Dopo una serie di giri a vuoto lo studio di Emeryville riesce a centrare il colpo.

Il nuovo film Pixar Inside Out 2, diretto non più da Pete Docter ma dall’esordiente Kelsey Mann, è probabilmente il film più atteso della primavera-estate 2024. Quello che è solitamente uno dei periodi più floridi per il box office stavolta piange lacrime amare a causa della penuria di blockbuster americani. L’ultimo maggio prima della pandemia aveva visto i botteghini di tutto il mondo crollare sotto i colpi di Avengers: Endgame, nel 2022 Tom Cruise aveva iniettato una fiala di imperialismo testosteronico con Top Gun: Maverick mentre il 2023 è stato l’anno del Barbienheimer. L’annata corrente è ancora influenzata dalle conseguenze degli scioperi di sceneggiatori e attori dello scorso anno e per la prima volta in dieci anni a maggio non abbiamo visto nessun film di supereroi. Dall’altra parte la Pixar potrebbe tornare ad incassare seriamente per la prima volta dal 2020. Onward si è visto tagliare le gambe dal Covid, Soul, Luca e Red sono usciti direttamente su piattaforma, Lightyear è stato un flop, Elemental ha raggiunto un profitto minimo. Inside Out 2 sembra essere l’unico film in grado di risollevare lo studio e raggiungere il miliardo di dollari di incasso quest’anno. Probabilmente andrà così.

È passato circa un anno dal finale del primo film, la neo-tredicenne Riley si è ambientata con la sua famiglia a San Francisco e si prepara ad un camp di hockey su ghiaccio organizzato dal liceo in cui sogna di entrare. Le cinque emozioni che vivono nel suo cervello (Gioia, Tristezza, Rabbia, Disgusto e Paura) hanno trovato un equilibrio e tutte concorrono alla salvaguardia del Senso di Sé della ragazza. L’arrivo della pubertà tuttavia comporterà l’ingresso di quattro nuove emozioni (Ansia, Imbarazzo, Noia e Invidia) che mineranno lo status quo.

È senza dubbio rassicurante guardare un nuovo prodotto Pixar che non si limita ad essere blandamente coerente con la propria storia e i propri punti di forza storici (l’immenso comparto grafico, l’inventiva, la creazione di mondi alternativi, la capacità di creare narrazione ad ampio respiro comprensibile su più livelli) ma riesce anche a fornire una evoluzione credibile delle dinamiche psicologiche dei protagonisti. Nell’ultima dozzina di anni troppo spesso abbiamo assistito a sequel dei capolavori Pixar che nemmeno sembravano avere l’ambizione di ricreare le tensioni mature dei propri predecessori (da un Monsters University totalmente slegato dall’originale ad un Toy Story 4 più che superfluo passando per un Alla Ricerca di Dory di carta velina), per non parlare del grandissimo spreco di potenzialità che è stato Lightyear. Inside Out in generale sembrava essere l’unico film post Toy Story 3 ad avere l’ambizione e le spalle larghe della Pixar degli anni 2000, eguagliato forse dal suo contraltare Soul (diretto sempre da Docter), e andando anche a settare un nuovo standard grafico (il mediocre Elemental è davvero troppo derivativo).

Nonostante la classica sfiducia nei sequel e una certa perdita di ammirazione incondizionata per la Pixar odierna, Inside Out 2 riesce fin da subito a dimostrare di avere senso di esistere e magari di generare anche nuove storie in futuro.

Le quattro nuove emozioni appaiono destinate ad essere transitorie, tipiche forse della sola adolescenza e infatti sembrano tutti dei teenager insicuri nel mondo di Monsters & Co.. Ansia (dominante arancione) ha un maglione a righe e un’aria iperattiva, Invidia (verde acquamarina) sembra quasi una anime girl, Noia (o meglio Ennui, violetto) è quasi una emo accidiosa mentre Imbarazzo (rosa) è un gigante incappucciato. Il dualismo tra la nuova leader Ansia e la vecchia leader Gioia è portato sullo schermo in maniera assai interessante.

La sostituzione dei Ricordi Base con il nuovo Senso di Sé ben figura a livello grafico la crescita di Riley e di qualsiasi altro essere umano (ricorda anche il Cristallo di Atlantis) e in generale la morfologia sempre più labirintica della mente della ragazza è una soluzione vincente. Le sue emozioni non sono onniscienti ma acquisiscono competenze con lei, si trovano continuamente in discussione forse in maniera anche più realistica e umana rispetto al primo film. Di certo non possiamo ignorare la totale assenza di pulsioni sessuali o quantomeno sentimentali, poco credibile per una tredicenne. Magari Pixar avrebbe potuto trovare il modo di raffigurare questa tematica anche secondo i suoi parametri e in un eventuale terzo capitolo non si potrà ancora ignorare a lungo questo problema.

In definitiva possiamo dirci soddisfatti di un film che riesce a mantenere i punti di forza del suo predecessore senza compiere rivoluzioni ma senza snaturare o essere offensivo per i creatori e gli spettatori, che potrebbe costituire un tassello per nuove avventure con i migliori auspici e che sembra ricordare alla stessa Pixar come gestire le proprie storie e i propri personaggi. Noi saremo pronti a seguire la crescita di Riley e le sue emozioni, come abbiamo seguito quella di Andy e i suoi giocattoli.

Nicolò_cretaro
Nicolò Cretaro,
Redattore.