A soli sei mesi di distanza da Poor Things, che appartiene al filone più hollywoodiano della sua produzione e ha ricevuto 4 Oscar nell’edizione appena passata, Yorgos Lanthimos torna nelle sale con Kinds of kindness. In concorso a Cannes 2024, il film è stato scritto a quattro mani con Efthymis Filippou, storico co-sceneggiatore di Lanthimos che aveva firmato, tra gli altri, anche The Lobster (2015) e il Sacrificio del cervo sacro (2017).
Si tratta di un’antologia nella quale le tre storie raccontate non si incrociano mai, pur avendo in realtà molto in comune. Le riprese si sono svolte durante la post produzione di Poor Things, con un budget ridotto (15 milioni di dollari, contro i 35 del film precedente) e parte dello stesso cast: ritroviamo Emma Stone, Willem Dafoe e Margaret Qualley. È presente anche Jesse Plemons, che a Cannes ha ricevuto un meritato premio come miglior attore. Lanthimos torna a immergersi nel surrealismo e nell’esplorazione degli aspetti meno appetibili dell’umanità, quelli più bestiali e meschini, con un distacco da osservatore scientifico privo di qualunque giudizio morale. Questa volta lo fa in maniera particolarmente autoreferenziale, puntando su simbologie che i fan più longevi riconosceranno facilmente.
Le avventure di R.M.F.
Ciascun segmento ha un titolo contenente le iniziali di questo personaggio, R.M.F., fatto che non commenteremo qui per evitare spoiler. Nel primo racconto Robert (Jesse Plemons) è un uomo d’affari che intrattiene una relazione particolare con il proprio superiore (Willem Defoe): questi controlla ogni aspetto della sua vita tramite istruzioni quotidiane estremamente dettagliate e invasive. Quando Robert si rifiuta di eseguire uno dei compiti, l’altro lo accusa di aver smesso di amarlo e tronca improvvisamente la relazione. Robert si trova disorientato, non è in grado di immaginare la propria vita in maniera autonoma, tanto da sforzarsi di riprodurre da solo gli episodi della sua vita che erano stati orchestrati per lui nella sorta di Truman Show in cui viveva. Si lancia poi in una serie di tentativi disperati di riguadagnare l’approvazione dell’uomo, come fosse un bambino che è stato sgridato dal padre, per evitare di venire sostituito con un’amante più obbediente.
Nella seconda parte il protagonista è un poliziotto di nome Daniel, la cui moglie è dispersa in mare. Quando questa fa ritorno a casa, Daniel nota piccole differenze con quella che ricordava essere sua moglie e si convince di star vivendo con una sostituta. Questo capitolo è il più inquietante dei tre, e, a parere di chi scrive, anche il più riuscito. Un elemento che contribuisce a trasmettere l’atmosfera è la dissonanza che si crea quando vengono inseriti elementi splatter senza che i personaggi diano segno di esserne disturbati. Inoltre in questa storia vengono messe in scena la paranoia e il problema dell’identità – altro tema ricorrente nel cinema di Lanthimos – senza che sia possibile allo spettatore capire quale dei personaggi sia “sano”, e quale versione dei fatti sia quella deformata. Ogni scena è perfettamente credibile, come se fossero tutte vere contemporaneamente. La suspense sostenuta in questo modo bilancia il ritmo lento della pellicola.
La terza parte inizia con un tentativo esplicito di avere il controllo sulla natura umana: Emily (Emma Stone) fa parte di una setta, i cui membri sono alla ricerca di una persona che si narra sia in grado di resuscitare i morti. Esclusa poi dal gruppo per essersi contaminata, ovvero aver avuto rapporti sessuali con una persona esterna, fa di tutto per trovare il loro obiettivo e portargliela, come fosse una preda, sperando di meritare così il perdono. Attraverso la vita di questa comunità, i loro gesti e le regole che seguono, Lanthimos mette in scena un vero e proprio branco di animali, più che una società umana.
Cani
La pellicola è infatti una collezione di tutti i modi in cui l’essere umano è portato alla vita del branco, poiché ha bisogno di riconoscersi e riconoscere i propri simili dentro a dinamiche di potere ben definite, scambi di favori, contatto fisico. Il controllo dei corpi è uno dei mezzi principali attraverso cui si realizzano tutti i tentativi di sopravvivenza dei personaggi, mentre i dialoghi sono relegati alla funzione di semplici scambi di informazioni, le emozioni espresse sono sempre basilari: rabbia, paura, bisogni. Kinds of kindness, tipi di gentilezza sono tutte le deformazioni istintive dell’amore che ci rendono simili a bestie più di quanto ci piace immaginarci. Le inquadrature fisse dentro le quali i personaggi si muovono come girando in tondo in una gabbia aumentano il senso di disumanizzazione.
Purtroppo come anticipato l’esecuzione è ai limiti del didascalico, Lanthimos si autocita una volta di troppo e neanche l’uso dei colori e del suono colpiscono particolarmente. D’altra parte la qualità delle interpretazioni, le atmosfere surreali e i momenti di sottile dark comedy risollevano notevolmente la pellicola.

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