami profondi e sul recupero dei rapporti antichi che uniscono un albero genealogico.

Ciò che salta all’occhio ancor prima di vedere il film è la particolarità della locandina, sulla quale possiamo vedere l’abbraccio tra le due attrici protagoniste mentre sui loro vestiti compaiono delle linee parallele. Naturalmente le linee stanno a indicare il percorso delle due donne, entrambe incontratesi in ospedale mentre erano incinte ed entrambe diventate madri nello stesso giorno. Le loro vite proseguono esattamente come due linee parallele, durante la gravidanza e la crescita delle loro rispettive figlie, fino poi ad incontrarsi nuovamente. Non abbiamo il coraggio di raccontarvi oltre e con questa piccola recensione speriamo di convincervi ad andare in sala il prima possibile!

Madres Paralelas pone l’accento sull’importanza dei legami familiari, che siano quelli che ci legano ai nostri antenati o quelli che si stanno formando nel presente. La storia di “due madri sole” che trovano la forza di continuare nella reciproca solidarietà si mescola a una sottotrama dedicata all’importanza della memoria e del ricordo di chi ci ha preceduto. Piano piano, nel corso della narrazione, Almodóvar intreccia e mette su linee parallele storie e generazioni di donne alla ricerca del proprio posto nel mondo e dei tanti segreti sepolti nel passato che prima o poi dovranno essere (e verranno) dissotterrati. È l’opera con cui il regista si conferma ancora come uno dei migliori del nostro tempo, in grado di farci entrare nella vita di donne tormentate riuscendo allo stesso tempo a pareggiare i conti con il buio passato franchista della Spagna. E questo gli è stato possibile anche grazie alle splendide interpretazioni di attrici che reggono sulle loro spalle l’intera pellicola; parliamo di Penélope Cruz, tornata nuovamente al fianco di Almodovar dopo sette film insieme, e della giovane Milena Smith, candidata al premio Goya come miglior attrice rivelazione per il 2021. Le attrici, in compagnia di una terza, Aitana Sánchez-Gijón, portano sullo schermo tre figure femminili struggenti e delicate, assediate dal passato e dai rimpianti, ma decise a ricostruire la propria vita pezzo per pezzo, in nome dei profondi rapporti da cui sono legate.

All’inizio del film, Almodóvar ci stupisce con scene emozionanti delle due protagoniste in ospedale, in procinto di partorire; si vede chiaramente come la tematica della maternità (ancor più se affrontata potendo contare solo su se stessi) venga trattata in modo diretto e senza romanticizzazione. I sentimenti delle due donne sulle loro rispettive gravidanze appaiono spesso discordanti, mentre la fatica, la sofferenza e la costante paura di non farcela ci vengono sbattute davanti agli occhi senza neanche avvisarci. Di conseguenza, le storie di queste donne riescono a farci riflettere su grandi temi come il controllo sul proprio corpo e sulla propria esistenza, insieme al sentimento logorante di vedere la propria vita “messa in pausa”, mentre tutte le altre continuano a scorrere intorno a noi. E tutto ciò viene trattato da un punto di vista esclusivamente femminile, ponendo l’accento su come l’avere dei figli possa essere un dono meraviglioso e insieme una condanna, soprattutto per chi si trova costretto a doversene occupare senza poter contare sull’aiuto di nessuno. Senza dubbio, Almodóvar si è assunto un grosso rischio nel voler portare sullo schermo una pellicola ricca di tematiche così scottanti, se consideriamo che, per di più, ha voluto affrontare anche il passato della Spagna franchista attraverso una riflessione basata sull’importanza della memoria e del ricordo di chi non è più con noi. Il cast è tutto al femminile, pochi attori sono di rilievo, e sembrano quasi non avere voce se comparati alle donne in primo piano. Interpretazioni meravigliose e una regia impeccabile, che ci accompagna in un film sorprendente, capace di farci riflettere e farci capire che privato e politico vivranno sempre insieme nelle nostre vite.

Vi consigliamo assolutamente di correre in sala, una pellicola del genere è da non perdere, ancor meglio se avete la possibilità di vederla in lingua spagnola!

Prima di lasciarvi, ci piacerebbe farvi conoscere una curiosità: sapevate che Almodóvar aveva già in un certo senso mostrato questa sua ultima opera nel 2009? In Gli abbracci spezzati, altro film che vede la collaborazione del regista con Penélope Cruz, non solo vediamo il protagonista scrivere un copione intitolato Madres Paralelas, ma in una scena compare anche una locandina con lo stesso titolo. Un vero e proprio cameo, quindi, di un film-nel-film: è lo stesso Almodóvar, e noi con lui, a rivolgere lo sguardo al passato, quella ciclicità che torna incessantemente nelle vite di tutti.

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Renata Capanna, Redattrice