Michelangelo Merisi detto il Caravaggio fu sicuramente uno degli artisti più influenti della storia dell’arte. Il suo personale linguaggio figurativo non divenne celebre solo per la scelta di soggetti che risultavano provocatori alla Chiesa, o per forti contrasti che riuscivano a catturare l’attenzione degli spettatori. Il periodo in cui dipinge è l’inizio del ‘600, in un momento di svolta dell’arte in cui si abbandonano le linee sinuose e l’eleganza stucchevole del manierismo, una corrente basata sull’imitazione dei linguaggi dei grandi maestri di inizio ‘500. L’artefice di questa svolta risulta essere proprio Caravaggio, insieme ai cugini Carracci, artisti che come lui non riuscirono a far proprio uno stile pittorico che era ormai giunto al termine della sua esistenza. 

La forza interiore necessaria ad assumere un ruolo del genere, il rifiuto di inserirsi nella tradizione e l’esigenza di un cambiamento fanno già comprendere come dovesse essere la personalità del Caravaggio: un carattere certamente forte, incurante degli altri e tantomeno delle norme a cui uniformarsi per vivere bene. Consapevole delle proprie idee e del loro valore, disposto a difenderle a qualsiasi costo, a riversarle nella sua arte e dare anche la propria vita per quest’ultima.  

Ne L’ombra di Caravaggio Michele Placido riesce a ritrarre perfettamente l’individualità dell’artista, il suo estro e il suo difficile temperamento, ricostruendo un contesto storico preciso ed evidenziando la grandezza delle sue opere.

Il motore della storia è la ricerca di Caravaggio (Riccardo Scamarcio) da parte di un funzionario della Chiesa, incaricato di trovare l’artista fuggito a Napoli, in Sicilia e a Malta dopo l’omicidio di Ranuccio Tommasoni da Terni. Un determinato e implacabile Louis Garrel, nelle vesti dell’ “ombra”, riesce a riportare quel senso di gravità e austerità proprio dell’istituzione ecclesiastica, contro cui il Merisi si scontrò ripetutamente fino alla sua morte. Il film si dispiega in diversi flashback, determinati dalle diverse tappe dell’indagine dell’Ombra attuata dal 1606 in poi, anno della vicenda drammatica e della fuga del pittore. Questa struttura narrativa permette non solo di selezionare gli eventi più avvincenti e funzionali al racconto, ma mostra come anche ai suoi stessi nemici il Caravaggio risultasse irrimediabilmente affascinante e come pur disprezzandolo, non fosse possibile resistere alla tentazione di approfondire la sua conoscenza, comprendere i suoi ideali, lasciarsi colpire dalla sua arte e studiare la vita del suo creatore. Ed è ciò che vediamo fare a Garrel, che prima di muoversi realmente per catturare il fuggitivo entra in contatto con tutti coloro che erano stati vicini al Merisi. 

Michele Placido veste i panni del cardinale Francesco Maria del Monte, appassionato d’arte e protettore di Caravaggio. Influenzò la sua produzione per buona parte degli anni ’90 del ‘500, commissionandogli molte scene di genere e soggetti d’impronta mitologica, in cui si può ritrovare il ritratto dell’artista stesso. E la visita alla sua collezione privata, così come a quella del marchese Giustiniani, sembra essere uno dei momenti più importanti per l’Ombra; Garrel si ritrova ad osservare quelle opere mosso da un’attrazione fatale che non può essere manifestata, poiché lui deve incarnare i precetti ecclesiastici, e pur riconoscendo la qualità di quell’arte non può abbracciarla completamente. 

Da un punto di vista formale il film riprende le opere che vuole mettere in risalto. Spesso sono richiamati quei contrasti tipici del Caravaggio, specialmente nel mostrare la genesi di alcune importantissime opere come “La morte della Vergine” o la “Conversione di San Paolo”. Viene svelata la realtà della vita del Merisi allo stesso modo con cui lui svela la verità del mondo: con la luce, poiché secondo l’artista ogni elemento ha la stessa dignità di essere dipinto, dalle canestre di frutta alle scene sacre. E ciò che va ad unificare ogni rappresentazione è un’illuminazione che rivela i soggetti e li porta ad emergere dal buio del non-conosciuto. 

Placido riesce quindi a rendere onore alla grandezza di Caravaggio senza risultare esageratamente melanconico o drammatico nel portare sullo schermo la vita di un artista maledetto. Sono presenti tutti coloro che furono importanti nel corso della sua esistenza, con un vero e proprio ruolo o anche solo citati: il Cavalier d’Arpino, artista nella cui bottega Michelangelo lavorò per un periodo; Orazio Gentileschi, pittore che, come sua figlia Artemisia, si ispirò a lui e al suo stile; Annibale Carracci, che realizza l’“Assunzione” che si può vedere nella cappella Cerasi insieme alle due tele della “Conversione di San Paolo” e il “Martirio di San Pietro”. 

L’attenzione posta alla vicenda di Caravaggio mostra come ancora oggi sia una delle personalità più interessanti e complesse della storia. La forza eversiva della sua natura irruppe ad inizio ‘600 come il moto rivoluzionario e innovatore di cui si avvertiva la necessità, e Placido ci accompagna solerte nell’avvicinarci a lui, ci permette di seguire la sua storia come se fossimo noi la sua Ombra.

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Gaia Fanelli, Redattrice