Eletto miglior film dell’anno 2024 dai Cahiers du cinéma e particolarmente amato dalla critica francese, L’uomo nel bosco è arrivato pochi giorni fa in Italia, portando con sé un certo alone di mistero. Commedia noir o addirittura un thriller psicologico?

Cos’è successo nel bosco?

Jérémie (Félix Kysyl) è appena arrivato in un piccolo paesino della Francia del sud, tornato dopo tanto tempo da Tolosa per il funerale del panettiere, suo caro amico ed ex datore di lavoro. Ospite a casa della vedova Martine (Catherine Frot) per qualche giorno, l’uomo ritrova una inaspettata pace nella piccola comunità, ma Vincent (Jean-Baptiste Durand), figlio del fornaio ormai sposato e con una famiglia, non è molto contento della sua permanenza lì. I due erano vecchi compagni di scuola, che inevitabilmente si sono allontanati negli anni, eppure il loro ritrovamento non sembra portare niente di buono: dopo alcuni giorni e qualche giro nel bosco a cercare funghi, tra Jérémie e Vincent inizia a nascere della tensione. Che ci sia qualche segreto di mezzo? Qualche azione imperdonabile? Ma non facciamo in tempo a porci queste domande che succede qualcosa di terribile, al sicuro tra i folti alberi del bosco; Jérémie si trova presto all’interno di un’indagine su un misterioso omicidio.

Andando avanti nella visione, L’uomo nel bosco si mostra sempre di più come un’opera che riflette sulle pulsioni dell’uomo, di natura violenta ma anche e soprattutto sessuale, spesso distruttive e in grado di provocare danni irreparabili. È un film che mette in scena un protagonista ai limiti dell’assurdo, con una carica erotica particolarmente forte, ma che in fin dei conti non riesce a soddisfare come vorrebbe (e specialmente come si aspetterebbe lo spettatore). Ma riesce a essere anche una commedia incentrata sul senso di colpa e sulla ricerca del perdono, portata avanti da una costruzione dei dialoghi a dir poco perfetta.

L’assurdo tra la foresta lo strano ruolo di un prete

L’uomo nel bosco, il cui titolo originale è Misericordia, è un’opera a dir poco misteriosa. L’estrema cura nel mostrarci i suoi lunghi dialoghi è accompagnata dalla costante sensazione che nessuno stia dicendo tutta la verità, che nessuno sia davvero chi afferma di essere. Molte delle sequenze in cui vediamo i personaggi parlare tra di loro sembrano arrivare allo spettatore come brevi frammenti di conversazioni origliate da dietro una porta, in cui non si conosce bene il contesto del discorso e si può soltanto continuare a ipotizzare. Come la fitta foresta in cui il protagonista si aggira in cerca di funghi nasconde innumerevoli segreti, così anche le stesse parole degli abitanti del paesello celano qualcosa, e non soltanto i posti dove è più facile trovare i porcini.

L’alone di mistero generale è però compensato da una regia estremamente realistica, che rifiuta persino la colonna sonora se non per il segmento iniziale dei titoli di coda. Lo sguardo di Guiraudie sulle vie e casette del paese, ma anche sullo splendido bosco che lo circonda, risulta talvolta molto simile a quello che si può trovare in un dipinto realista di fine Ottocento, ad esempio le opere del nostro connazionale Teofilo Patini. Così anche la visione dei rapporti umani, che risultano ridotti all’osso, scarni, ma allo stesso tempo sembrano nascondere qualcosa di più profondo e viscerale. Il tutto risulta essere in uno stato di ambiguità e di assurdo, di oscillazione tra quello che sappiamo, quello che pensiamo di sapere e quello che bisogna tenere nascosto, come ci ha sempre insegnato la realtà del paesino di provincia. Anche lo stesso Jérémie è parte di questa ambiguità, silenzioso, chiuso e quasi in imbarazzo nelle prime volte in cui compare sullo schermo, finché poco dopo non viene messo letteralmente a nudo davanti ai nostri occhi, sia a livello fisico che soprattutto psicologico.

L’uomo nel bosco è un film che ha come obiettivo quello di confondere, poi intrappolare lo spettatore all’interno della sua storia, e infine lasciarlo lì solo, seduto sulla poltroncina a chiedersi “e adesso?”. È un Possum senza il suo mostro, una visione assurda delle pulsioni e perversioni umane che non possono essere portate a galla. È uno sguardo su qualcosa che traspare soltanto, come fa il sole tra i rami degli alberi in un fitto bosco. E forse proprio per questo merita di essere visto.

Renata Capanna,
Redattrice.