LO SPETTRO DI JAMES WAN

Da diversi anni si aggira un temibile spettro fra le produzioni cinematografiche horror statunitensi: James Wan. Il regista malese naturalizzato australiano può vantare ben 23 film prodotti a fronte di “soli” 10 film diretti; fra queste 23 produzioni soltanto una non è pienamente asseribile al genere horror (Mortal Kombat), per il resto rimaniamo sempre nel suo genere prediletto. Nessun problema, potreste suggerire, anzi, meno male che ci sono produttori che danno spazio a nuovi registi di genere: molti dei beneficiari delle produzioni di Wan erano alla loro opera prima (Darren Lynn Bousman con Saw II – La soluzione dell’enigma, David Hackl con Saw V, Kevin Greutert con Saw VI, David F. Sanberg con Lights Out – Terrore nel buio, Michael Chaves con La Llorona – Le lacrime del male e Gary Dauberman con Annabelle 3). Tutto perfetto, quindi? Non proprio: Wan ha sicuramente reso più prolifica la produzione di genere statunitense (e ne gioiscono tutt’ora anche gli esercenti), ma ciò che ha messo in piedi appare più come una produzione su modello fordista piuttosto che un arricchimento artistico dell’horror. Stessa fotografia patinata, stessa regia eufemisticamente anonima, stessi jumpscares utilizzati come solo espediente di spavento, stessa assoluta mancanza di tensione, stessi stereotipi del genere in ogni dannata inquadratura, stessa povera capacità di rielaborazione del genere: una vera e propria catena di montaggio dell’orrore. L’importante è che incassino, non importa la qualità artistica dei prodotti (termine inteso nella sua accezione più consumista e commerciale possibile).

Sarà valso lo stesso discorso anche per M3GAN, il nuovo film diretto da Gerard Johnstone e con Wan, oltre che in produzione assieme a Jason Blum (CEO di Blumhouse Productions), nel ruolo di soggettista?

Spoiler: si. 

Gemma abbina M3GAN a Cady

NEAR FUTURE E HORROR

M3GAN (acronimo di “Model 3 Generative ANdroid”) è la nuova bambola a grandezza naturale provvista dell’intelligenza artificiale più avanzata nel mondo dei giocattoli: la sua programmatrice, Gemma (Allison Williams: la Rose Armitage di Scappa – Get Out), insicura del suo ruolo di madre dopo essere diventata tutrice dell’orfana Cady (Violet McGraw), decide di testare la bambola abbinandola con la bambina. M3GAN può fare davvero di tutto: apprendere, insegnare, ascoltare, parlare, giocare, difendere e anche cantare la buonanotte a suon di Titanium di David Guetta. Tuttavia, il più grande passo avanti nella robotica per giocattoli si dimostrerà molto più intelligente e malvagio di quello che Gemma si potrebbe aspettare…

M3GAN mescola un po’ di tutto: intuizioni horror del solito balocco infernale che trova le sue le radici addirittura nel film a episodi del 1945 Incubi Notturni (sebbene si trattasse più propriamente di un pupazzo), passando per Dolls di Stuart Gordon e arrivando ovviamente alla bambola Chucky de La bambola assassina (il cui recente remake, fra l’altro, aveva già anticipato M3GAN nello sfruttamento delle nuove tecnologie). A Johnston l’horror non basta e decide di filtrarlo attraverso la chiave del “near future”, quella fantascienza non troppo vicina e nemmeno troppo lontana ma non per questo meno inquietante ai nostri occhi, che può trovare per esempio nell’intelligenza artificiale Ava di Ex Machina dei suoi recenti esponenti: la bambola M3GAN è l’esatta commistione fra la malvagità di Chucky e l’autocoscienza di Ava, insomma non il perfetto gingillo che ogni famiglia medio-borghese americana vorrebbe fra le sue quattro mura.

M3GAN e Cady leggono assieme

FANTA-HORROR PEDAGOGICO

Il monito di M3GAN è chiaro: genitori di tutto il mondo state ben attenti a cosa date in mano ai vostri figli, la tecnologia può essere terribilmente dannosa e non deve sostituire il ruolo genitoriale: va bene l’intelligenza artificiale, ma non l’artificialità dei sentimenti!

Un messaggio pedagogico e di educazione digitale apprezzabile e degno di una puntata di Black Mirror (altro richiamo evidente di Johnston), se non fosse per i 102 minuti coi quali si è deciso di trasporlo in lungometraggio.

Non c’è dubbio che il target di riferimento sia decisamente “teen”, la vena comica onnipresente (è già stata citata Titanium come lullaby) permette anche di prendere meno seriamente una pellicola che – come ogni film con bambole assassine – necessita di un grande sforzo di sospensione dell’incredulità. Ciò che lascia più basiti è la scarsa capacità di rielaborazione del genere di un film che non pare essere assolutamente consapevole di essere arrivato nel 2023, dopo l’ondata di Black Mirror, decine di giocattoli diabolici (basta ricordare anche Annabelle, per restare in ambito James Wan) e miriadi di film esploratori del “near future”. Come potrebbe apparire interessante ai nostri occhi un film teen che tenta la via dello slasher nascondendo il più delle volte le sequenze clou, che non ha una singola invenzione visiva o registica degna di nota, che risulta esteticamente piatto e anonimo, con battute a dir poco infantili, che tenta di spaventare esclusivamente con la tecnica del jumpscare finendo per non essere né divertente né tantomeno spaventoso?

I soli buoni intenti della sceneggiatura non sono sufficienti per non accostare M3GAN a un prodotto di massa e di commercio al pari della bambola oggetto del titolo.

M3GAN come macchina omicida

Ad ogni modo, gli esercenti ringraziano di nuovo (su un budget di 12 milioni di dollari in America si prospetta un week-end d’esordio fra i 17 e i 20 milioni, in Italia ha esordito al primo giorno di proiezione con 145.047 euro) e James Wan, avendo già paventato l’uscita di un possibile sequel e avendo anche ripetuto la sua idea di cinema tesa a dar vita a veri e propri franchise (esattamente come il suo “The Conjuring Universe”) conferma il successo della formula-Wan, ancora una volta fedele amica dei botteghini.

Tuttavia, ad uscire più povera da questa standardizzazione creativa è proprio l’arte. Ed è un grande peccato.

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Alberto Faggiotto, Redattore