24 ore che si ripetono, lo stesso giorno ancora e ancora e ancora, in un loop temporale dove una sola persona è cosciente di questo piccolo problema del tempo. È un’idea che è diventata nozione comune, ormai anche per gli stessi protagonisti dei film sui loop temporali. Sono state esplorate tutte le modalità e generi, dal puro sci-fi d’azione, al thriller, all’horror, con grande interesse alla commedia romantica, probabilmente perché la storia d’amore tra due persone intrappolate nello stesso giorno è adatta per rappresentare un amore tanto effimero quanto essenziale.

Ed è in questo punto che si colloca il film in questione. Questa volta a rivivere la stessa storia abbiamo un giovane ragazzo un po’ nerd, Mark, che ripercorre le 5 fasi del dolore temporale come da manuale: sperimentazione, noia, tentativo di fuga, tristezza e presa di coscienza.

Dopo aver visto più e più volte la stessa quotidianità, aver imparato una perfetta coreografia che lo rende agli occhi ignari di chi lo circonda al limite del sensitivo, e dopo aver sperimentato quello che tutti proverebbero in una situazione del genere, la sua solitaria vita trova una possibile compagnia in Margaret, l’unica altra persona che sembra cosciente di questa falla nel sistema.

Il suo obiettivo è realizzare una mappa della città che indichi tutte le piccole cose perfette, quegli eventi dove la casualità sembra organizzarsi per mostrare qualcosa di unico e raro, i momenti fugaci che svoltano una giornata.

Ma per quanto la possibilità di vivere senza conseguenze potendo riavvolgere il nastro e ricominciare da capo possa essere elettrizzante, dopo l’ennesimo risveglio in un mondo già vissuto iniziano ad emergere le complicazioni, e quello che sembrava essere un potere che ti rende cosciente della situazione mentre gli altri vivono in una sorta di dormiveglia senza mai andare avanti, si trasforma in una gabbia dove ad essere intrappolato non sono gli altri ma te stesso.

Il film porta continui rimandi alla cultura nerd, strumento di analogia con ciò che accade ai protagonisti: dalle citazioni di Doctor Who, ai continui tentativi di superare un livello di uno sparatutto che dopo ogni fallimento si resetta (come la vita stessa dei protagonisti) e fino ai riferimenti ricorrenti ad altri film passati sui loop temporali, come Ricomincio da capo (Harold Ramis, 1993) con Bill Murray. Esistono un’infinità di storie dal tempo ciclico, è il film stesso a mostrarcelo, ed è quindi necessario portare qualcosa che attiri l’attenzione dello spettatore per rendere questa ripetitività meno ripetitiva.

Tecnicamente il film è scorrevole e rientra pienamente nei parametri del suo genere, non raggiungendo livelli di eccellenza. Mantiene per quasi tutta la pellicola una sensazione di standard, senza mai risaltare veramente sia dal lato registico che attoriale. Una semplice commedia come se ne possono trovare nei numerosi cataloghi online.

Ma più si prosegue con la visione più assume carattere e profondità, riuscendo a condividere il suo messaggio di fondo attraverso le esperienze di Mark e Margaret: la difficoltà nel non essere pronti a lasciar andare un passato che pensiamo non averci ancora dato tutto quello che volevamo, l’importante e obbligatoria dipendenza sociale che ci contraddistingue in quanto esseri umani, per quanto ci si creda solitari, e il consiglio nel non cercare la perfezione nei grandi progetti, ma in quei momenti fugaci nella quotidianità capaci di strappare il sorriso anche in una giornata buia.

La mappa delle piccole cose perfette è alla fine dei conti un film discreto, fa quello che deve, senza infamia e senza lode, ma non lasciando una sensazione di rimpianto per aver sprecato un’ora e mezza del proprio tempo alla comparsa dei titoli di coda.

Chi ama il genere non ne resterà deluso e se avete un abbonamento Prime Video e qualche ora libera, o siete bloccati in un loop temporale e cercate ispirazioni su cosa fare nella vostra nuova ciclica vita, questo film potrebbe essere la soluzione.

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Alessandro Deppieri, Collaboratore